EyeRover, un robot che impara come un essere umano

A leggere il titolo qui sopra, vien subito da pensare a Pinocchio, me ne rendo conto, ma le favole questa volta non c'entrano.

Il protagonista di questa storia è un piccolo robot chiamato eyeRover, che all'apparenza sembra una specie di giocattolo capace di mantenere l'equilibrio su due ruote. In realtà si tratta di una delle prime macchine ideate per essere in grado di apprendere alcuni comportamenti basilari semplicemente ripetendoli, senza che un programmatore debba necessariamente impartire ordini sotto forma di codice.

Eugene Izhikevich di Brain Corporation, ha le idee chiare in proposito. “Istruire un robot dovrebbe assomigliare all'addestramento di un canespiega Invece di fornire linee di codice, bisogna mostrare esempi concreti di comportamento.”

Per ottenere questo risultato, la Brain Corporation ha sviluppato un algoritmo che combina diverse tipologie di intelligenza artificiale e un approccio ispirato alle reti neurali biologiche. Utilizzando chip neuromorfici e un software apposito chiamato BrainOS, Izhikevich e compagni sono riusciti a sviluppare un robot, eyeRover appunto, che è in grado di imparare - ad esempio - quando deve accorrere dal suo “padrone”, quando deve fermarsi e quando indietreggiare.

Per fare ciò, è bastato che i ricercatori forzassero il robot a compiere e ripeterealcune azioni, in associazione ad alcuni gesti: dopo un paio di ripetizioni, il robot aveva imparato che se un uomo gli sventolava la mano davanti agli occhi, lui doveva accorrere; se invece gli piazzava un palmo aperto in segno di stop, lui doveva indietreggiare.

Direte voi: Caruccio questo robot, ma alla fine non è poi molto diverso da un giocattolo semi-intelligente, in che modo potrebbe assomigliare all'uomo?

Ottima domanda. La risposta è semplice: proprio come eyeRover, l'uomo basa il proprio apprendimento su un insieme di ripetizione, associazioni sensoriali e ricompense neurali.

Naturalmente, un'architettura neurale come BrainOS non è paragonabile a un cervello umano, e sarebbe un errore dunque pensare che ogni approccio efficace nel campo dell'apprendimento umano possa essere applicato anche su questo tipo di intelligenze artificiali.

La cosa è risultata palese quando i ricercatori della Brain Corporation hanno tentato di insegnare alcune operazioni utilizzando la tecnica dell'apprendimento per rinforzo, che consiste nel lasciare la macchina libera di tentare diverse soluzioni di movimento per poi fornire un input positivo (una sorta di “ricompensa”, appunto) quando il robot sceglie il comportamento corretto.

Si trattava di un approccio molto interessante - dal momento che le ricompense (o per meglio dire, le gratificazioni attivate dal nostro circuito del piacere) sono la spina dorsale di ogni tipo di apprendimento umano – ma che è risultato poco applicabile poiché, sebbene il robot si dimostrasse in grado di imparare, mentre esplorava le varie possibilità di azione poteva rendersi pericoloso.

E sembra essere questo il maggior limite di questo tipo di approccio: un robot che basa le proprie scelte su un apprendimento simile a quello umano è meno prevedibile (e controllabile) di un robot che si attiene a quanto decretano delle rigide linee di codice. Per questo, almeno per il momento, è ragionevole prevedere che questo tipo di approccio verrà impiegato solo in robot piccoli e finalizzati a compiti semplici, come ad esempio il Roomba.

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