Choosy, grazie Elsa Fornero per l'appello (sacrosanto) ai giovani

Mi mancano le parole per dire quanto dovremmo tutti, padri e figli italiani, ringraziare Elsa Fornero, ministro del Lavoro, nata non a caso (lo dico da terrone) a San Carlo Canavese, piccolo centro dell’altopiano celtico della Vauda vicino a Torino, per le sacrosante, coraggiose e doverose parole rivolte ai giovani che farebbero bene a non essere troppo schizzinosi nella scelta del primo lavoro. Quando le ho lette mi si è aperto il cuore.

Si tratta dell’insegnamento di una donna che dalla provincia ha raggiunto i vertici dell’istituzione accademica e del governo del Paese, ha parecchio da insegnarci e lo dimostra anche con quest’affermazione che è uno sprone, un incitamento a una rivoluzione culturale indispensabile se l’Italia vuole ancora essere competitiva nel mondo. Tutto l’opposto di una gaffe: anzi, è quanto ci dovremmo aspettare da chi ci governa. Nulla a che vedere con il giudizio sulla riforma che porta il suo nome: qui si tratta di ben altro. Di cultura. Costume. Abitudini (cattive). E Italia.

Sottoscrivo ogni parola. Non fate i difficili quando si tratta di lavoro, non siate “choosy”, prendete quello che c’è. Choosy, perfetto vocabolo inglese che indica il lusso di darsi una possibilità di scelta (eccessiva). In italiano è intraducibile, a metà tra “schizzinosi” e “esigenti”. Sostenuti. Sappiamo di che si parla: di quei giovani che restano in casa senza studiare ma anche senza essere inseriti in un percorso di formazione o lavoro.

Che non sono semplici disoccupati, ma qualcosa di meno: inattivi che non cercano lavoro perché hanno di che vivere alle spalle della famiglia (complici i genitori). È evidente che la Fornero non si riferiva ai giovani alla ricerca disperata di un’occupazione quale che sia, ma a quelli che avendo conseguito la laurea si aspettano un’occupazione “all’altezza”. Solo che non tutti diventeranno colletti bianchi. La laurea, in Italia, avendo purtroppo ancora valore legale e non avendo perciò il peso specifico che deriva dalla fatica con la quale è stata conseguita in Università dal peso specifico diverso l’una dall’altra, non certifica il valore effettivo dei singoli. In un sistema come il nostro, fondato sulla raccomandazione e l’appoggio della famiglia, la laurea vale solo come requisito elementare per una promozione sociale che alla fine piomba dal cielo della famiglia e degli “appoggi” che ne conseguono.

Va bene, la Fornero non può forse dare lezioni anche su questo, visto che la figlia ha cominciato a insegnare nella stessa Università della madre (e del padre). Ma ciò non toglie il valore prezioso e assoluto delle parole del ministro.

Gli italiani sono troppo schizzinosi. Lo sono i figli, lo sono anche i padri e le madri. Ho apprezzato che le mie figlie mi abbiano chiesto di “arrotondare” con lavoretti in un ristorante vicino casa. Mi è piaciuta questa mancanza di “schizzinosità” che va contro la mia stessa cultura. La trovo una fortuna per un padre, e un’assicurazione sulla vita per i figli. Conosco ex broker rampanti negli Stati Uniti che si sono adattati a vendere per mesi hot dog nelle strade, causa la crisi, prima di inventarsi un’attività da elicotteristi nei parchi nazionali. Da giovani, probabilmente, anche loro arrotondavano nei McDonald’s.

L’Italia, fino a prova contraria e secondo Costituzione, è una Repubblica “fondata sul lavoro”. Qualsiasi lavoro. Le parole della Fornero servono a sottolineare la dignità del lavoro, qualsiasi lavoro. In linea con i Paesi più avanzati, coi Paesi anglosassoni che hanno molto da insegnarci quanto a capacità competitiva, e con la stessa cultura dei nostri nonni e bisnonni che si sono forgiati negli anni della guerra e del dopoguerra “abbassandosi” a lavori di ogni genere e a progressioni di carriera e cambi radicali d’attività.

È assurdo che in Italia i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano siano il 22,7 per cento, terzi in classifica dopo bulgari e greci, a confronto del 5,5 per cento degli olandesi o del 7,8 degli svedesi. “Non siate schizzinosi”, ha detto la Fornero. Apriti cielo. Rivolta dei giornali (che, si sa, sono snob). Rivolta del web (che, si sa, spesso è snob). La Fornero è proprio un ministro tecnico.

Dice quello che pensa. “Lo dico sempre ai miei studenti. È meglio prendere la prima offerta che capita e poi, da dentro, guardarsi intorno”. Basta con questa cultura dei ragazzi pasciuti sotto l’ala di mamma e papà a non fare niente, in attesa di una posizione attribuita per grazia ricevuta, con una pretenziosità snobistica foraggiata dal reddito dei genitori. Un amico in America, alto dirigente di una multinazionale, ha chiesto al figlio che vive in casa di versare nel budget familiare 300 dei 1300 euro che racimola col suo lavoro.

Perché il benessere si conquista. Nulla è regalato. C’è una dignità del lavoro che ha rilievo costituzionale. È arrivata l’ora di rimboccarsi le maniche. L’appello “amorevole” di Elsa Fornero va accolto con rispetto. Con gratitudine. Non è una gaffe come quella di personalità storiche di altra levatura, ma sempre piemontesi. Fu Cavour a dire: “Quando voglio che una cosa sia fatta presto e bene, mi rivolgo a coloro che sono già molto occupati: i disoccupati non hanno mai tempo di far nulla”?

Altro che il semplice buon senso di Elsa, che dovrebbe essere ben accolto proprio da quella sinistra dei giornali e della politica che invece troppo spesso combacia con la parodia morettina della medio-alta, fannullona borghesia giovanile la quale alla domanda “che lavoro fai?” (Ecce bombo, 1978) risponde: “Mah, te l’ho detto: giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio cose…”.

Sveglia, ragazzi! Sveglia, colleghi genitori!
Grazie, Elsa!

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