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Elezioni in Russia: Putin senza rivali dopo la condanna a Navalny

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Alexei Navalny, il noto attivista politico e blogger considerato il principale oppositore di Vladimir Putin, è stato condannato per appropriazione indebita e truffa ai danni della Kirovles, società stataleche si occupa di produzione di legname. I fatti risalgono al 2009, quando Navalny era consulente del governatore della regione russa di Kirov, Nikita Belykh. La pena inflittagli dal tribunale della città di Kirov è di cinque anni di reclusione, sospesi con condizionale, e il pagamento di 500.000 rubli.

 A novembre dello scorso anno la Corte suprema aveva annullato un primo processo a suo carico per mancanza di prove adeguandosi a una sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il nuovo giudizio, pronunciato nella giornata di mercoledì 8 febbraio, non ha sorpreso Navalny che si era presentato all’udienza con un borsone contenente lo stretto necessario per il trasferimento in prigione. Non andrà in carcere a meno che nei prossimi cinque anni non reitererà il reato o ne commetterà altri. Ma essendo pregiudicato, in base alla legge russa non potrà candidarsi alle prossime elezioni presidenziali che si terranno nel 2018, il che di fatto spalanca a Vladimir Putin le porte per ottenere un secondo mandato di altri sei anni.

 Già durante la lettura della sentenza Navalny aveva iniziato a twittare il proprio disappunto per una decisione che ritiene essere stata assunta dal tribunale di Kirov esclusivamente per impedirgli di correre alle prossime elezioni. «Continuerò a rappresentare gli interessi delle persone che vogliono che la Russia sia un Paese normale, onesto e non corrotto», ha detto ai giornalisti, denunciando che il secondo processo è stato un remake del precedente e promettendo che presenterà appellandosi alla Corte costituzionale.

Chi è Alexei Navalny

Quarant’anni, Alexei Navalny ha iniziato ad acquisire notorietà in Russia dal 2008, quando dal suo blog ha iniziato a lanciare pesanti accuse contro presunti illeciti e reati di corruzione commessi da oligarchi e funzionari pubblici vicini al presidente russo Vladimir Putin. Da allora Navalny ha diffuso un’enorme mole di informazioni su decine imprese pubbliche. Informazioni a cui è arrivato acquisendo piccole quote di queste società e avendo così il diritto di ottenere informazioni sui loro conti.

Nel 2013, dopo aver organizzato campagne e petizioni contro il governo, si è candidato alle elezioni municipali di Mosca. Le elezioni sono state vinte direttamente al primo turno con il 51% dei voti dal sindaco uscente Sergei Sobyanin, candidato del presidente Putin. Ma Navalny ha ottenuto un inaspettato 27% aumentando in modo esponenziale la propria popolarità per aver condotto una campagna elettorale in stile occidentale, con sit-in e confronti informali con i cittadini – come quelli di fronte le stazioni della metropolitane o nei quartieri periferici – e manifesti patinati che lo ritraevano insieme alla sua famiglia. Il suo è stato un risultato significativo, considerato che la quasi totalità del sistema mediatico russo (televisioni, giornali, radio) era – e continua a essere – nelle mani di Putin e che, pertanto, per arrivare ai moscoviti ha potuto sfruttare solo la rete.

Come era prevedibile, il suo percorso di avvicinamento alle elezioni presidenziali è stato però ostacolato subito dopo. Sempre nel 2013 Navalny è stato infatti riconosciuto colpevole di aver sottratto una cifra pari a 500mila dollari alla compagnia di stato Kirovles. La sentenza è stata condannata dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti e ha portato a scontri tra i suoi sostenitori e le forze di polizia a Mosca, San Pietroburgo e in altre città della Russia. Nonostante la condanna subita, nel 2016 Navalny ha annunciato l’intenzione di correre per le presidenziali. Nel novembre scorso il verdetto a suo carico è stato annullato dalla Corte suprema russa che si è dovuta adeguare a una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, secondo cui all’attivista non era stato garantito un processo equo, motivo per cui andava ripetuto. Il governo russo ha inoltre dovuto risarcire il costo delle spese legali che Navalny aveva dovuto affrontare in questi anni (67mila dollari). Adesso, però, con la nuova sentenza del tribunale di Kirov la candidatura per il Cremlino appare definitivamente compromessa.

Gli ultimi sondaggi

Interpellato prima della lettura della sentenza, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov aveva liquidato il caso Navalny con una battuta perentoria: «Crediamo che tutte le preoccupazioni su questo caso siano inadeguate». D’altronde, con l’unico avversario credibile fuori dai giochi, per Putin la vittoria alle elezioni del 2018 appare come una semplice formalità. Gli ultimi sondaggi, pubblicati a fine 2016, dicono che oltre il 60% dei russi lo vuole ancora come presidente. Numeri imponenti di fronte a cui probabilmente nemmeno Navalny avrebbe potuto fare granché.

I precedenti: il caso di Mikhail Khodorkovsky

L’ex oligarca russo Mikhail Khodorkovsky si gode la ritrovata libertà in Europa, dopo la grazia concessa da Putin nel dicembre 2013 con una mossa propagandistica tanto inattesa quanto efficace. L’ex arci-nemico politico del presidente russo, che ha dovuto firmare una confessione “non estorta” sulle accuse per le quali era stato incarcerato, ha dichiarato di rinunciare alla politica e a rivendicare i beni sequestrati. Il tutto senza costrizioni esterne, una decisione presa volontariamente. Ma con Putin l’aggettivo “volontariamente” è quasi sempre affiancato da un punto interrogativo che lascia aperta la porta a molti dubbi.

C’è inoltre da chiedersi se si tratti di una iniziativa “pubblicitaria” ad hoc, oppure dell’inaugurazione di una strategia politica di lungo periodo di stampo paternalistico/populistico che Putin vuole dare per smacchiare la pro- pria immagine. In entrambi i casi, si è trattato di un ottimo spot pubblicitario che, combinato con alcune abili mosse diplomatiche sul piano internazionale, hanno rafforzato la figura e l’autorevolezza del presidente dentro e fuori la Russia.

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