Elaine Constantine


Photography Elaine Constantine, costume designer Sofia Prantera
La fotografa-regista Elaine Constantine ha lasciato temporaneamente la macchina da presa per scattare un servizio di moda per Flair. Abito in pelle stampata e crinolina con zip, stivaletti borchiati SAINT LAURENT by Hedi Slimane / calze AMERICAN APPAREL

S’era concessa una lunga assenza, «una grande vacanza», dice lei. Le foto di moda infatti, racconta dal bordo piscina di un bed & breakfast di Cortona dove ha trascorso l’estate, le parevano «stantie, senza più freschezza». Poi è arrivata la proposta di Flair, che ha riportato nell’agone del fashion la fotografa inglese Elaine Constantine, talento iperrealista assoluto, provocatrice con le sue figure femminili per nulla stereotipate e i colori elettrici, già firma di The Face, i-D e W nonché scelta da marchi come Diesel, Vivienne Westwood e Burberry per campagne pubblicitarie e servizi fotografici iconici.

«Io voglio raccontare donne potenti, urlanti, immerse nella musica», spiega, con ben poche tracce dell’accento di Manchester rimaste nella voce. «Per Flair ho scelto un gruppo di modelle per poi farle posare da non-modelle. Il mio scatto preferito, non a caso, è quello della ragazza che urla, mentre esplode un calcio in aria». Tornerà di nuovo a realizzare servizi di moda, dopo questo? «Forse no», ammette. Dopo il successo di Northern Soul, il film sull’invasione di musica black che sconvolse l’Inghilterra del nord degli Anni 70 e da cui nacque il secondo tempo del movimento giovanile Mod, da lei girato lo scorso anno e subito nominato ai BAFTA come miglior opera prima, miss Constantine si sta avviando lentamente verso la carriera da regista. «C’è un importante agente di Los Angeles al lavoro sul mio prossimo lungometraggio, la storia di due artisti che non riescono a fare il grande salto ed entrare nel giro che conta, nonostante il talento sconfinato. Nei prossimi mesi, mi dedicherò soprattutto a questo».


Partiamo dalle foto per Flair. Perché la fotografia di una donna in atteggiamenti ribelli è sempre più interessante della foto di un uomo con la stessa furia sul volto?
Perché il processo di liberazione della donna è ancora giovane, e pienamente in corso. Prendi me: io sono nata nel 1965, e le figlie della middle e della working class della mia generazione spesso non ricevevano neppure un’educazione, e venivano spedite subito a trovar marito e far figli, specialmente nell’Inghilterra del nord. Un destino che io stessa ho sfiorato: le mie sorelle, di dieci anni più grandi, si sono sposate entrambe a diciotto anni.
E sono infelici?
Non voglio dire questo. Ma di certo non hanno potuto vivere quella favolosa spinta iniziale che si prova a vent’anni. Quell’energia che ti dice vai, fai qualcosa di speciale per te stesso, diventa un individuo.
Perché, in tanti suoi servizi di moda, mettere una pinta di birra in mano a una ragazza che sorride nel sole, vestita di poche cose, è così importante per il suo immaginario?
La birra è un simbolo. Non so come spiegarlo... significa che hai una scelta. Che nessuno ti sta giudicando dall’alto della prosopopea morale, maschile o femminile che sia. Significa che le donne non sono creature remissive, affatto.
Che effetto intendeva ottenere con le ragazze fotografate per Flair?
Volevo donne perse nella musica, con corpi forti e non sottili, che trovo noiosi. Sono ragazze che devono fare paura.
L’espressione drinking che emozioni le suscita?
È una parola che suona eccitante. Ricordo benissimo la sensazione che si prova quando compi diciotto anni e dici a te stessa “Oh mio dio, non posso crederci, finalmente posso bere in un pub”. E per un anno intero diventi letteralmente pazza, è un pensiero fisso, anche perché nessuno fino a quel momento ti ha mai permesso di toccare una goccia d’alcol.
Lei è considerata una esaltatrice della cultura giovanile inglese, che invece, spesso, all’estero è giudicata in modo poco lusinghiero: un po’ baraccona e dissoluta. Come spiega questo contrasto?
È una storia che arriva da lontano, e che ho cercato di mettere in evidenza in Northern Soul. Tradizionalmente i figli della working class inglese non ricevevano un’educazione, andavano dritti in fabbrica, si facevano il mazzo e poi filavano al pub, a ubriacarsi. E quel tipo di cultura ci è rimasto dentro. Non hai scenari d’incanto, in Inghilterra. Non hai la consolazione
del cibo. E così tutto diventa legato all’alcol e alla musica, una cosa meravigliosa all’interno della quale fuggire, e perdersi (...)


L'intervista completa sul numero 18 diFlair, in edicola dal 24 settembre.

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