Tasse sul lavoro, una proposta per tagliarle

Un obiettivo prioritario: ridurre le tasse sui salari. E' quello che il governo si è posto nel prossimo Documento di Economia e Finanza (Def), che verrà presentato venerdì al Consiglio dei Ministri e che dedica grande spazio alla riduzione del cuneo fiscale, cioè del divario enorme che oggi separa il costo del lavoro lordo, pagato dalle aziende, e gli stipendi netti incassati dai loro dipendenti.

CUNEO FISCALE: COS'E' E COME RIDURLO

Il premier Enrico Letta e il ministro del welfare, Enrico Giovannini , stanno dunque studiando le misure per far crescere i salari, che oggi sono divorati dalle tasse e dai contributi. L'importo della retribuzione lorda dei lavoratori, infatti, in Italia è pari a più di due volte la busta-paga-netta, contro una media europea di 1,7 e di 1,5 dei paesi Ocse. Per adesso, non è ancora ben chiaro quali misure verranno messe in cantiere dall'esecutivo. Di sicuro, però, Letta e Giovannini non avranno vita facile a trovare le risorse sufficienti per attuarle, visto che un taglio significativo del cuneo fiscale necessita di un tesoretto di almeno 5 miliardi di euro, come hanno sottolineato di recente anche Confindustria e i sindacati, in un documento congiunto.

LE ALTE TASSE SUL LAVORO IN ITALIA

Per ridurre le tasse e i contributi sui salari, insomma, ci vogliono tanti soldi. La dimostrazione arriva anche da i calcoli effettuati tempo fa da Mirko Cardinale, economista de LaVoce.info, il quale ha avanzato pure qualche proposta per reperire i fondi: continuare con il piano di revisione della spesa pubblica (spending review) e utilizzare una parte dei ricavi generati dalla vendita del patrimonio statale, già programmata dall'ex-ministro dell'Economia, Vittorio Grilli (che dovrebbe portare nelle casse dello stato una somma di circa 15-20 miliardi di euro all'anno). Se lo sforzo non dovesse bastare, Cardinale propone pure di attuare una misura di equità intergenerazionale, con un prelievo sulle pensioni d'oro a carico di chi riceve dall'Inps degli assegni troppo elevati, in rapporto alla contribuzione versata.

IL NODO DELLE RISORSE

Con questi provvedimenti, il governo si doterebbe di un serbatoio di risorse consistente. Va ricordato, però, che la cifra necessaria ad attuare un taglio di grande portata al cuneo fiscale appare quasi proibitiva e può toccare addirittura i 27 miliardi di euro. Ogni anno, infatti, le imprese e i lavoratori italiani pagano complessivamente una somma di ben 216 miliardi di euro di tasse e contributi. Stanziando una cifra di 5 miliardi di euro per i tagli, si avrebbe dunque una riduzione del costo del lavoro di appena il 2,5%: una quota significativa ma che non risolverebbe certo tutti i problemi di competitività del nostro paese.

TAGLI PER I GIOVANI

Per questo, Cardinale avanza l'ipotesi di circoscrivere i tagli sulla generazione dei lavoratori più giovani, che oggi hanno molte difficoltà a trovare un impiego stabile e a inserirsi nel mondo produttivo. Tra i provvedimenti ipotizzati dall'economista, c'è per esempio un abbassamento del 5% dei soli contributi previdenziali per chi ha meno di 40 anni, lasciando invariati quelli a carico degli over 40. Una misura di questo tipo costerebbe alle casse dello stato più di 23 miliardi di euro e (nel caso di un dipendente che ha un reddito al lordo dell'irpef di 30mila euro annui) farebbe diminuire il costo del lavoro pagato dall'azienda di 1.000 euro ogni 12 mesi. Nella busta-paga, il lavoratore con il profilo sopra descritto avrebbe un beneficio di 500 euro all'anno (sempre al lordo dell'irpef).

Se invece ci fosse una cura-shock, con l'abbassamento dei contributi previdenziali del 10% per i più giovani (lasciando ancora invariati quelli a carico degli over 40), il governo dovrebbe stanziare una cifra di ben 27,5 miliardi di euro annui. In questo caso, il costo del lavoro italiano sui dipendenti meno anziani si allineerebbe alla media europea e, sempre nel caso di un contribuente con 30mila euro di retribuzione, l'azienda otterrebbe un risparmio di 2mila euro all'anno. Con gli attuali vincoli di bilancio, però, è difficile che Letta e Giovannini (e soprattutto il ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni), siano disposti a mettere sul piatto una cifra così consistente.

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