Crisi europea: l'Italia deve riconquistare gli stranieri

Questo intervento di Nani Beccalli Falco è uno dei cinque raccolti su Panorama (numero 24) in uno speciale dal titolo "Volete Crescere? Leggete qui" dove si fa il punto sulle quattro settimane decisive per l'euro, con le riflessioni e i  suggerimenti pratici di cinque esperti internazionali: oltre a Nani Beccalli Falco, Michele Boldrin, Ester Faia, Pier  Carlo Padoan, Dante Roscini. Con un obiettivo: avere una visione globale su cosa accade all'Europa. E come uscire dalla crisi. (Qui gli articoli raccolti nella nostra P-Story )

Ai danni autoinflitti si deve porre rimedio in prima persona. La mancanza di crescita italiana è endemica e non dipende dalla moneta unica, dalle politiche europee o dall’egoismo tedesco, bensì da interi lustri di politiche populistiche, durante i quali non ci siamo preoccupati delle nuove tecnologie, dell’efficiente impiego della forza lavoro, dell’educazione e della riforma della burocrazia. I risultati sono stati un decennio di decrescita, tra il 2001 e il 2011, l’ultima posizione in Europa per investimenti esteri diretti e l’inserimento nel gruppo dei paesi in declino, in un’Europa che, oggi, viaggia a tre velocità.

La Germania, i paesi nordici e quelli dell’Est godono di una crescita non esaltante, ma capace comunque di sostenere l’economia e garantire adeguati introiti fiscali; Francia e Gran Bretagna languono; Italia, Spagna e Portogallo declinano, per non parlare della Grecia. Chiunque operi all’estero, o anche solo a contatto con gli stranieri, sa benissimo a che livello era caduta solo pochi mesi fa la fiducia nel sistema Italia.

Il governo tedesco non ha mai affermato di non voler investire nel resto d’Europa, ha solo chiarito di non voler gettare il denaro e ha già speso somme enormi per il salvataggio greco. L’Europa e gli investitori esteri potranno esserci d’aiuto solo se si porterà a termine il recupero di credibilità avviato negli ultimi mesi. Se si implementeranno, cioè, le riforme appena avviate, accettando di soffrire per un certo periodo in cambio di un miglioramento futuro. Solo allora torneremo a essere attraenti per i capitali esteri.

Anche la riduzione dello spread potrà essere la conseguenza dei nostri comportamenti virtuosi, non di miracolistici eurobond che la Germania non ha oggettivamente ragione di accettare. Una volta ristabilita la fiducia i mercati torneranno a considerare le specificità e i punti di forza di un’economia come quella italiana, più ricca e con una più equa distribuzione rispetto a quelle dei paesi che, oggi, ci fanno compagnia nel gruppo dei più problematici.

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Nani Beccalli Falco è Presidente e amministratore delegato della General Electric per l’Europa e l’Asia settentrionale, oltre che amministratore delegato della Ge Germany. Ha appena dato alle stampe, con Antonio Calabrò, «Il riscatto. L’Italia e l’industria internazionale» (Università Bocconi editore).

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