Cresce il prezzo di benzina e gasolio, per colpa degli Houthi

Fare il pieno torna ad essere un lusso. Il prezzo della benzina ha superato la soglia di 2,5 euro al litro in alcuni distributori. Oggi, rispetto al 1 gennaio, si spendono 5 euro in più. Rincari che non tornano, visto che il costo della materia prima non è salito. Speculazione? E il rischio dietro l’angolo è una spirale inflattiva.

In sei settimane il prezzo medio della benzina verde ha segnato un +5,3%, quello del diesel +6,3%. Guardando i dati (riferiti a venerdì 16 febbraio) Assoutenti calcola che un pieno costa cinque euro in più rispetto a inizio anno. La fotografia rileva casi eclatanti, come una pompa a Taranto dove la benzina tocca i 2,537 euro al litro e il gasolio 2,447 euro/litro. In provincia di Benevento la benzina viene venduta anche a 2,522 euro. A Palermo, in provincia, il record con un litro di verde a 2,565 euro, 2,495 euro/litro il gasolio. La “stranezza” è che i rincari maggiori sono sulla rete ordinaria e non sulle autostrade (la più cara è sulla A21 vicino a Piacenza con benzina a 2,499 euro al litro), dove invece tradizionalmente i prezzi sono più elevati. Sembra di essere tornati a prima dell’estate.


Cosa sta succedendo? Il primo e immediato motivo che viene portato come spiegazione del boom dei prezzi nei distributori è la tensione sul Canale di Suez e nel Mar Rosso. Alcune compagnie petrolifere hanno iniziato a usare tratte più lunghe e quindi i costi e i tempi di consegna della materia prima sono aumentati. Vero. Ma sono in molti a parlare di speculazione che gioca sulle tensioni geopolitiche. I viaggi più lunghi e costosi in alcuni casi, non sempre, non bastano a giustificare il superamento dei 2,5 euro al litro ai distributori. Tanto più che il prezzo del petrolio ha vissuto un rally nelle ultime settimane, ma è in leggera flessione. Ha beneficiato dell’indebolimento del dollaro statunitense ed essendo il greggio scambiato in dollari, quando la moneta americana scende il petrolio diventa più conveniente. In più gli ultimi dati sulle scorte di greggio negli Stati Uniti, che a sorpresa sono aumentate, hanno fatto scivolare il prezzo del Brent. In più ci sono le previsioni dell’Agenzia Internazionale per l’Energia che parlano di una domanda globale di greggio inferiore al 2023, della metà, anche a causa della debole crescita globale.

Sta di fatto che siamo tornati a prezzi che non si vedevano da quest’estate e i 5 euro in più rispetto a inizio anno per fare un pieno hanno un rischio. Il pericolo maggiore è l’avvio di una spirale inflattiva. Una nuova ondata di rialzi alla pompa può innescare un incremento dei prezzi, nei supermercati e ovunque arrivano beni che viaggiano su mezzi a benzina e diesel. Contando che in Italia l’88% della merce arriva al consumatore così, ecco che la spirale inflattiva è un rischio più che concreto.

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