Conte pone le condizioni a Draghi ma il M5S resta nel governo

Doveva essere il giorno dell’incontro Conte-Draghi. Alla fine è stato il primo giorno della campagna elettorale del Movimento 5 Stelle per le politiche 2023. Lo si è capito fin dal mattino con la riunione dei grillini dove invece del temporale, fulmini e saette, l’assemblea si chiudeva con la continuità. Si all’appoggio al Governo, nessuna rottura, ma a certe condizioni.

Ed alle 12.30 Conte si recava a Palazzo Chigi con una lettera-documento contenente le richieste dei grillini. Si comincia al punto 1 con il Reddito di Cittadinanza «su cui servono parole chiare e su cui non siamo più disposti a tollerare tagli e modifiche…». C’è il salario minimo, la transizione ecologica con lo stop a nuove trivelle e, anche il No al termovalorizzatore di Roma; c’è il ritorno del cashback e soprattutto aiuti a famiglie ed imprese, per chiudersi con un evergreen: il taglio del cuneo fiscale.

IL DOCUMENTO

In pratica Conte si è recato a Palazzo Chigi a presentare parte del programma da sottoporre ai suoi elettori tra meno di un anno, quando si voterà il nuovo Parlamento. «Chiediamo un cambio di passo…» ha detto davanti ai microfoni il capo politico del M5S. Dichiarazione che fa sorridere dato che arriva da un due volte presidente del consiglio caduto proprio perché non faceva (ve lo ricordate il piano vaccinale della coppia Conte-Arcuri?).

Draghi ha preso atto, come da consuetudine, come fa ogni volta che incontra uno dei leader della sua maggioranza, e si è preso tempo fino alla fine del mese per dare una risposta anche politica alle richieste del Movimento.

C’era però un importante scoglio politico da superare, molto concreto, molto urgente: il Dl Aiuti di cui si è sicuramente discusso nel faccia a faccia a Palazzo Chigi dato che proprio il Superbonus viene messo nel documento come richiesta imprescindibile dai grillini.

Nel pomeriggio ci si aspettava un accordo dalla ennesima riunione dei capigruppo della maggioranza; invece nulla. Tutto rinviato domani alle 14.30 per il voto, per il voto di fiducia. Un modo per accorpare tutti gli emendamenti e recuperare il tempo perso dato che il provvedimento deve anche passare al Senato ed approvato prima del 15 luglio.

Quindi ora tutti a chiedersi cosa faranno domani i pentastellati: voteranno contro o a favore di un provvedimento dove difficilmente le loro richieste sul Superbonus potranno essere accolte? A sentire i parlamentari grillini la sensazione è che alla fine arriverà il si, a capo chino. Perché se c’è un sentimento che racconta lo stato d’animo della ormai ridotta squadra del M5S sembra essere la rassegnazione. Fuori dai palazzi della politica e nei bar vicini è tutto uno squillare di telefoni. In molti chiamano gli ex amici Dimaniani, altri sono cercati proprio dagli stessi aderenti ad Insieme per il Futuro sempre a caccia di volti e nomi nuovi.

La serata e la mattinata quindi saranno dense di chiamate, incontri segreti, tentativi di accordo dell’ultim’ora perché nessuno vuole trovarsi nella pericolosa posizione di lasciare al voto di fiducia la soluzione di tutti i mali. Di certo il borsino sul futuro del governo che ieri sera ed all’alba era nero, nerissimo oggi è molto ma molto più chiaro.

Anche perché la vera battaglia di Conte e dei suoi sembra essere un’altra: le elezioni politiche 2023 e l’unico scopo recuperare quanti più voti possibili, fermando l’emorragia di elettori.

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