Come mentire e lavorare bene

Altro che Pinocchio... Un americano è solito dire un paio di bugie al giorno, per lo più sul luogo di lavoro. Stessa cifra per gli europei, anche se nell’area del Mediterraneo le menzogne (o le mezze verità) paiono in media anche più frequenti. È quanto sostiene Johannes Abeler dell’Università di Oxford, che si spinge oltre affermando che l’abitudine a falsare la realtà spesso ha come obiettivo di mantenere lo status quo fra i colleghi o, al più, di far guadagnare tempo ai singoli per giustificare eventuali ritardi o scadenze mancate. "Siamo nell’ambito delle bugie bianche, a volte persino auspicabili" dice Matteo Marini, psicologo del lavoro e autore del libro Fucking Monday (editore De Vecchi). "Il vero pericolo sono semmai le manipolazioni, ossia le bugie dette con l’intento preciso di ottenere un vantaggio personale o di farsi strada a danno di altri. Rovinano l’ambiente lavorativo aumentando i conflitti e arrecando danni economici spesso non indifferenti".

Ma scovare i responsabili si può. Basta osservarli. Se chi vi parla è seduto di fronte a voi ma ha il busto e i piedi rivolti verso l’uscita, è probabile che abbia qualcosa da nascondere. "Occhi che ballano, braccia incrociate e spostamenti frequenti da un piede all’altro sono altri segnali di chi si trova a disagio" suggerisce Marini. E conclude: "Per chi è colto in flagrante, che abbia mentito 10 o 100 il risultato non cambia: la sua reputazione sarà rovinata". Con conseguenze anche disciplinari. Se a mentire sono i capi però tutto si complica. E parecchio. Chi controlla i controllori?

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