Una città ai confini del cielo: Istanbul in vintage, che guarda al futuro

Luca Vasconi
Una donna sorride sul Ponte di Galata, con alla spalle la famosa torre di Galata, una torre in pietra di epoca medioevale costruita nel 1348 da coloni genovesi.
Luca Vasconi
Un uomo si ripara dalla neve con un sacchetto di plastica.
Luca Vasconi
Una donna guarda fuori dal finestrino di uno dei numerosi traghetti che gli abitanti di Istanbul usano come abituali mezzi di trasporto.
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Bambini curdi seduti sull’uscio della loro casa nel quartiere di Tarlabasi.
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Donne fanno ginnastica in un’area sportiva all’aperto lungo la promenade sul Mar di Marmara.
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Sagome di gabbiani e pescatori al mercato del pesce all’ingrosso del quartiere di Kunkapi.
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Un lavoratore di origini Bangladesi al mercato all’ingrosso del pesce del quartiere di Kunkapi.
Luca Vasconi
Sagome di persone a passeggio si riflettono nelle pozzanghere lungo la promenade sul Mar di Marmara prossima a Kennedy Street.
Luca Vasconi
Un uomo sgrana un rosario nel tradizionale e conservatore quartiere di Fatih.
Luca Vasconi
Due donne velate scendono i gradini della “scala Camondo”, dono della potente famiglia Camondo, che dal quartiere di Beyoglu portano verso la collinetta dove è situata la Torre di Galata.
Luca Vasconi
Un bambino profugo siriano fuma una sigaretta nel quartiere di Fener. Centinaia di migliaia di profughi siriani sono oggi in territorio turco, la maggior parte sono accolti nei campi profughi ma molti vivono in condizioni disperate ad Istanbul, Ankara e in altre città del paese della mezzaluna.
Luca Vasconi
Una donna alla caffetteria della Pier Loti House, nel tradizionale quartiere di Eyup.
Luca Vasconi
Scena di vita quotidiana nello storico quartiere di Tarlabasi.
Luca Vasconi
Lo storico negozio del 1876 nel quartiere di Vefa dove si produce la boza, una nutriente bevanda invernale a base di grano fermentato. Gustare la boza in questo storico locale ed osservare gli abitanti del posto compiere questo antico rito è come fare un viaggio nel tempo.
Luca Vasconi
Il riflesso in una pozzanghera di una delle tipiche case in legno nel quartiere di Balat.
Luca Vasconi
Battaglia di palle di neve tra ragazzini nel quartiere di Suleymaniye.
Luca Vasconi
Una donna raccoglie oggetti in disuso e legna tra le macerie delle case abbattute dalle ruspe nel quartiere di Suleymaniye.
Luca Vasconi
L’ombra di un albero si staglia su una delle poche vecchie case sopravvissute al progetto di riqualificazione urbana del quartiere di Suleymaniye.
Luca Vasconi
Una poltrona in una stretta via di Balat, a testimonianza di quanto sia ancora importante la vita in strada in questo storico quartiere.
Luca Vasconi
Un venditore ambulante di pesce nel quartiere di Balat.
Luca Vasconi
Una terrazza con vista sul Corno d’Oro nel quartiere di Balat.
Luca Vasconi
Membri della piccola comunità Rom che vive nel quartiere di Balat.
Luca Vasconi
Un ragazzino Rom suona il violino in occasione di un matrimonio di due membri della comunità Rom nel quartiere di Balat.

Istanbul, sito archeologico e industriale, multiculturale ed interculturale, da sempre ai confini tra Oriente e Occidente, che oggi, malgrado tutto, è raccontato, e spesso conosciuto (dai Media) in queste ultime ore, per la visita di Papa Francesco, e la perquisizione di giornalisti, da parte del presidente Erodogan, il quale denuncia tutt’ora, l’esistenza di una struttura parallela di Gulen (suo avversario politico) all’interno dello Stato, sebbene il predicatore abbia sempre negato di voler rovesciare il governo.

Luca Vasconi, reporter italiano, ha di certo non rovesciato una città, un istituzione,  ma una porta, con un reportage di immagini in bianco e nero, realizzato durante un freddo inverno, dove si ritrae una città non più “invisibile”, e che amerei dire “D’Oriente” in cui si ritrovano, come d’incanto architettonico, i pezzi frammentati di una civiltà millenaria (governata sin dagli inizi dai Romani, Bizantini e poi Ottomani) ai piedi della storia dell’uomo, tra la civiltà europea e quella islamica, sin dai tempi antichi.

La città sta vivendo, nonostante il conflitto siriano di questi ultimi tre anni, e lo stravolgimento della sfera infantile e adolescenziale siriana (UNICEF e Save The Children, denunciano il 60% di bambini e adolescenti che hanno perso la vita durante i conflitti civili armati, nel territorio siriano e soprattutto limitrofo alla città di Damasco) e la bocciatura alle Olimpiadi del 2020, un era di grandi mutamenti tecnologici e moderni, soprattutto legati al mondo dell’Architettura contemporanea, come la costruzione del terzo ponte sul Bosforo, dal nome Marmaray. Un viaggio, nel quale si mostra una “Strada” ricca di nuove sfumature, che vanno al di la dell’inaugurazione di negozi di alta moda, gallerie d’arte e di centri commerciali.

Nei lunghi tre mesi trascorsi nella città più conosciuta della Turchia, il reporter freelance si è immerso, con passione e magia (elemento cardine, che da sempre contraddistingue la sua arte) nei quartieri di Balat, Fener, Suleymanyie, Zeryrek e Tarlabasi, conoscendo come lui stesso cita, in un articolo pubblicato dal East Journal “Ho respirato a pieni polmoni le incantevoli atmosfere, ed ho conosciuto l’umanità delle persone che vi abitano”.

Istanbul si rivela in queste immagini, una città vitale, come nei volti degli adolescenti, con cui il comitato turco UNICEF lavora oggi, attraverso i suoi programmi interni di Advocacy, per abbattere nell’intero territorio e soprattutto nella città di Istanbul, le percentuali (65% fonti stimate dal comitato UNICEF della Turchia) relative alla diseguaglianza di genere, per favorire e sviluppare un uguaglianza sociale e di protezione morale e fisica a livello nazionale, regionale e locale, mentre è  mistica, e misteriosa nelle rughe e nei capi di donne (europee e musulmane) e uomini, a passeggio sulle sponde del Bosforo. Un luogo in vintage, incorniciato da uno stile non ingenuo, appartenuto ai primi anni sessanta, in cui si mostra un popolo, ricco d'iniziative culturali, attento alle novità e proiettato verso il futuro.

Gli scatti sono un laboratorio d'idee, di stampo antropologico, sociologico e culturale, proprio come in La città ai Confini del Cielo (edizione Rizzoli), romanzo famoso di Elif Shafak, in cui la Istanbul e le sue mura, che oltre ad essere un ponte di civiltà, ne diventano sinonimo di divinità artistica e allo stesso tempo fiabesco come le mille storie, che si intrecciano tra quei soggetti che non perdono mai di vista la magnifica eredità del passato, che ha reso la città, un luogo unico al mondo, ben diverso dall’Atrax Exhibition (la fiera dell’intrattenimento, giunta alla sua terza edizione, tenutasi dal 04 al 06 dicembre ad Yesilkoy- Istanbul Fuar Merkezi) oppure dal più bel negozio Apple al mondo, nello Zorlu Center della città (vincendo lo scorso 12 dicembre l’ambito Supreme Award) dove si passa in pochi minuti di metro o battello, da una civiltà all’altra, da un continente all’altro, e dove si passeggia accanto ad antiche ed esemplari bellezze architettoniche.

Tutt'intorno si estende la città nuova e vecchia con i suoi contrasti: il vecchio ed il moderno, il ricco e il povero, il religioso ed il laico. Incredibile ma bellissimo.

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