Perché la Cina investe in Eni ed Enel

La People’s Bank of China ha comunicato di essere entrata come azionista in Eni ed Enel. E lo ha fatto con una modalità piuttosto anomala. “Di solito la banca centrale di Pechino resta sotto la quota che le impone di comunicare alle autorità di controllo la quantità di azioni acquistate”, spiega Alberto Forchielli, amministratore delegato di Mandarin Capital Partners, “In Italia questa soglia è al 2% e la banca è stata bene attenta ad acquistare oltre questa soglia”. In effetti la comunicazione ufficiale alla Consob parla del 2,071% del capitale nel caso dell’Enel e del 2,102% nel caso di Eni. L’investimento ha un valore di 800 milioni di euro nel caso della società elettrica e di 1,3 miliardi di euro nel caso della società energetica per un totale di circa 2,1 miliardi di euro.

L’investimento arriva alla vigilia di importanti decisioni riguardo la governance dei due gruppi: sia Enel che Eni devono, infatti, rinnovare i rispettivi capi azienda, ovvero Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, e Paolo Scaroni, amministratore delegato di Eni. L’ingresso dell’ingombrante investitore cinese nel capitale delle due società non sembra avere nulla a che fare con questa doppia scadenza (in entrambi i casi si parla di metà aprile), così come non sembra avere nulla a che fare con le recenti tensioni Europa-Russia per il caso della Crimea, annessa da Mosca dopo un referendum che nessun Paese dell’occidente intende riconoscere come legittimo. Questa tensione potrebbe avere un riflesso sulle forniture di materie prime dalla Russia in seguito alle sanzioni economiche che il presidente Vladimir Putin potrebbe decidere come ritorsione a quelle varate dall’occidente verso alcune personalità di spicco della politica russa.

L’investimento cinese nelle due più importanti società italiane potrebbe essere piuttosto legato alle recenti dichiarazioni del governo sulla possibilità di una nuova lista di aziende pubbliche destinate ad essere vendute ai privati. La decisione della People’s Bank of China potrebbe, in questo senso, rappresentare un segnale di attenzione verso le annunciate (solo annunciate, per ora) privatizzazioni italiane. Peraltro già altri grandi investitori mondiali hanno iniziato a rivolgere il loro interesse alle aziende italiane. Ultimo in ordine di tempo che ha deciso di investire in Italia, nel settore bancario, è il fondo d'investimento Blackrock che ha comprato il 5% di tre delle maggiori banche italiane: Unicredit, Intesa e Mps.

Questo rinnovato interesse delle grandi istituzioni finanziarie straniere potrebbe avere un effetto secondario positivo anche sul debito pubblico italiano. Una controllata della People’s Bank of China, la Safe (State Administration of Foreign Exchange) che ha un terzo del proprio patrimonio liquido di 3mila miliardi di dollari, in titoli di Stato americani, potrebbe decidere di rivolgere le proprie attenzioni anche sul debito sovrano italiano e la mossa su Enel ed Eni potrebbe, in questo caso, essere interpretato come un segnale di disponibilità ad acquistare i nostri Btp, nel caso in cui l’Italia accettasse di gradire l’ingresso della banca nelle aziende italiane. Ecco perché si attende una dichiarazione politica da parte del governo a commento dell’ingresso dei cinesi nelle due più importanti aziende italiane.

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