L'Europa amara delle big della Serie A

Una delle due capolista della Serie A con un piede e mezzo fuori dall'Europa, perché al Milan serve più di un miracolo per immaginarsi ancora in gioco a febbraio alla ripresa delle ostilità. L'altra - il Napoli di Spalletti - che fatica addirittura in Europa League dove da qui in poi ogni partita è finale. E poi l'Inter che si era avviata nel suo girone nel peggiore dei modi e che ha rialzato la testa con il doppio successo sulla squadra più esotica e meno competitiva dell'intero torneo, lo Sheriff Tiraspol cui, va però detto, fino al confronto con i nerazzurri era riuscito tutto bene.

E poi le romane in altalena tra Europa e Conference League, figuraccia norvegese di Mourinho compresa e la Juventus a due facce: ottima in campo europeo e deludente ai limiti del masochismo in campionato, tanto da aver costretto Allegri e la dirigenza a varare un ritiro in fretta e furia per cercare di raddrizzare la situazione sfuggita di mano. A fare i conti dell'autunno di coppe viene fuori che solo l'Atalanta riesce a essere se stessa sia quando gioca da noi che quando mette il muso fuori dai nostri confini; pregi e difetti della squadra di Gasperini sono ormai noti ovunque, soprattutto i primi. E se qualche risultato sta mancando è anche perché gli infortuni hanno picchiato duro mettendo fuori per diverse settimane metà dei titolari.

Però lo spirito non cambia e anche il Manchester United se n'è reso conto. E' vero che alla fine il bilancio è positivo per gli inglesi (una vittoria e un pareggio) più di quanto non lo sia per i bergamaschi, ma il doppio confronto ha restituito una lettura fedele dei rapporti di forza tra un outsider della Serie A e una delle super potenze della Premier League. Altrove, invece, i conti non tornano e non è solo una questione di risultati.

Il Milan che in Italia domina le partite col suo gioco verticale, rapido e moderno, in Europa fa una fatica del diavolo. Era inserito in un girone impossibile ed è stato certamente penalizzato negli episodi arbitrali, però il succo delle due partite con il Porto, prima in classifica in Portogallo così come Pioli lo è in Serie A, è che i lusitani sono parsi nettamente superiori almeno per tre quarti del tempo. Troppo per non farsi domande e non dare la risposta: questione di abitudine al palcoscenico della Champions League, il che dovrebbe portare alla conclusione che ai rossoneri farebbe bene da febbraio in poi misurarsi con la seconda fase dell'Europa League (anche togliendo qualche energia alla volata scudetto) per fare esperienza e qualche punticino utile al ranking e ad evitare un altro sorteggio suicida in estate.

Al Napoli stanno mancando le motivazioni, quelle che invece ha l'Inter cui non è concesso un nuovo flop europeo. Inzaghi sta battendo Conte sul piano numerico e ora è padrone del suo destino come è giusto che sia per quanto mostrato nei primi 360 minuti di un girone che si conferma abbordabile. Anche in questo caso vizi e virtù sono gli stessi del campionato. La conclusione è che i risultati europei non sono da allarme rosso e non devono necessariamente spingere alla conclusione che la Serie A è un torneo così declinante da non reggere più il passo nemmeno contro portoghesi, moldavi, norvegesi, russi e polacchi. C'è, però, il ripetersi della nostra atavica predisposizione a non dare i giusto peso alla vetrina internazionale, sopravvalutando alcuni avversari e sottovalutando l'importanza di altre partite. Un controsenso tutto nostro mentre gli altri giocano alla morte dall'inizio alla fine.

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