Cancellieri sulla diffamazione: contraria al carcere per i giornalisti

Ministro, nel nostro Paese il reato di diffamazione a mezzo stampa è punito con il carcere. Addirittura si viene condannati al carcere anche per un reato colposo qual è l'omesso controllo. Al direttore di Panorama è accaduto due volte nel giro di pochi mesi (8 mesi di pena detentiva in entrambi i casi).
Al di là dei casi specifici, ribadisco volentieri la mia personale opinione che è contraria alla pena del carcere per i reati a mezzo stampa. Credo sia una pena ormai anacronistica, ciò non toglie che la diffamazione vada punita.

A fine luglio arriverà in aula alla Camera la discussione sulla riforma della diffamazione. In commissione Giustizia ci sono cinque proposte di legge. Tutti i testi prevedono l'abolizione del carcere per i giornalisti e la sostituzione con una multa. Condivide tale impostazione?
Mi spiego: dire no al carcere per i giornalisti è un segno di civiltà, ma non deve significare la sottovalutazione di questi reati. Lo dico per gli stessi giornalisti. Noi dobbiamo fare una legge che stimoli a fare questo importante lavoro nel modo migliore, non incentivare gli istinti peggiori. La libertà d'espressione è sacra. Ma è sacro anche il diritto del cittadino alla sua onorabilità.

Pensa che questa volta la politica delle "larghe intese" riuscirà ad approvare una riforma che abolisca il carcere? In passato altri tentativi sono andati a vuoto.
Per quanto mi riguarda mi impegnerò a fondo perché si possa portare a buon fine questa riforma.

La sua attenzione al tema del sovraffollamento carcerario è ormai ben nota. Secondo molti, una delle cause di tale situazione risiede nell'eccessivo ricorso al carcere visto come la panacea di ogni male. Che ne pensa?
È così. Il carcere deve restare per tutti i condannati pericolosi. Su questo non cedo di un millimetro. Per molti reati cosiddetti minori invece vanno incentivate le pene alternative. Faccio un esempio: se uno imbratta i muri della sua città molto meglio metterlo a ripulire quei muri, è una punizione più educativa e utile per la società.

Lei ha ribadito recentemente che l'amnistia aiuterebbe. Che cosa risponde a chi si oppone agitando lo spettro dell'insicurezza?
L'amnistia è una iniziativa che riguarda le forze politiche e il Parlamento. Ripeto: mi atterrò a ciò che decideranno. Ho solo spiegato che l'amnistia non significa aprire le porte delle celle a pericolosi criminali né tantomeno ai mafiosi.  

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