Niente slogan: gli schieramenti diano risposte ad alcune domande precise

La campagna elettorale è ufficialmente cominciata ma se si dovesse giudicarla dal suo inizio non sembra promettere nulla di buono. Per fortuna siamo appena alle prime schermaglie, anzi, al riscaldamento quindi le cose possano solo migliorare. Per il momento siamo al punto che il Pd ed il Nuovo Centro stanno facendo di tutto per appuntarsi al petto la medaglia di eredi del Draghismo: «Ripartiamo dall’agenda Draghi» (Dario Franceschini), «L’Italia ha ancora bisogno di Draghi» (Luigi Di Maio), «Dobbiamo dire chiaro e tendo che il nostro premier sarà Mario Draghi» (Bruno Tabacci). Una cosa logica, sondaggisticamente parlando, dato il grande appeal oggi del nome dell’Ex premier che però non ha mica detto di essere pronto a scendere in campo, anzi… Bisognerebbe quindi spiegare a Letta ed ai venti e passa leader del Centro (Toti, Renzi, Calenda, Tabacci, Gelmini, Carfagna, Brunetta, Di Maio…) che senza Draghi il draghismo non c’è. Per dirla in gergo calcistico il «Tiki Taka» del Barcellona di Guardiola senza Messi non funziona. Draghi è Draghi di suo, per la sua persona, la sua storia, il suo carisma, la sua autorevolezza internazionale che purtroppo non si possono trasmettere con la proprietà transitiva ai suoi discepoli di oggi.

Si, di oggi. Perché ai signori di cui sopra bisognerebbe chiedere come mai nei loro governi passati non sia venuto in mente a nessuno di dare all’ex numero 1 della Bce non dico la poltrona di premier ma nemmeno un ministero.

Nel centrodestra non siamo molto distanti. Certo, di Draghi non si parla ma al momento l’unica dichiarazione è di Silvio Berlusconi che ha annunciato di avere già pronto «un programma avveniristico che porta il cambiamento di cui l’Italia ha bisogno». Verrebbe da credergli dato che nei suoi quasi 30 anni di politica di programmi ne ha scritto più d’uno.

Al netto quindi di slogan e frasi ad effetto che hanno come unico risultato quello di aumentare l’astensione al voto, forse sarebbe utile che in questi 70 giorni che ci separano dalle urne, le varie coalizioni in campo rispondessero a delle semplici domande. Ad esempio:

- favorevoli o contrari al Reddito di Cittadinanza? (e già qui nelle riunioni del Centro sarebbe bello vedere il dialogo tra Di Maio e Renzi)

- favorevoli o contrari alle armi all’Ucraina?

- quale idea per una riforma del Fisco e della Giustizia che siano degne di tale nome?

- Rigassificatori, trivelle, termovalorizzatori: si o no?

- è possibile almeno discutere di Nucleare?

- Pensioni: Legge Fornero o Quota 100?

Per il resto inutile dire che tutti si giocheranno la carta del Pnrr, che tanto tutti vogliono e di cui ognuno verrà a dirci che se lo abbiamo ottenuto è merito suo, mentre ci si dividerà su questioni di centrodestra (migranti) e sinistra (cannabis e Ius Scholae). Con slanci di fantasia davvero ragguardevoli. Come quello arrivato giorni fa dall’Emilia Romagna dove la regione (Pd) ha stanziato un fondo per la parità di genere tra «statue». Sissignori: ci sono troppe statue al maschile e poche al femminile, «ennesimo esempio di disparità tra generi».

Ecco, per cortesia, risparmiateci tutto questo; altrimenti il 25 settembre in fondo le giornate sono ancora belle e calde. Tra mare, montagna, lago e collina gli italiani avrebbero solo l’imbarazzo della scelta per decidere dove andare.

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