BitTorrent punzecchia l'NSA e prepara una chat a prova di spie

da New York

A Manhattan è impossibile non notarli. Tra i tanti, uno campeggia sopra un bar di Canal Street, a pochi passi dalla sfilata di gallerie d’arte, negozi eleganti e ristorantini alla moda di SoHo. In lettere maiuscole, su uno sfondo bianco, si legge: «I tuoi dati dovrebbero appartenere a te». Fin qui niente di clamoroso, anzi un auspicio più che sensato. Il colpo di genio è che il «you» è scritto con un grosso tratto di pennarello, lo stesso che alla riga precedente è stato usato per cancellare un frammento della frase originale, per sostituire una prima versione decisamente meno rassicurante: «Dovrebbero appartenere all’NSA».

Stessa scena sulla trentesima strada, nel battutissimo corridoio che porta i turisti dagli scorci soprelevati della High Line verso il Madison Square Garden o lo struscio dello shopping della Fifth Avenue. «Internet dovrebbe essere alimentato dalle persone», aggiorna l’originale «Internet dovrebbe essere regolato». Con il termine «regulated» cancellato da una grossa X viola, prima della correzione che dà vita a un altro attacco ad autorità troppo invasive. Su entrambi i cartelloni pubblicitari, in basso, ecco l’autore, il committente: BitTorrent, la società che ha creato il popolarissimo sistema di file sharing; il protocollo che, secondo stime ufficiali, fa viaggiare ogni giorno il 40 per cento del traffico della rete. Evidente il refrain di questa sua campagna: lanciare una frecciata avvelenata, imbevuta d’ironia, all’Agenzia per la sicurezza nazionale e ai suoi mille occhi puntati sul web.

Non è finita qui: a New York come in altre grandi città degli Stati Uniti, da Los Angeles a San Francisco, nei giorni scorsi era stata affissa la versione ancora non modificata del cartellone. Frasi del tipo: «Gli artisti devono giocare secondo le regole» o, appunto, «I tuoi dati dovrebbero appartenere all’NSA». Era sembrato uno scherzo di cattivo gusto, una provocazione in piena regola, invece era una precisa strategia di marketing, una tecnica spesso usata in pubblicità per creare clamore attorno a un tema. Così BitTorrent ha fatto centro: la notizia sta girando il mondo, dando un suo contributo nell’alimentare il clima di ostilità, di timore per l’eccesso di controllo sulla rete, che lo scandalo del Datagate ha portato con sé.

Certo, la società californiana è un attore interessato: il sistema di scambio di contenuti peer-to-peer viene spesso accusato di violazione del diritto d’autore e l’onnipresenza di sguardi indiscreti, per giunta governativi, potrebbe creare come minimo qualche difficoltà. Malizia a parte, però, BitTorrent starebbe puntando su altro, anche per incrementare la già considerevole fetta di 170 milioni di persone che usano i suoi prodotti ogni mese. Sta testando una chat in grado di rendere i messaggi non tracciabili grazie a un sistema criptato che non li salva su nessun server, tenendo le conversazioni al riparo da qualsiasi violazione. Una sicurezza che non è un requisito accessorio, un elemento di contorno, ma l’elemento su cui si basa il valore aggiunto del servizio. Disponibile in fase alfa (ci si può iscrivere per essere messi in lista d’attesa), dovrebbe essere del tutto gratuito.

Di tutta questa storia, comunque, rimane un grande paradosso: le critiche maggiori sono arrivate non tanto per il contenuto della campagna, quanto per la scelta di «affidarla a un mezzo vecchio di un secolo» (lo scrive per esempio Examiner.com). La cartellonistica cittadina, dicono i detrattori, non sarebbe il luogo adatto per un nome forte del web. Però, a pensarci bene, non è un punto di debolezza, ma di forza. L'approccio più logico per una campagna costruita per spiazzare.

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