Biennale di Venezia: l'arte dei sogni comincia da Jung

Passato e presente dialogo continuamente tra loro nella Biennale di Venezia di quest'anno, la cui inaugurazione è in corso in questi giorni, per aprire al pubblico sabato 1 giugno. Il Palazzo Enciclopedico infatti è un'organismo eterogeno, che si basa sul contrasto. E uno dei temi portanti dell'esposizione d'arte è proprio la fuga dell'immaginazione, quel mondo "altro" che nasce dal tentativo di conciliare il sé con l'universo. Come dire, il binomio universale e particolare, declinato attraverso incubi, delirii, sogni e fantasie estreme.

Il viaggio comincia con Carl Gustav Jung e il suo Libro Rosso, mai esposto al pubblico in Italia prima d'ora. Un gioiello illustrato a mano, a cui lo psicologo lavorò per più di sedici anni, per rappresentare le proprie visioni autoindotte. E il primo stimolo a riflettere sul tema onirico che attraversa l'intera mostra. Si segue questo fil rouge attraverso i lavori di Hilma af Klint dedicati al sopranaturale, alle interpretazioni di Augustin Lesage e alle divinazioni di Aleister Crowley (tutti nel Padiglione Centrale ai Giardini). Ma attenzione: non è una mostra sull'occultismo, solo una riflessione sul ruolo dell'artista, considerato lui stesso un mezzo, un conduttore di immagini.

Altri si occupano di messaggi divini (come gli sciamani delle Isole Salomone) e della rappresentazione dell'invisibile (Guo Fengyi ed Emma Kunz), che raggiunge l'apice nel video di Artur Zmijewski: filma un gruppo di non vedenti mentre dipingono il mondo a occhi chiusi.

Mondi alternativi sono i soggetti d'elezione di artisti molto diversi tra loro, come Morton Bartlett e Achilles Rizzoli, fino a Rossella Biscotti ed Eva Kotàkovà che si concentrano rispettivamente sul mondo dell'immaginazione nelle carceri e negli ospedali psichiatrici.

Nuove immagini, nuovi teritori, in una logica combinatoria basata su oggetti diversi, scelti per similutidine, per elezione e per una qualche affinità magica. Che rappresenta, oltre al modello cinquecentesco dei musei dello stupore, le wunderkammer, il mondo iperconnesso digitale.

Al binomio passato e presente, forse va aggiunta la voce Futuro. Oppure quella di Eternità: il percorso dell'arte interiore, tra terapia e follia, non ha tempo. Perché rappresenta l'uomo stesso.

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