Dove va il centrodestra? - la nota

Ora che la separazione tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano è stata di fatto consumata, dove va il centrodestra?

La domanda pende sulle sorti di tutto il quadro politico. È vero che Berlusconi è uomo dalle sette vite e dalle mille risorse e che quindi al consiglio nazionale dell’8 dicembre potrebbe perfino ricucire con il suo ormai ex delfino, defenestrato dal ruolo di segretario del Pdl, ma una frattura seria si è consumata. E non tra due persone. Ma tra un centrodestra senza il Cav, il cui futuro appare solo nebbioso, povero di chance e il berlusconismo che è ed è sempre stato quello strano, un po’ magico e anomalo fenomeno in cui il centrodestra è stato ed è centro-destra-sinistra craxiana del pentapartito che sopravvive in quei dieci milioni di elettori.

La destra o il centrodestra, depurati, come sognavano Mario Monti e anche Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini, da Berlusconi in questo paese ha prodotto finora solo centrini. Fallimenti.

Perché: il centro lo ha inglobato quasi tutto Berlusconi, ovvero tutta la dc non di sinistra, che era  minoritaria nell’ex Scudo crociato e lo è o lo era (vedremo come andrà Matteo Renzi) anche nel Pd. La destra in quanto tale pure la ha inglobata quasi tutta il Cav. Fini finì, come sappiamo, Fratelli d’Italia e la Destra di Francesco Storace sono piccoli seppur significativi gruppi. Testimoni però di un passato più nostalgico che moderno, e nel caso di Fratelli d’Italia portatori di ricette stataliste e non modernizzatici.

Quindi, il centrodestra contrapposto al berlusconismo stando ai numeri prodotti finora è destinato alla sconfitta. A meno che non si vada a una federazione tra Forza Italia e quel che resta del Pdl con i gruppi di destra.

Quanto ad Alfano,  la sua leadership nel Pdl, che però il fondatore ha già sepolto (si vedrà come formalmente andrà al consiglio nazionale) o comunque di un centrodestra depurato dal Cavaliere, è già fortemente insidiata da chi detiene il vero pacchetto di voti: Comunione e liberazione di Roberto Formigoni e Maurizio Lupi. Che un giorno potrebbero essere più tentati dalla sirene neodc del Pd.

La rimposizione o meno della frattura tra centrodestra e berlusconismo dipenderà anche da come andranno le cose nel Pd. O meglio dal fatto se Renzi riuscirà nella scommessa di emancipare il Pd, ex Pci-Pds-Ds-Margherita in quel partito socialdemocratico che in Italia, dopo il Psl di Bettino Craxi non c’è mai stato. È molto difficile che Renzi riesca nell’impresa con il suo assemblare tutto e il contrario di tutto. E la polizza sulla vita a Berlusconi e al berlusconismo è molto probabile che la continuerà a dare anche l’anomalia della irrisolta sinistra italiana. L’amalgama non riuscito.

Berlusconi lo sa e per questo la sera di venerdì 25 ottobre ha fatto il predellino numero 2. In Italia il Cav sa che c’è e resta forte la domanda di rivoluzione liberale, riforma della giustizia, riduzione della pressione fiscale, modernizzazione dei meccanismi decisionali con il presidenzialismo. In una parola: c’è richiesta di Forza Italia. Se si andasse al proporzionale quel che resta del Pdl, con i vari centrini potrebbe anche allearsi con il Pd. Ma nonostante questo quella spuria alleanza dovrà sempre fare i conti con il blocco berlusconiano.

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