Benzina, sui costi l'ombra di contrabbando e mercato cinese

Il gioco che si sta innescando nel nostro Paese intorno ai prezzi di benzina e diesel si fa sempre più duro, ed ora entrano in scena due nuovi protagonisti: il contrabbando e i carburanti a basso costo provenienti dall’Asia. Insomma, prima i rilevanti sconti sui listini , che si ripeteranno anche in questo weekend, e che ormai vedono protagoniste sempre più compagnie sulla scia dell’Eni che per prima aveva lanciato l’iniziativa. Poi l’annunciato sciopero dei benzinai , che protestano per le condizioni, a loro detta vessatorie, che li vedono soccombere nei confronti dei petrolieri. E adesso i due nuovi fenomeni.

Innanzitutto, come accennato, il contrabbando, che assume connotati minacciosi. A confermarlo è la Guardia di Finanza, le cui operazioni di contrasto diventano sempre più frequenti. Qualche giorno fa i finanzieri in servizio al passo alpino del Foscagno, in Alta Valtellina, hanno scoperto un giro di 958 mila litri di gasolio che stavano per essere immessi sul mercato esentasse e così 56 aziende operanti tra Lombardia e Piemonte sono state accusate di contrabbando. In pratica, hanno spiegato gli uomini della Guardia di Finanza, diversi automezzi avevano provveduto all'installazione di serbatoi di carburante supplementari in grado di raddoppiare o triplicare la capacità di carico originale del mezzo, che passava da 250 fino anche a mille litri.

Ma non si pensi che il fenomeno sia circoscritto a zone di confine del nostro Paese. Qualche settimana fa infatti, nell’ambito di un’operazione denominata “Flying Bag”, la Guardia di Finanza di Nola ha bloccato l’attività di due imprese accusate di gestire canali paralleli di vendita dei carburanti, uno legale, e l’altro invece illecito. In questo modo è stato accertato il contrabbando di prodotti energetici per circa 9 milioni di litri, con imposte sottratte al fisco per circa 18 milioni di euro.

“In realtà – spiega a Panorama.it Roberto Di Vincenzo del sindacato benzinai Fegica – quello del mercato nero è un fenomeno ciclico che ritorna puntualmente in momenti di forte crisi e attualmente il mercato dei carburanti è in una situazione di massimo degrado ”. D’altronde se si considera che tra il mancato pagamento di imposta di fabbricazione e conseguente Iva si può arrivare a risparmiare fino a un euro al litro, è facile comprendere quanto forte sia la tentazione di eludere il fisco.

A fianco però ad un fenomeno illegale, ce n’è un altro invece che in maniera del tutto lecita rischia di creare nuovo scompiglio nel mercato dei carburanti. Ci riferiamo alla già citata benzina cinese. Non è una novità infatti che, come già avvenuto su numerosi altri fronti commerciali, anche su quello dei carburanti in Oriente si riesca a produrre a prezzi molto più competitivi dei nostri. Costo del lavoro inferiore e norme ambientali molto meno stringenti, fanno sì che dalle raffinerie cinesi, ma anche indiane ad esempio, arrivino sul mercato benzina e gasolio a prezzi decisamente stracciati.

“D’altronde – fa notare ancora Di Vincenzo – se in Italia si chiudono raffinerie, come già successo a Cremona, a Gela, a Roma e a Falconara, non ci si può sorprendere se poi il prodotto finito debba arrivare da questi Paesi emergenti. Si tratta di una minaccia gravissima per tutto il nostro sistema di distribuzione, e a rischio potrebbero esserci migliaia di posti di lavoro, come accaduto già sul fronte di tanti altri prodotti di manifattura”. A trarne beneficio però potrebbero essere gli automobilisti. Al momento l’unica città in cui si vende a prezzi fortemente ribassati benzina cinese è Genova, ma il fenomeno potrebbe espandersi rapidamente. L’unica avvertenza, come per tanti prodotti di provenienza asiatica, riguarda la qualità e in questo caso a rimetterci potrebbero essere cilindri e pistoni. Staremo a vedere.

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