Banche italiane: quale futuro dopo gli stress test

Al di là delle rassicurazioni del ministro Pier Carlo Padoan sulla solidità delle banche italiane, la preoccupazione degli investitori internazionali dopo gli stress test di fine luglio, che hanno promosso quattro dei principali istituti italiani e bocciato Mps, è la stessa di prima: la gestione dei 360 miliardi di euro di crediti dubbi (non performing loans) pari al 20% del Pil italiano, di cui 200 miliardi di euro in sofferenza.

Il problema dei crediti deteriorati continua infatti a incombere sul sistema, limitando i nuovi prestiti e la futura flessibilità del settore in caso di una recessione.

Le incertezze sul futuro degli istituti italiani ha spinto negli ultimi mesi le vendite dei titoli bancari: in un anno il comparto ha perso oltre il 50% del proprio valore di Borsa. Attacco degli speculatori?

Stress-test: i risultati per le banche italiane


Resta il nodo degli NPL
Forse no: la situazione è ancora critica, anche se i segnali incoraggianti non mancano. Gli analisti di Kepler fanno notare che in due anni il settore bancario europeo ha notevolmente costruito capitale e "mostra la forte capacità di recupero di più Paesi, in particolare Italia, Spagna, Benelux e Francia".

Non solo. Nell'ultimo semestre (gli stress test hanno considerato i dati alla fine 2015) il totale dei crediti deteriorati in pancia ai primi otto istituti è calato del 2,5% a 242 miliardi di euro e sono salite le coperture dal 46 al 47%, stando a un'analisi di Value Partners.

È migliorata anche la solidità patrimoniale dei primi otto istituti, anche se il tallone d'Achille resta la redditività: i profitti sono calati del 46% nei primi sei mesi di quest'anno (2,2 miliardi) proprio per le pesanti rettifiche sui crediti, che hanno mandato in rosso Banco Popolare (che presto convolerà a nozze con Bpm) e UBI. E i tassi a zero della Bce non aiutano, visto che prestare denaro è diventata un'attività sempre meno redditizia.

Dunque, come se ne esce? Per Crédit Suisse, sebbene le autorità europee non lo consentano, alla fine saranno necessari "gli aiuti di Stato per risolvere la questione degli NPL".

E la soluzione di mercato rappresentata da Atlante e Atlante 2? Nati su iniziativa privata (anche se di sistema) - vi hanno investito banche, assicurazioni, fondi e casse di previdenza - secondo gli analisti della banca elvetica dovrebbero avere una dotazione di 30 - 40 miliardi "per abbattere decisamente" la mole di crediti dubbi ancora in pancia agli istituti. A oggi, tuttavia, hanno munizioni per meno di 10 miliardi di euro.

Le banche dopo gli stress-test: perché crollano in Borsa


L'incertezza politica
L'incubo di Renzi, ossia l'ipotesi peggiore che l'attuale governo sta scongiurando in ogni modo (vedi il caso Mps), è quella prevista dalle regole europee: la partecipazione di azionisti, obbligazionisti e correntisti (sopra i 100 mila euro) nel salvataggio degli istituti. Palazzo Chigi non vuole una replica dei casi di Banca Marche, Etruria, Carife e CariChieti, soprattutto il prossimo autunno.

Sullo sfondo, infatti, c'è l'incertezza politica riguardo all'esito del referendum costituzionale previsto a fine novembre.

In merito, la quarta agenzia di rating al mondo dopo S&P, Moody's e Fitch, la canadese Dbrs, l'unica che aveva mantenuto un rating A per il debito sovrano del nostro Paese, venerdì 5 agosto ha fatto sapere di aver messo sotto osservazione l'Italia in vista di un futura bocciatura che avrebbe conseguenze non trascurabili sulle banche italiane: gli istituti di credito infatti portano i titoli di Stato a garanzia delle operazioni di rifinanziamento con la Bce.

Senza contare che, come riportava un'indiscrezione di qualche giorno fa di Repubblica, fra le condizioni poste da JP Morgan per garantire l'aumento di capitale di MPS pare ci sia soprattutto la stabilità politica in Italia.


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