Banche: cosa aspettarsi per il futuro in 10 punti

In articoli precedenti, avevo previsto come le banche diminuiranno il loro numero, fino a diventare inesorabilmente 8 o 10 nell’arco di uno o due lustri.
A dire il vero, dopo aver parlato con uno dei più stimati e autorevoli banchieri italiani, il Cavaliere del Lavoro Corrado Sforza Fogliani, Presidente di Assopopolari e Vice Presidente Abi (Associazione Bancaria Italiana), temo di aver sbagliato per eccesso.

Nel corso di un intervento tenuto a Milano, anche il segretario generale della Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) – primo sindacato bancario italiano – ha recentemente affermato che nell’arco di cinque anni il processo di fusione e consolidamento delle banche italiane sarà molto rapido.

Che cosa implica questo?
Sicuramente un taglio netto del personale: si ricordi a tal proposito che il governo ha destinato circa 600 milioni di euro per accelerare il processo di fuoriuscita di lavoratori dalle banche.

Mi pongo da semplice studioso una domanda: ma il ruolo di uno Stato è quello di favorire e creare posti di lavoro o quello di agevolare licenziamenti e pre-pensionamenti?
Di seguito si riporta la già desolante dinamica del personale impiegato nel settore bancario, e la rapida discesa dal 2009 in poi.

Il numero dei dipendenti bancari dal 2009 al 2015Elaborazione centro studi Win the bank

Naturalmente, ci saranno i soliti indottrinati dal pensiero unico internazionale che ripeteranno come un mantra la logica del taglio, del risparmio, della competitività e del “ce lo chiede l’Europa” o “lo chiede il mercato”.

Come se le regole di quel mercato fossero casuali, non determinate da uomini, e per la precisione non da Parlamenti democraticamente espressione di interesse collettivo, ma da pochi portatori di interessi privati finanziari.

Questo farà sì che ci saranno pochi gruppi bancari, con regole internazionali, a servire milioni di piccole e micro imprese, non abituate di certo a quel linguaggio.
Le banche italiane erano circa un migliaio, vent’anni or sono; oggi abbiamo perso circa il 40% di quel numero. Nel giro di pochi anni, perderemo la quasi totalità.

Io prevedo questo decalogo di conseguenze:

  • 1. perdurare a breve di tassi bassi, che non stimolano la crescita economica;
  • 2. banche che non riusciranno ad ottenere margini sufficienti per coprire i costi fissi, costrette a essere comprate;
  • 3. ricorso al licenziamento del personale attraverso fusioni e consolidamenti, a partire dal mondo del credito cooperativo, passando per le banche popolari;
  • 4. progressiva sostituzione del personale con sistemi informatici, diffusione del fintech;
  • 5. presenza residua sul mercato di pochi colossi, con regole rigide e scarsa interazione con il cliente retail;
  • 6. creazione di una situazione di oligopolio bancario estero vestito;
  • 7. gestione del nostro mercato creditizio da parte di un potere internazionale;
  • 8. milioni di piccole e micro imprese italiane che si dovranno confrontare con giganti;
  • 9. rialzo dei tassi quando sarà di interesse del sistema finanziario, e non reale;
  • 10. impossibilità di gestire la politica economica italiana da parte di qualsiasi governo

    Ripongo la domanda di prima: e noi – cioè lo Stato italiano – siamo a favore di questo disegno?

    Per approfondimenti: www.winthebank.com

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