Banche e Bce, come funziona la nuova vigilanza di Draghi

“Non faremo sconti a nessuno e non avremo esitazione a bocciare chi non supera la prova degli stress test”. Parola di Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea (Bce), che ieri ha preannunciato l'avvio delle nuove procedure di vigilanza sui maggiori istituti di credito del Vecchio Continente. A partire da novembre, infatti, ben 130 banche europee, tra cui quindici italiane, finiranno sotto la lente della Bce, che passerà ai raggi x il loro patrimonio, allo scopo di verificarne la solidità.

L'UNIONE BANCARIA IN EUROPA

Il processo che sarà avviato il prossimo mese è il primo passo necessario per costruire l'Unione Bancaria Europea, cioè un sistema di regole comuni per i maggiori istituti di credito continentali, che porterà all'accentramento di tutte le attività di controllo in capo alla stessa Bce. Prima, però, le banche dovranno appunto passare sotto la lente di Draghi e dei suoi funzionari, che lavoreranno intensamente per tutto il 2014. Cosa faranno, di preciso? In pratica, il patrimonio di ogni istituto verrà scandagliato nel dettaglio, in tre fasi diverse. La prima consiste nella misurare il grado di rischio complessivo a cui risulta esposta ogni banca. Poi, ci sarà una valutazione qualitativa di tutte le componenti del patrimonio. Infine, come ultima e più importante tappa, è previsto uno stress test, cioè una verifica di cosa potrebbe accadere allo stesso patrimonio, di fronte a una crisi economica e finanziaria di grande portata, come quelle verificatesi a più riprese negli ultimi anni, dal 2007 in poi.

LE NUOVE REGOLE

Per ottenere una valutazione positiva, le banche dovranno possedere un Common Equity Tier 1 superiore all'8%. Si tratta di un particolare indicatore (sconosciuto al “grande pubblico” ma molto noto agli addetti ai lavori) che misura la solidità di un gruppo creditizio, mettendo in rapporto il capitale che ha a disposizione, con le attività impiegate sul mercato, come i prestiti concessi o i titoli obbligazionari posseduti (solo per citare qualche esempio). Tutte queste attività patrimoniali dovranno essere ponderate per il rischio, cioè valutate in base alla loro qualità. Avere nel portafoglio un bond con un rating elevato (tripla A), infatti, non è ovviamente la stessa cosa che possedere invece un titolo-spazzatura o un credito ormai in sofferenza che ha buone probabilità di non essere rimborsato. Una volta effettuate queste valutazioni, le attività patrimoniali della banca dovranno essere rapportate al capitale disponibile per calcolare il Common Equity Tier 1 il quale, appunto, non dovrà essere inferiore all'8%, diviso in 3 componenti: oltre una soglia di base del 4,5%, c'è bisogno di un cuscinetto aggiuntivo del 2,5% e di un'ulteriore quota dell'1%, prevista per banche di importanza sistemica (cioè quelle il cui fallimento avrebbe degli effetti destabilizzanti nel settore finanziario). Gli istituti che non rispetteranno le soglie indicate, dovranno rafforzarsi attraverso una massiccia iniezione di capitali.

NORME PIU' SEVERE

La caratteristica particolare del Common Equity Tier 1 (creato con l'accordo di Basilea 3, che regola il patrimonio delle banche) è di essere un parametro un po' più severo rispetto a quello utilizzato negli anni scorsi per valutare la solidità degli istituti di credito (il Core Tier 1). Per calcolare il nuovo indicatore, infatti, vengono considerate principalmente come capitale disponibile le azioni ordinarie della banca più le riserve, mentre sono esclusi altri strumenti finanziari come le azioni di risparmio (cioè quelle che non danno diritto di voto nell'assemblea). Il governatore di della Banca d'Italia, Ignazio Visco, ha fatto sapere che le nuove regole non dovrebbero creare particolari problemi agli istituti di credito del nostro paese, che usano già questi stessi criteri nel valutare il proprio patrimonio. Per fare una verifica, però, basterà aspettare il prossimo anno, quando i test della Bce giungeranno al traguardo.

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