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Salute

No alle sigarette, ma esiste un fumo alternativo

Arrivano dall'Italia e dal Brasile, da Malesia, Sudafrica, Spagna e un'altra dozzina di Paesi del mondo. Sono un gruppo trasversale di scienziati, specialisti in molteplici settori: medici e psicologi, accademici e professionisti. Assieme, dallo scorso aprile, hanno dato vita allo Scohre, associazione internazionale che è un'abbreviazione del suo obiettivo: si occupa di «smoking control and harm reduction». Ovvero di promuovere iniziative per tenere sotto controllo il vizio del fumo, un rito comune a un quarto dei cittadini europei. Proporre alternative a rischio ridotto per combattere un'abitudine che, secondo una stima dell'American Cancer Society, nell'arco temporale dal 2005 al 2030 avrà ucciso nel mondo 175 milioni di persone.

«Il fumo è un pericolo per la salute pubblica. I programmi per contrastarlo non sono disponibili in maniera uniforme, né tutti i Paesi rimborsano i farmaci che aiutano a smettere. Bisogna lavorare per tenere aperte altre strade» ragiona con Panorama Ignatios Ikonomidis, cardiologo greco dal lungo curriculum e presidente dello Scohre. Parla da Atene dopo il «No Smoke Summit», due giorni di incontri virtuali organizzati proprio per fare il punto su studi, buone pratiche e legislazioni di successo. «Come quelle del Regno Unito, dell'Islanda o della Svezia. In quest'ultimo caso, solo il 5 per cento degli adulti sono fumatori. Gli episodi di cancro e di eventi cardiovascolari si sono ridotti somministrando il tabacco tramite un prodotto per uso orale che riduce al minimo l'assorbimento delle sostanze tossiche tipiche della combustione e facilita l'abbandono delle classiche sigarette. Esempi di questo tipo vanno esportati altrove in Europa». E non sono l'unica via: lo stesso vale per i dispositivi che scaldano il tabacco senza bruciarlo o per le sigarette elettroniche. «Ci sono evidenze che dimostrano la loro capacità di ridurre l'esposizione agli intossicanti rispetto alle sigarette tradizionali. Altri studi sottolineano come passare dalle sigarette a prodotti di nuova generazione dia benefici sulla funzionalità cardiovascolare dopo solo un mese».

Le istituzioni comunitarie non sembrano pensarla allo stesso modo. Lo «Europe's beating cancer plan», il recente programma varato dalla Commissione europea per ridurre le morti da cancro, mira a portare i consumatori di tabacco a meno del 5 per cento della popolazione entro il 2040. Un obiettivo ambizioso, ma «improbabile» da realizzare, pur combinando regolamenti stringenti, maggiore tassazione e campagne promozionali: non è pessimismo, né un giudizio di valore, quanto la conclusione di uno studio approfondito dalla Deutsche Krebshilfe, storica organizzazione no profit tedesca, attiva nella lotta contro queste patologie.

E dire che in Germania i fumatori sono per il 19 per cento uomini e il 13 per cento donne, inferiori alla media europea del 25 per cento. «I regolatori dovrebbero avere una mente più aperta. Parlare con i medici. Ogni giorno i pazienti che non riescono a smettere di fumare domandano cosa fare. Dobbiamo proporgli un'alternativa» insiste Ikonomidis. «Perciò, come Scohre chiediamo che la riduzione del danno sia considerato il terzo pilastro per il controllo del tabacco assieme a cessazione e prevenzione dal suo consumo».

Alcuni governi stanno dimostrando di essere più disponibili in questo senso: la Grecia, sulla scia di quanto fatto negli Stati Uniti dall'Fda, l'ente pubblico per la regolamentazione dei prodotti farmaceutici, ha istituito una commissione per decidere se le soluzioni di nuova generazione si possano contrassegnare come «a rischio ridotto». Se siano o meno a ridotta esposizione di sostanze nocive per chi le usa. Va da sé che questa validazione, già concessa oltreoceano ad alcuni dispositivi, ne incoraggerebbe l'adozione.

Altrove si procede tra apriorismi e diffidenze, anche per via dell'atteggiamento dell'Oms, che non accetta un «piano b» rispetto all'abbandono definitivo del fumo. «È uno scudo di carattere filosofico. Ma bisogna fare qualcosa, le sigarette sono molto tossiche, causano tumori e problemi cardiovascolari. Una riflessione è urgente e necessaria» ribadisce Ikonomidis. Da qui, da questa consapevolezza, nasce lo Scohre. Ha sede a Bruxelles e ammette nel comitato direttivo solo membri che non abbiano ricevuto contributi dalle multinazionali del tabacco negli ultimi tre anni, né accetta fondi diretti da quell'industria. «Però siamo disponibili a valutare i loro studi, a leggerli, a discuterli, a criticarli. Vogliamo essere aperti a tutte le opinioni. C'è molto da fare». E i passi in avanti si compiono tramite il dibattito, non con chiusure e pregiudizi. n

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