Allegri e la Juve: ecco perché la guerra fredda non conviene a nessuno

E' bastato perdere la battaglia di Doha contro il Milan e veder sfuggire il primo trofeo della stagione perché il Natale di Allegri fosse all'insegna della tensione. Voci di divorzio che hanno preso corpo nelle feste; non subito, perché non ce ne sarebbe ragione, ma a giugno con un anno d'anticipo sulla scadenza naturale del contratto che vincola Max alla Juve fino al 30 giugno 2018. Uno scenario clamoroso, considerati i risultati del tecnico livornese che sta guidando i bianconeri al sesto scudetto consecutivo e vola anche in Champions League.

Doha, però, avrebbe fatto emergere in maniera fragorosa tutti i punti di tensione tra lui e la società. Un feeling calante di cui, secondo le ricostruzioni giornalistiche di Natale, c'era qualche traccia già da settimane e che è stato acuito dalla sconfitta contro il Milan baby di Montella. Lo sfogo a bordo campo con Marotta e Paratici, la volontà di prendere qualcuno "a calci nel sedere" è stata l'immagine forte del malessere. Ma non una sorpresa per chi frequenta Vinovo.

Allegri e il mercato non completato...

Pare che Allegri ce l'avesse con l'approccio mentale di chi è entrato in campo a Doha ma non solo. Critiche nei confronti di Dybala, parso svogliato e deluso per l'esclusione dall'undici titolare, oppure per Evra che si era fatto cancellare da Suso, il migliore dei rossoneri. In generale, chi raccoglie spifferi dal mondo Juventus ha notato come il tecnico non abbia nemmeno apprezzato il mercato non completo in estate, con l'attesa vana di uno o due centrocampisti di rinforzo per rifare il reparto che più di tutti è stato toccato (forse indebolito) nei due anni e mezzo dopo la finale di Berlino.

Certemante Max sta usando i primi mesi della stagione per sperimentare la soluzione migliore per la sua Juventus. Non ha ancora trovato una collocazione definitiva a Pjanic, che dovrebbe aiutarlo nel salto di qualità, e ora ha anche il nodo del tridente da sciogliere perché è impensabile tenere fuori a lungo Dybala, sacrificandolo alla coppia Higuain-Mandzukic.

Le perplessità del club e la guerra da evitare

La gestione di Dybala e Higuain (a partire dalla panchina a San Siro contro l'Inter che non è mai stata veramente digerita) sono anche in cima all'elenco di dubbi che Agnelli e Marotta si porterebbero dietro. I risultati stanno mettendo tutto a tacere, ma non è un caso che proprio la prima - vera - delusione dell'anno abbia fatto esplodere le contraddizioni in casa della capolista.

Una battaglia logorante non serve, però, a nessuno. Già un anno fa la trattatuiva sul prolungamento del contratto è stata condotta in maniera molto mediatica e ha creato più di una tensione. La Juve ha recentemente ribadito di non voler cominciare una stagione con un allenatore in scadenza, cosa he accadrebbe a luglio in caso di mancato accordo. Per legarsi oltre, però, serve comunione d'intenti. Dunque è bene che le cose vengano chiarite in fretta.

Il sesto scudetto da conquistare e la Champions da vivere come protagonisti non possono essere sacrificati. L'esperienza del 2014, con le continue frecciate tra Conte e la società, ha certamente insegnato qualcosa alla Juventus. A breve tutti si ritroveranno a Vinovo per analizzare i motivi della sconfitta e progettare il mercato di gennaio. Nel quale Allegri ha bisogno di almeno un rinforzo a centrocampo per non trovarsi scoperto in primavera.

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