Al via la nuova collana Classici contemporanei dell'Istituto Bruno Leoni

La filosofia politica come risposta alla crisi dei nostri tempi. Potrebbe essere questo il senso della nuova collana, appena lanciata dall'Istituto Bruno Leoni, dedicata ai Classici contemporanei. Panorama ha quindi deciso di intervistare il professor Raimondo Cubeddu, Senior fellow dell’Istituto e presidente del suo Comitato Editoriale.

Professor Cubeddu, mi racconta qualcosa della nuova collana che è stata lanciata dall’Istituto Bruno Leoni?

Sulla base di un format comune, e corredati da esaurienti indicazioni bibliografiche, gli agili volumi di circa 160 pagine che compongono la collana Classici contemporanei si propongono di offrire al lettore un quadro d’insieme, leggibile, rigoroso ma non accademico, della vita, del pensiero, delle opere, dei tempi e dell’influenza dei principali filosofi, economisti, giuristi e pensatori politici contemporanei. Affidati a giovani e ad affermati studiosi, i volumi della collana (coordinata da Luigi M. Bassani, Sergio Belardinelli, Nicola Giocoli, Giovanni Giorgini, Nicola Iannello, Carlo Lottieri e Alberto Mingardi), si propongono così di dar conto delle più importanti idee emerse nell’ambito delle scienze sociali a partire dalla seconda metà del XX secolo e, in alcuni casi, costituiscono un primo approccio a pensatori dei quali a malapena si è sentito parlare. Sono già in libreria, ordinabili via internet o presso la casa editrice i volumi dedicati a Anthony de Jasay, di Giacomo Brioni; a Douglass North, di Jacopo Marchetti e di Michael Novak, di Flavio Felice, ai quali nella tarda primavera, seguiranno quelli dedicati a Murray Rothbard, a Hans Kelsen, alla Scuola di Chicago e a Antonin Scalia. Contiamo di pubblicare circa 7-8 volumi l’anno e il lavoro ci terrà impegnati per almeno un lustro.

Perché è importante oggi una collana dedicata a pensatori liberali?

Preciso che la collana non comprenderà soltanto pensatori liberali, ma presenterà, sia pure da una prospettiva ‘liberale’, pensatori che liberali non sono e che non si pensa di definire come tali. Oltre ai volumi dedicati a Friedrich Hayek, Ludwig von Mises, Bruno Leoni, Isaiah Berlin, Raymond Aron, Ayn Rand, Milton Friedman, James Buchanan, Michael Oakeshott, Murray Rothbard, Karl R. Popper – per non citarne che alcuni – essa, oltre che a una decina di pensatori italiani (come, ad esempio, Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Giovanni Sartori, Augusto Del Noce, Sergio Ricossa), ne prevede altri dedicati a Hans Kelsen, Hannah Arendt, Niklas Luhmann, John Milbank, Michel Foucault, Leo Strauss, Carl Schmitt e a tanti altri, che, lo ribadisco, sarebbe per lo meno azzardato definire come ‘liberali’.

Viviamo oggi in un contesto di forti restrizioni pandemiche. Inoltre, tra strati sempre più ampi di opinione pubblica, si fa progressivamente largo una sorta di accettazione (se non addirittura di esaltazione) di realtà autoritarie come la Repubblica popolare cinese. Qual è lo stato di salute del liberalismo oggi?

Lo stato di salute del liberalismo contemporaneo risente molto del fatto che in questi decenni più che sulle questioni tipiche della libertà individuale, dell’efficace contrasto all’espansione delle competenze statali e della crescente, asfissiante ed in definitiva paralizzante regolamentazione di ogni branca dell’esistenza umana, l’attenzione si è concentrata sulle questioni ambientali, di genere, sui diritti umani universali, sulla salute psicologica dei nostri pets, etc.: col risultato che in altre parti del mondo si è diffusa la credenza che il mondo occidentale fosse ormai imbelle e disposto, coi risultati che stiamo vedendo, ad accettare tutto, perché non consapevole delle condizioni necessarie del proprio benessere.

Prosegua.

Si tratta, a mio avviso, di un’impressione prodotta dal prevalere del relativismo politicamente corretto di derivazione liberal (non certamente liberale). Ci siamo così abituati a pensare come normale che tutti potevano salire democraticamente al potere e che lo stato avrebbe dovuto realizzare ogni aspettativa individuale senza porci il problema delle nostre responsabilità per i debiti lasciati alle future generazioni. Penso e spero che la pandemia e le vicende ucraine riporteranno tutti ad un sano realismo e a riconsiderare la questione di quell’autonomia energetica che è indispensabile per l’autonomia economica, politica e quindi per la dimensione della libertà individuale. In questa prospettiva penso che la questione più attuale per il pensiero liberale sia quella di immaginare come tornare indietro rispetto a quell’espansione delle competenze statali e a quella compressione delle libertà individuali generata dall’emergenza pandemica. In altre parole, bisogna capire che siamo responsabili delle nostre azioni e che quindi dobbiamo ripensare a come coniugare libertà individuali e sicurezza, sapendo che non sono distinguibili. Non bisogna pensare che, come in tanti hanno voluto far credere, il ‘neo liberalismo’ sia il responsabile di tutti i mali del mondo. Penso che dalla conoscenza delle idee dei pensatori che verranno compresi nella collana potrebbero essere tratte preziose indicazioni anche riguardo al modo in cui dovrà comportarsi il liberalismo in un mondo occidentale ormai sostanzialmente privo di una dimensione religiosa.

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