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Sonni abissali

Sonni abissali

Sognano (e forse hanno incubi) proprio come noi. Lo hanno scoperto ricercatori giapponesi studiando le onde cerebrali di questi intelligentissimi cefalopodi. E i risultati gettano luce anche sul nostro riposo notturno.


C’è uno strano laboratorio dove i ricercatori osservano per ore centinaia di polpi che dormono. Si trova nell’isola di Okinawa, dove ha sede la più rinomata università scientifica giapponese, l’Okinawa Institute of Science and Technology. Mentre i polpi riposano, i ricercatori vedono la loro pelle colorarsi delle forme più bizzarre. E se ne meravigliano, perché è proprio quello che i pescatori osservano quando questi molluschi, da svegli, decidono di mimetizzarsi per non farsi prendere o quando vogliono comunicare la presenza di un pericolo.

Come mai anche nel sonno la pelle si ravviva dei colori più disparati? Erano stati in molti a suggerire che, semplicemente, i polpi sognano. La risposta è invece molto più complessa e ha a che fare con le caratteristiche e il ruolo del sonno negli animali. Per rispondere alla domanda, i ricercatori giapponesi hanno usato sonde neurali che registrano l’attività del cervello. Ciò che hanno scoperto è che il sonno dei polpi è composto da due fasi distinte, una frenetica e una che potremmo definire «di quiete».

Durante quest’ultima, giacciono immobili mantenendo un colore della pelle grigio pallido e hanno bassi livelli di attività cerebrale. Ma all’incirca ogni ora ecco un’improvvisa esplosione di attività di circa un minuto durante la quale gli occhi si muovono, i loro tre cuori pompano a tutta forza, le braccia si contraggono, il ritmo respiratorio accelera e la pelle acquisisce vivaci colori.

Esattamente come se l’animale fosse sveglio, come confermano le registrazioni dell’attività cerebrale. Il cambiamento cromatico della pelle è infatti legato alle attività della veglia, come cacciare, sfuggire ai predatori, mimetizzarsi nell’ambiente marino.

Tutto ciò significa che il sonno di queste creature marine è perfettamente simile a quello dei vertebrati, esseri umani inclusi. La nostra fase attiva è denominata REM (Rapid Eye Movement). Associata al sogno e al consolidamento della memoria, è stata scoperta per la prima volta negli anni ‘50, quando gli scienziati che studiavano i neonati addormentati notarono che c’erano periodi in cui i loro occhi si muovevano rapidamente da un lato all’altro.

Il REM ha tratti unici che lo differenziano dall’altro tipo di sonno: attività delle onde cerebrali più simile alla veglia, perdita completa del tono muscolare, respirazione irregolare, aumento della frequenza cardiaca e possibilità di essere svegliati più facilmente. Il primo ciclo REM negli umani inizia da 60 a 90 minuti dopo essersi addormentati. Poi, in una notte completa, si succedono tre di questi cicli, seguiti da uno di REM. Con ogni nuovo stadio, il periodo di «Rapid Eye Movement» si allunga, mentre la maggior parte della fase REM si svolge nella seconda metà della notte.

La parte meno attiva del sonno umano, caratterizzata da onde cerebrali molto lente, è associata con la riparazione del tessuto, la costruzione di ossa e muscoli e il rafforzamento del sistema immunitario.

La scoperta delle notevoli somiglianze tra il comportamento notturno dei polpi e quello umano ha meritato una pubblicazione su Nature per le affascinanti implicazioni sull’origine e la funzione del sonno. «Che fosse diffuso tra tutti gli animali, o almeno una sua forma, era noto. Tanto che si è osservato perfino in organismi semplici come le meduse e i moscerini della frutta » dice Sam Reiter, scienziato dell’Okinawa Institute of Science and Technology e coautore dello studio.

«Ad aver stupito è che un non vertebrato come il polpo abbia un sonno a due stadi, con una fase REM come l’uomo». Questo suggerisce due cose. «Prima di tutto, dato che polpo e uomo sono solo lontanamente imparentati, vuol dire il sonno a due stadi si è evoluto in modo autonomo in creature completamente diverse».

Nella storia dell’evoluzione accade talvolta che emergano in momenti differenti adattamenti simili. Per esempio, la capacità di volare è sorta indipendentemente, senza che fosse presente nell’ultimo antenato comune di insetti, uccelli, pterosauri e pipistrelli.

«La seconda cosa importante da notare» conclude Reiter «è che i polpi hanno strutture cerebrali grandi e sofisticate, anche se completamente diverse dai vertebrati. Ciò suggerisce che possedere una fase del sonno attiva, simile alla veglia, è una caratteristica generale della cognizione complessa. Il sonno ha dunque un legame con la capacità di apprendere dalla realtà circostante, ha a che fare con la conoscenza».

Una ricerca su Science del 2021 suggeriva per esempio che questi cefalopodi possono perfino provare un dolore affettivo, cioè di tipo psicologico, come i mammiferi.

Dormono e sognano come noi anche uccelli o rettili come il drago barbuto, spesso acquistato come animale domestico. Ma il sonno REM può avere un aspetto diverso nelle varie specie: i gufi non hanno movimenti oculari rapidi poiché non possono muovere gli occhi nei loro crani; alcuni uccelli perdono il tono muscolare solo in alcune aree, come il collo, quindi la testa può riposare mentre rimangono dritti su un piede.

Gli scettici potrebbero chiedersi come fanno i ricercatori a essere certi che nei loro esperimenti i polpi dormano davvero. E se la fase «attiva» fosse in realtà una veglia? Non è così: i ricercatori li hanno sottoposti a uno stimolo fisico valutandone la reazione. Hanno scoperto che sia nella fase di quiete sia in quella attiva del sonno, gli animali richiedevano una stimolazione più forte prima di reagire, rispetto a quando erano svegli.

Facendo queste verifiche, tra l’altro, gli scienziati si sono resi conto che, se impedivano loro di dormire o li interrompevano durante la fase attiva del sonno, i polpi successivamente entravano nel sonno attivo prima e più spesso. L’interpretazione degli studiosi è che la fase attiva è essenziale, necessaria per il corretto funzionamento dell’organismo dei polpi. E anche questo ci ricorda qualcosa. Nell’uomo il periodo associato ai sogni ha un’importanza cruciale, per esempio nel rielaborare ciò che si è appreso durante il giorno, anche a livello di abilità motorie, scartando ciò che non è rilevante. A riprova, vi è il fatto che i neonati addormentati trascorrono la maggior parte del tempo in stadio REM.

D’altronde le specie che vengono al mondo con cervelli meno sviluppati alla nascita, come gli umani, durante l’infanzia trascorrono ancora più tempo nel periodo dei «rapidi movimenti oculari» rispetto a quelli nati con cervelli più sviluppati, come cavalli e uccelli. Il sonno REM, inoltre, attivando il sistema nervoso centrale, ci prepara al risveglio. Ciò potrebbe spiegare perché vi trascorriamo quantità crescenti di tempo man mano che la notte avanza, e perché è più facile svegliarci durante questa fase. Cosa che succedeva anche ai polpi nell’esperimento dei ricercatori giapponesi.

Polpo e uomo, insomma, si somigliano molto più di quanto si creda. Senza essere nemmeno lontani cugini.

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