Ha suonato con grandi direttori d’orchestra come Lorin Maazel e Zubin Metha, ma si è esibito anche con Liza Minnelli, Lenny Kravitz, Céline Dion e Andrea Bocelli. Alessandro Quarta, famoso per il suo look poco classico e molto rock anche sul palco, si racconta in esclusiva a Panorama. E ai lettori regala un’esibizione in esclusiva. Guardate il VIDEO.
Questo periodo di lockdown è stato terribile: mi ha distrutto vedere la sofferenza delle famiglie che non hanno potuto nemmeno dare l’ultimo saluto ai loro cari. A questo si aggiunge poi un malessere personale, perché io senza palcoscenico non sto bene. Il mio benessere passa dall’andare in scena, i teatri chiusi mi fanno paura». Alessandro Quarta parla a Panorama dalla sua casa di Lecce, la città dove è iniziata una carriera che lo ha portato a esibirsi nelle più prestigiose hall del mondo con i direttori d’orchestra che hanno fatto la storia della musica contemporanea. Da Lorin Maazel a Zubin Metha. Senza dimenticare le collaborazioni «pop» con Carlos Santana, Liza Minnelli, Lenny Kravitz, Céline Dion, Andrea Bocelli, Roberto Bolle, Il Volo e Lucio Dalla.
La fase 2 della gestione della pandemia non prevede una ripresa in tempi brevi delle esibizioni live. Concorda, oppure secondo lei ci sarebbe la chance di riaprire i teatri in tempi ragionevoli?
Se si possono mettere 300 persone in fila davanti a un supermercato, a un metro e mezzo di distanza l’una dell’altra, non capisco perché non si possa immaginare un pubblico in sala, seduto, magari con una capienza ridotta al 30 per cento dei posti disponibili. Credo che esistano modalità sicure per far ripartire la macchina degli eventi, ma ci vorrebbe la volontà di farlo…
La sua ultima composizione, #andràtuttobene, è frutto della contaminazione tra due arti, musica e pittura. Com’è nato questo incontro a distanza?
Ha preso forma di notte durante una diretta instagram con Fabio Ingrassia. La mia musica e la sua bellissima tela, visibile nel videoclip del brano, sono la voce di un’Italia, colpita e ferita ma che non si arrende. Fabio è stato bravissimo nel tradurre in immagini il suono del mio violino. Tutti i ricavi saranno devoluti saranno devoluti agli ospedali di Marsala e di Lecce.
Lei è diventato famoso in tutto il mondo per il talento musicale, ma anche per una scelta estetica di rottura: eliminare il dress code della musica classica. Che cosa voleva comunicare rinunciando al frac?
Che nessuno suona meglio indossando un frac. Il mo obiettivo non è mai stato un cambio di look fine a se stesso, piuttosto creare un ponte di collegamento con le generazioni che considerano sideralmente lontani Bach, Beethoven e Mozart, ignorando che questi artisti hanno scritto colonne sonore per film quando non esistevano ancora le pellicole e hanno prodotto potenti composizioni rock ben prima del 1950. Basta ascoltare il primo tempo della Quinta di Beethoven per comprendere quanto rock ci fosse in quella partitura.
Quanto costa in termini di sacrifici e investimento economico diventare un violinista professionista?
Un violino con un suono prestigioso, realizzato nel 1700, può costare anche 700-800 mila euro. Poi, ci sono i semplici violini da studio che vanno dagli ottomila ai diecimila euro. Vanno poi aggiunte le spese di mantenimento dello strumento che si aggirano intorno ai 400 euro mensili. Incide anche il prezzo degli studi: quando avevo 12 anni, una lezione di un’ora valeva 300 mila lire. Se sei giovane, vuoi fare questo mestiere e non sei ricco di famiglia, sei costretto a scegliere tra le scarpe nuove e le corde del violino…
Che ricordi le hanno lasciato le collaborazioni con i grandi nomi della musica leggera?
Gliene cito due: di Carlos Santana mi hanno colpito la gioia e lo stupore nello scoprire quanto uno strumento di legno come il mio violino potesse avvicinarsi per intensità e bellezza al suono della sua chitarra elettrica. Indimenticabile anche Lucio Dalla, un genio a livello di interpretazione e musicalità. Riusciva ad armonizzare a modo suo anche Bach e Paganini, e lo faceva con quel suo modo unico di improvvisare con la voce. Da brividi.
Che cosa ne pensa della trap?
Non c’è niente di bello e nemmeno di innovativo. Dietro non ci sono conoscenze musicali. Volendo fare un parallelo, è un po’ come se dopo aver visto una serie tv che si svolge in ospedale, uno avesse la presunzione di essere medico.