Il coronavirus colpisce di rado e in modo lieve cani e gatti, che noi possiamo contagiare mentre il contrario sembra essere escluso. Ma ci sono anche animali pericolosamente infettivi e altri che dovrebbero essere protetti. Un’azienda italiana di biotech sta iniziando a sperimentare un’immunizzazione che vale per tutti.
Gli ultimi ad aver fatto notizia sono stati alcuni gorilla dello zoo di San Diego, positivi al Sars-CoV-2 dopo aver contratto il virus da un inserviente: è il primo caso in primati non umani. Il Covid viaggia nel mondo animale, si sa. È passato da un pipistrello a una specie ignota e all’uomo, da cui si è trasmesso ad altri animali per continuare la corsa tra specie, evolvendosi e talvolta mutando qua e là.
Sono accertati casi in tigri, leoni, puma, leopardi, furetti. Dei visoni infettati e abbattuti in massa si è molto parlato e ormai negli zoo si tengono monitorati gli «ospiti» più disparati: dai delfini ai cammelli, dagli asini agli armadilli, ai suricati. La stragrande maggioranza dei test compiuti su animali ha però riguardato quelli a noi più vicini: cani e soprattutto gatti, che possono ammalarsi contagiati dagli esseri umani in famiglia o da altri gatti, ma che stante a quanto rilevato finora non sarebbero in grado di ritrasmetterci il virus.
Sono proprio i felini di casa nostra, a offrire un grande contributo alla scienza in questi giorni. A inizio febbraio iniziano i test clinici sui gatti per un vaccino certo dedicato a loro, ma da estendere all’intero mondo animale. A portarlo avanti è un’azienda italiana, la EvviVax di Castel Romano (Roma), spin off della Takis, società biotech che a sua volta sta lavorando a un antidoto contro il Sars-CoV-2 per gli umani (plausibilmente disponibile a inizio 2022). Gli studi, sviluppati negli Stati Uniti grazie alla collaborazione con Applied NewSciences (nota per i nuovi test che identificano le varianti del Covid sugli umani), dureranno circa sei mesi.
«L’obiettivo dei test» spiega a Panorama l’amministratore delegato e direttore scientifico di entrambe le aziende, Luigi Aurisicchio, «è dimostrare come il vaccino possa indurre una risposta immunitaria nei gatti sia per proteggerli sia per eliminare un potenziale “serbatoio” del virus. Anche se va detto che difficilmente si ammalano e ancor meno sviluppano sintomi, leggeri e risolvibili senza bisogno di cure drastiche».
Ma il vaccino, sul mercato forse già entro la fine del 2021 a un prezzo che Aurisicchio prevede accessibile («Potrebbe non costare più di 10-20 euro»), promette di abbattere ogni rischio insieme a ogni dubbio. Soprattutto, fa immaginare un uso esteso su altri animali. «Lo testiamo su di loro ma sarà applicabile a qualsiasi specie, anche ai gorilla o ai visoni, che tanto scompiglio hanno creato».
Dopo lo scoppio di un’epidemia negli allevamenti intensivi danesi, 17 milioni di capi sono stati abbattuti. L’uomo ha trasmesso il virus ai visoni, che stretti nelle loro gabbie hanno funzionato da moltiplicatore. Quando l’hanno riattaccato all’uomo c’era stata una mutazione. «Mutazioni non perfettamente coperte dai vaccini somministrati in questo momento» dice Nicola Decaro, ordinario di Malattie infettive degli animali all’Università degli Studi di Bari. È stato lui a coordinare i ricercatori in uno studio epidemiologico su Sars-CoV-2 e animali domestici, pubblicato dalla rivista Nature Communications, che ha rilevato quanto sporadica sia l’infezione di cani e gatti e quanto le bestiole non presentino, al momento, alcun rischio di contagio per la nostra specie. «Per questo» dice Decaro «sono scettico sull’utilità di un vaccino sui gatti mentre sono favorevole a una somministrazione negli animali in via di estinzione, negli zoo e nei visoni, così pericolosi per l’uomo».
Pericolosi ma molto redditizi: il loro mercato mondiale è stimato in 40 miliardi di dollari. Non è un caso che il vaccino sia rincorso da più aziende. Oltre a Evvivax punta a visoni e animali domestici anche il gigante statunitense Zoetis, e in Russia il Centro federale per la salute degli animali sta attivando l’autorizzazione a un vaccino destinato a conigli e altri animali, visoni inclusi, ovviamente. Business e bene dell’umanità a volte coincidono.
