Roma: effetto Giubileo, degrado organizzato
Clandestini, barboni, schegge impazzite... Il Comune di Roma affronta l’Anno Santo aprendo quattro «hub» per l’accoglienza in zone che erano già in condizioni critiche. Dove adesso si concentra il peggio.
Un uomo in bicicletta accosta davanti a un cassonetto e inizia a rovistarci dentro senza neanche smontare dal sellino. «Guardalo bene» ci dice rassegnata una signora «prenderà rottami e cianfrusaglie che venderà nel mercatino abusivo che allestiscono qui davanti la domenica mattina. Ora ci mancava pure la “tendopoli” del Comune. Ma chi vorrebbe vivere così?».
È una scena talmente surreale che sembra uscita da un film in bianco e nero. Eppure nei pressi della stazione Ostiense di Roma è diventata qualcosa di molto vicino a una consuetudine. Da anni i cittadini della zona lottano contro un degrado crescente. Solo che adesso temono di aver raggiunto il punto di non ritorno. Per la durata del Giubileo, infatti, l’Amministrazione comunale ha deciso di aprire quattro «hub» di accoglienza per i senza dimora. Uno si trova nella zona del Vaticano. Gli altri tre intorno alle grandi stazioni cittadine: Termini, Tiburtina e, appunto, Ostiense. È una decisione che ha sconcertato gli abitanti delle aree interessate. Non tanto per il costo (oltre quattro milioni di euro totali) di quella che sembra essere solo una toppa momentanea. Ma soprattutto perché innesta problemi nuovi su criticità già gravi.
«Abbiamo fatto così tanti esposti che non sappiamo neanche più a chi rivolgerci» spiega Stefania, una donna che abita proprio in uno dei palazzi che si affacciano su piazzale dei Partigiani a Ostiense. Per mesi accanto al portone dello stabile era stato «parcheggiato» un divano. «I senzatetto ci si mettevano a fare i riposini» racconta allibita. La cosa che più la disturba, però, è un’altra. «Il parcheggio sotterraneo è abbandonato da tempo» spiega indicando una rampa che sprofonda nel cemento «vengono a farci i bisogni i barboni, così d’estate non si riesce a respirare. In più succede di tutto, dallo spaccio alla prostituzione».
Anche per questo l’idea di ospitare una tendopoli «ufficiale» non piace quasi a nessuno. «Molti senza tetto già dormono lì, sotto il portico della stazione» spiega Maria, un’altra residente «e la sera la Caritas distribuisce loro i pasti. Il problema è che nessuno pulisce. Così gli avanzi e i cibi non graditi finiscono sulla strada. Siamo ostaggi dei topi e dei gabbiani». Ecco che la tensostruttura del Comune viene vista come un ulteriore problema. «È solo un tentativo di nascondere la polvere sotto il tappeto» lamenta una signora che trascina due buste della spesa. «Con tutto quello che già dobbiamo sopportare non si poteva scegliere una destinazione diversa per simili strutture? Questa non è mica accoglienza».
È un concetto che in tanti hanno ripetuto con forza. Soprattutto a San Lorenzo, il quartiere popolare con la tensostruttura che in un primo momento doveva essere dislocata a piazza dei Cinquecento, proprio davanti alla stazione Termini. Per settimane il Comitato di quartiere ha provato, protestando, a scongiurare uno scenario destinato «solo ad aggravare una situazione già insostenibile». Ma alla fine si è dovuto arrendere. Prima di Natale è stata inaugurata una struttura «ridotta», pronta a ospitare una trentina di senzatetto. Si tratta di un numero esiguo in assoluto, ma che ha un importante valore relativo.
Chi abita nel quartiere parla di una realtà ormai «congestionata», con la Caritas e l’associazione Binario 95 che ogni notte già ospitano altri 200 clochard in un territorio grande come un fazzoletto. Fino a pochi giorni fa nella zona c’era anche un vero «campeggio» abusivo. In una ventina di tende vivevano italiani, africani, libanesi, arabi e una manciata di profughi dell’Europa dell’Est. L’insediamento era in piedi da talmente tanto tempo che qualcuno aveva tirato su un albero di Natale improvvisato.
Prima delle recenti Feste molti dei senzatetto che dormivano lì ci avevano confidato che non sarebbero andati a vivere nella struttura del Comune. Per paura di essere controllati. Per sfiducia verso le istituzioni. L’insediamento abusivo è stato sgomberato proprio a ridosso dell’inaugurazione della struttura «ufficiale». Un successo effimero, visto che giusto qualche giorno dopo sono ricomparse le prime «canadesi».
È una storia che a San Lorenzo conoscono bene. Come nel gioco dei quattro cantoni, gli accampamenti irregolari si sono solo spostati: da viale Pretoriano a via di Santa Bibiana a piazzale Sisto V. Altri insediamenti, come quelli sotto i cavalcavia della Circonvallazione Tiburtina o della Circonvallazione Salaria, sono spariti solo per il tempo necessario a consentire qualche lavoro per il pubblico decoro.
I residenti non ne possono più. I gestori delle attività commerciali sono esasperati. Raccontano di uno stato di tensione permanente sempre sul punto di deflagrare, di una quotidianità fatta di minacce, risse tra immigrati, furti, bottigliate, mercatini improvvisati, cloache a cielo aperto.
«La scelta di mettere qui anche la tensostruttura del Comune è sbagliata» dice Lorenzo, uno dei commercianti che ha un’attività vicina alla nuova realizzazione . «Nessuno può costringere queste persone a stare tutto il tempo chiuse lì dentro, quindi durante il giorno usciranno e sappiamo cosa faranno. E già ora vengono spesso a chiederci i filmati delle telecamere per provare a capire che cosa è successo nel quartiere». Lui stesso ha trovato il finestrino della sua auto frantumato con il vaso di una pianta: cercavano di qualcosa da rubare.
È andata peggio a Christian che lavora appena qualche metro più in là. «Un egiziano ha iniziato a darci fastidio» racconta. «Entrava tutti i giorni sbraitando e minacciando. Poi una volta ha preso la mano di Veronica, la ragazza che lavora con me, e gliel’ha stretta e torta fino a fargliela diventare tutta nera». I racconti sono tanti e diversi l’uno dall’altro, ma uniti dal filo spesso della paura.
«Alla sera c’è da stare attenti» ammette Sabrina. «Quando si ubriacano, i senzatetto entrano nel mio locale e pretendono di avere qualcosa senza pagarlo. Se mi rifiuto insultano e minacciano».
Per qualcuno il senso di timore diffuso si trasforma anche in un danno economico. «La gente smette di venire a mangiare da me» racconta Carla, una ristoratrice. «Temono per le loro auto in sosta o sono stanchi di pagare gli abusivi che “taglieggiano” chi deve parcheggiare».
La scelta di aprire le tensostrutture del Comune nelle principali stazioni ha una sua logica: aiutare quelle centinaia di persone che di notte dormono sotto i portici degli snodi ferroviari. Ma come si è visto rischia di stressare zone già in grande difficoltà. Nell’ultimo anno Roma ha visto crescere in modo consistente i furti (arrivati a quota 3.465 casi ogni 100 mila abitanti) e le rapine (+700 casi ogni 100 mila abitanti rispetto al 2023), fino a diventare la seconda città italiana per indice di criminalità dopo Milano. E gli snodi ferroviari giocano un ruolo importante. Solo nel 2023 il bottino delle gang di borseggiatori presenti a Termini sarebbe stato di 300 mila euro al mese. Ossia 3,5 milioni l’anno, considerando solo le denunce ufficiali.
La città in cerca della sua grandeur è così frammentata in una miriade di nuovi piccoli ghetti. Nei primi sei mesi del 2024, infatti, sono state censite ben 350 fra baraccopoli e tendopoli. Significa che negli ultimi sei anni il numero di questi insediamenti è aumentato di oltre cento unità. E la mappa di queste sacche di emarginazione è piuttosto sorprendente. Alla data del censimento, infatti, il 39 per cento degli accampamenti non si trovava nelle periferie più lontane, ma in pieno centro storico, nel Municipio I. Solo nel quartiere Prati sono stati contati 12 accampamenti, mentre le tende sotto il ponte all’altezza del carcere di Regina Coeli sono presenti da almeno sette anni. In tutto questo, alla fine del 2022, l’Istat ha contato nella capitale oltre 22 mila persone «senza tetto e senza fissa dimora». Invece per il Comune, in giugno, c’erano appena 2.204 homeless. Un decimo...
Forse si deve ancora mettere a fuoco il problema, e il Giubileo poteva essere un’occasione. Ma, come ha sintetizzato una delle intervistate, si è solo cercato di spostare la polvere sotto il tappeto.