Ottant’anni fa gli inglesi catturarono il sottomarino tedesco che aveva a bordo l’avanzatissino dispositivo per cifrare i messaggi. Così il conflitto mondiale ebbe una svolta decisiva.
Per vincere la guerra – il Secondo conflitto mondiale – il contributo dei servizi segreti risultò indispensabile. Insieme alla forza militare da schierare sul campo, occorreva procurarsi i piani strategici del nemico in modo che, prevedendone le mosse, fosse possibile opporre un piano bellico efficace.
L’8 maggio 1941 è la data che segnò la vittoria dell’«intelligence» dell’Ammiragliato britannico (e quindi degli alleati) sui rivali tedeschi. Quel giorno, venne catturato il sommergibile U-Boot indicato con la sigla 110, all’interno del quale fu trovato l’apparecchio che crittografava i messaggi rendendoli indecifrabili. Con tale strumento, da quel momento in avanti, ogni comunicazione della Germania risultò del tutto comprensibile, mettendo a nudo ogni ordine dei comandi nemici e consentendo di anticiparne qualunque iniziativa.
Storia lunga che iniziò nel 1923 quando l’ingegnere berlinese Arthur Scherbius costruì una sorta di macchina per scrivere corredata da dispositivi in grado di trasformare i messaggi in codici segreti. Adesso, con la tecnologia a disposizione, quel congegno sarebbe considerato abbastanza rozzo ma, allora, apparve del tutto originale.
L’inventore credeva di proporlo al mondo economico come strumento capace di difendere le opere d’ingegno industriali. In quegli anni, immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale, la vera concorrenza in Europa consisteva nella conquista dei mercati con prodotti più moderni. Anticipare gli antagonisti commerciali – anche rubando loro i prototipi – poteva trasformarsi in profitto. A comprendere che quello strumento tornava utile soprattutto ai servizi segreti furono i militari.
La macchina fu acquistata dagli Stati maggiori di Polonia, Giappone, Stati Uniti e, soprattutto, Germania che rielaborò il progetto aumentandone l’efficacia in modo esponenziale. Se Scherbius aveva immaginato che le frasi «in chiaro» venissero «mescolate» dall’azione di due dischi, i tedeschi arricchirono il congegno moltiplicandolo per cinque, con il risultato di renderlo del tutto impermeabile. I meccanismi erano in grado di elaborare i messaggi per 150 trilioni di combinazione diverse.
Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, una dozzina d’anni dopo, quella macchina si rivelò risolutiva, in particolare per i reparti di marina. L’ammiraglio Karl Dönitz, come se si fosse trattato di un’arma in più, lo utilizzò per il conflitto sul mare, dotandone soprattutto i sommergibili. Adesso di quel tipo d’imbarcazione si parla raramente: il Kursk russo che affondò con 118 membri d’equipaggio vent’anni fa o più recentemente il Kri Nanggola indonesiano, inabissatosi con 53 marinai nelle scorse settimane.
Nel corso della guerra del ’39-’45, erano gli «invisibili» che attaccavano all’improvviso lasciando pochi spazi alla difesa. I tedeschi, ricevendo il messaggio segreto sulle rotte percorse dagli inglesi, erano in grado d’intercettare i convogli – ignari – e li siluravano provocando danni giganteschi.
Gli alleati si resero conto che per ottenere risultati positivi sui campi di battaglia era necessario – prima – violare quei codici di segretezza. Per recuperare lo svantaggio, la controffensiva dell’intelligence si orientò in due direzioni: con gli scienziati e con gli incursori. Il progetto di sconfiggere l’informatica con l’informatica fu affidato ad Alan Turing geniale matematico britannico che, a dispetto di un carattere involuto, si era rivelato brillante nello studio a Cambridge. Con un’equipe di professori universitari riuscì a elaborare e costruire un dispositivo che, attraverso un intersecarsi di algoritmi, era in grado di processare i dati «mescolati» di Enigma.
Era il prototipo dei moderni computer che, a differenza di quelli attuali super compressi, occupava lo spazio di un intero palazzo. Non a caso lo indicarono con il nome evocativo di «Colossus». Il fatto è che per «leggere» gli ordini tedeschi crittografati occorreva più tempo di quello che impiegavano i sommergibili di Berlino per attaccare. Spesso il messaggio diventava comprensibile quando non era più utile.
La seconda linea d’intervento fu affidata ai «commando» d’assalto. Il primo tentativo – abbastanza velleitario – si fermò ancora in fase di progettazione. Si trattava di simulare un incidente aereo sulla costa della Manica. Il finto personale di volo e i finti piloti dovevano essere scelti fra inglesi ma che – per eliminare ogni sospetto – fossero di lingua madre tedesca. Dovevano chiedere aiuto per farsi soccorrere e, in quell’area geografica, non avrebbe potuto che arrivare un sommergibile (con a bordo Enigma).
Fra i rottami di un bombardiere, con gli abiti stracciati e sporchi di sangue, si sarebbero fatti trovare dei soldati i quali, scegliendo il momento più favorevole, avrebbero avuto l’opportunità di cogliere di sorpresa i tedeschi, catturarli e impossessarsi del bottino.
L’operazione – definita in codice Ruthless – si fermò all’intenzione. Troppo complicata la sua gestione e troppo rischiosa. Ci si rese conto che le tante incognite non consentivano speranze congrue di successo.
La seconda opportunità si manifestò il 12 febbraio 1940. I marinai inglesi riuscirono a catturare il sommergibile U-Boot 33 ma i tedeschi, prima di farsi catturare, sabotarono tutto quanto poteva servire al nemico. Enigma, in particolare, fu spaccato in due dal telegrafista che lasciò cadere sulla macchina una mazza di ferro, capace di spappolarne gli ingranaggi. Per trovare soluzione alla questione, fu necessario attendere appunto fino all’8 maggio 1941. Quel giorno 38 navi alleate, cariche di armi e di munizioni, salparono da Dover dirette in Egitto per rifornire le truppe inglesi di materiale bellico.
Non è ancora chiaro se quella spedizione fosse una trappola preparata appositamente per catturare un sommergibile nemico o se il successo fu il risultato – casuale – di una battaglia non prevista. Il convoglio che per lo Stato maggiore era indicato con la sigla DB-318 fu intercettato dal sottomarino tedesco che navigava agli ordini del tenente di vascello Fritz Julius Lemp. Si trattava di un comandante al quale non faceva difetto un coraggio persino eccessivamente spregiudicato.
Avvalendosi del solo aiuto di un altro U-Boot – il 201 del tenente di vascello Adalbert «Adi» Schnee – attaccò il convoglio sganciando i quattro siluri a sua disposizione. Pensava di colpire una nave e avere il tempo di allontanarsi. Invece, le forze inglesi reagirono più rapidamente del previsto, sganciando le bombe di profondità che, per i sommergibili, rappresentavano un pericolo fatale. La nave inglese Bulldog con la Brodway statunitense setacciarono quel tratto di mare rendendo inutili le manovre diversive dei tedeschi. Con lo scafo squarciato e ormai disarmati, furono costretti a emergere.
Gli artiglieri stavano per bombardare i resti dell’U-boot 110 per farlo colare a picco ma il capitano della fregata John Baker Crosswell ordinò il cessate il fuoco e lanciò un commando all’abbordaggio. Otto uomini, guidati dal sottotenente David Balme, immobilizzarono i marinai del sommergibile e fecero irruzione negli uffici. I tedeschi erano stati colti alla sprovvista e non ebbero il tempo di distruggere i documenti compromettenti e le attrezzature di servizio.
«Trovammo il brogliaccio dei segnali e la corrispondenza» segnalò Balme in una compiaciuta relazione al comando. «Recuperammo anche la macchina cifrante che sembrava ancora in funzione. Si tratta di uno strumento in tutto simile a una macchina per scrivere: il telegrafista batte i tasti di un messaggio in chiaro che arriva al quadro dove, automaticamente, viene crittografato».
L’ultimo atto consistette nel nascondere la cattura del sommergibile annunciandone l’affondamento. I prigionieri vennero nascosti in un campo di prigionia fuori mano, lasciando credere che fossero tutti morti annegati. E fra comandi alleati si scambiarono messaggi (in modo che venissero opportunamente intercettati dalle centrali telegrafiche di Berlino) per descrivere una battaglia in mare conclusa con la distruzione del sommergibile. Da quel momento Enigma cambiò fronte e finì per favorire i piani degli anglo-americani.