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Pasticcerie storiche, la loro nuova vita, di padre… in fondo

Pasticcerie storiche, la loro nuova vita, di padre… in fondo

Sant Ambroeus, Marchesi, Cova, Taveggia, Cucchi. Le loro insegne centenarie, a Milano, sono una leggenda. Per eleganza, stile e qualità. Le famiglie che le hanno fondate e cresciute ora le hanno cedute a marchi del lusso e investitori illuminati che stanno continuando la tradizione, esportandola con successo in tutto il mondo.


La parola d’ordine è «riposizionamento», vale a dire aggiornare e ripensare locali dalla storia gloriosa che hanno cambiato proprietà, fatto un radicale restyling o sono entrati nel portafoglio di gruppi internazionali. La città dove ciò avviene con maggior frequenza è Milano, metropoli-laboratorio abituata a lavorare in anticipo sulle mode e attenta come poche alle variazioni del mercato, leggi usi e costumi di una clientela selezionata. Abbiamo individuato cinque blasonate pasticcerie – ci renderemo presto conto che la definizione è riduttiva – nel frenetico panorama meneghino: a nostro parere ben rappresentano operazioni di successo. Sono Sant Ambroeus, Marchesi, Cova, Taveggia, Cucchi.

Cominciamo da Sant Ambroeus in corso Matteotti, cuore della city, controllato da SA Hospitality Group, fondato nel 2003 da Gherardo Guarducci con Dimitri Pauli, erede della famiglia che negli anni Settanta rilevò la pasticceria nata nel 1936. Il gruppo è leader nella ristorazione italiana d’eccellenza all’estero e gestisce negli Stati Uniti gli indirizzi Sant Ambroeus (ben 12), brand sbarcato a New York già nel 1982, oltre a una serie di ristoranti d’alta gamma. Tornare alle origini, per Guarducci e il socio, era un obbligo, una sfida da accettare e vincere. Così nel 2022 ecco che il Sant Ambroeus milanese rinasce, elegantissimo, con recupero filologico delle magnifiche sale, nel rispetto del genius loci che pretende riverenza nei confronti della memoria. Un locale storico potenziato nell’offerta: ora, diventato brasserie italiana di lusso, oltre alla pasticceria prevede servizio di cucina dalle 11 e 30 a sera inoltrata, con possibilità di ordinare un pasto completo anche nel pieno del pomeriggio, orario che, se libero dal lavoro, sarebbe semmai quello della pennichella.

Dice Guarducci, pratese di origine, imprenditore globale: «A Milano abbiamo importato, con ottima accoglienza, il nostro lobster roll con l’aragosta e sontuosi hamburger. Gli americani di passaggio si sentono a casa e amano ordinare pure i piatti milanesi. Ovviamente al centro, segno identitario del locale, restano i dolci. Tra i più ordinati il panettone classico e la Principessa, dolce di marzapane e pan di Spagna, tutto rosa, con la panna, da asporto o da consumare sul posto». Risultato del restyling: il Sant Ambroeus è tornato ai fasti di un tempo, vivace e ben frequentato in ogni periodo dell’anno, non soltanto nei canonici momenti clou del design e della moda.

In Galleria Vittorio Emanuele II, ecco le scintillanti vetrine di Pasticceria Marchesi 1824, proprio davanti a Cracco. Panettoni e pandori dalle suggestioni fiabesche decorati a mano, confezioni-regalo in velluto con interni in seta, Sacher custodite in scatole di legno, scrigni di lucente latta, sfere dal cuore ripieno di gianduia: il Natale imminente gonfia le code dei clienti, sempre sostenute. La pasticceria è parte del Gruppo Prada, ha altri indirizzi centrali a Milano oltre che vetrine a Mayfair, Londra. Marchesi, sfondo ideale per selfie meneghino-style, è l’epitome del lusso democratico: turisti altospendenti, reduci con pacchi e pacchetti dalle boutique in Galleria (tra cui Prada), affiancano chi entra solo per curiosare e bere un caffè.

Spostiamoci poco lontano, da Cova, celebre pasticceria aperta dal 1817 in via Montenapoleone, vetrina mondiale di griffe cui basta il nome per far sognare. Se i muri di Cova potessero parlare, chissà che romanzi nascerebbero: le cospirazioni di chi preparò i moti risorgimentali; le chiacchiere di nomi dell’arte, della cultura, dello spettacolo, della musica (una lista infinita, da Puccini a Verdi, da Balla a Inganni, dalla Callas a Pavarotti, da Toscanini a Strehler); i caffè e gli sguardi tra innamorati; gli affari decisi davanti a una cioccolata calda. Cova, che vanta un panettone conosciuto nel mondo (anche king size, da 10 chilogrammi), è presente a Montecarlo, Dubai, Hong Kong, Shanghai, Tokyo. Un’espansione dovuta al gruppo che dal 2013 la controlla: Lvmh, potenza del lusso, con in portafoglio brand quali Louis Vuitton, Moët Hennessy, Tiffany, Christian Dior, Fendi, Givenchy, Bulgari, Kenzo. Anche da Cova, oltre che i dolci – rinomatissimi i gianduiotti e le praline – vengono serviti piatti della tradizione milanese e mediterranea, accompagnati dai vini di una delle cantine più rifornite di etichette d’alto lignaggio, a partire dagli champagne.

Altro indirizzo perfetto per i riti meneghini è Taveggia, in via Visconti di Modrone, non lontano dal piacentiniano Palazzo di Giustizia. La pasticceria è tornata operativa nel maggio del 2022, dopo una chiusura di qualche anno, grazie alla società di Alessio e Antonella Conti con Paolo Maino, imprenditori che hanno aperto le pasticcerie Gamberini di Bologna e Firenze. Anche per Taveggia, che ha inserito Gamberini nell’insegna, linea-guida è il rispetto del passato, si tratti degli storici lampadari o del budino di riso, dolce richiestissimo, sorta di madeleine proustiana per chi lo ha sempre trovato in queste sale. Novità al piano inferiore, con il verde verticale, e nelle proposte di cucina, potenziate con focus sulla milanesità. Concludiamo il nostro giro goloso in Corso Genova, da Cucchi, pasticceria anch’essa del 1936 come Sant Ambroeus, appena venduta da Laura e Vittoria, nipoti del fondatore Luigi e figlie del mitico Cesare, alla famiglia Monti. Non un salto nel buio: Marco Monti, la moglie Tiziana Bulleri e le figlie Elena e Giulia erano proprietari dei ristoranti Giacomo, fondati dal padre di Tiziana, ora acquisiti da una società del Gruppo Rovati.

È presto per scoprire come cambierà Cucchi, ma certo non verrà tradito lo spirito originario, di caffetteria e pasticceria situata in un angolo strategico della città. Resterà il Cucchi, aperitivo nato nel Dopoguerra a base di Biancosarti? Bisognerebbe chiederlo alle pasticcere di scuola classica ora proprietarie, Elena e Giulia Monti, che stanno allestendo le novità con le quali convincere il mercato. Una cosa è sicura: anche qui la cucina da ristorante completerà la pasticceria. Chi conosce la tenacia imprenditoriale dei Monti scommette che questo Cucchi sarà il primo di una fortunata serie.

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