Dai trucchi visivi e percettivi dei prestigiatori, oggi i neurologi e i ricercatori riescono a capire sempre meglio come funziona
il cervello, quali sono i suoi inciampi mentali e perché siamo programmati a prendere il falso per vero. Ed entrando nei laboratori, i «maghi» ci aiutano anche a smascherare le autentiche truffe.
Un fazzoletto bianco che palpita, prende vita e diventa una colomba appartiene al regno dell’impossibile. Eppure noi tratteniamo il fiato e applaudiamo. E in quel fragile istante, in cui la consapevolezza dell’inganno è in equilibrio perfetto con l’ammirazione per essere stati «raggirati», è racchiuso il senso della magia. Per tutto il tempo dello spettacolo, fra oggetti che levitano, corpi segati in due, persone che spariscono, sappiamo che sono trucchi. E per tutto il tempo, ce lo dimentichiamo.
Ragione e illusione. Non c’è contrasto, bensì alleanza. La nostra mente è predisposta non solo a investigare, ma anche a cadere in tranelli visivi e percettivi, come racconta il saggio scritto, non a caso, da un chimico, Silvano Fuso, e da un illusionista, Alex Rusconi: Quando la scienza dà spettacolo, appena pubblicato da Carocci editore. Il sottotitolo, Breve storia (scientifica) dell’illusionismo, illumina il senso di queste godibilissime 234 pagine: raccontare come due discipline, così apparentemente lontane tra loro, abbiano invece rapporti assai stretti.
Per ingannare la mente senza farsi scoprire bisogna sapere come funziona, e in questo gli illusionisti sono maestri. Non solo. Nel loro repertorio usano proprietà della chimica (per effetti speciali), della fisica (nei congegni magici), leggi matematiche (nei giochi di carte), persino principi di biologia («ipnotizzare» una gallina non è così facile…). Negli ultimi anni molti illusionisti sono entrati a far parte del Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze. Mentre le strategie utilizzate nei loro show aiutano i neurologi a indagare come funziona il cervello.
«Di recente alcuni neuroscienziati hanno iniziato a manifestare molto interesse per le performance illusionistiche» scrivono i due autori «proprio perché possono contribuire a capire alcune caratteristiche della mente umana». Il connubio fra «magia» e scienza non avvenne subito, certo. A servirsi dei primi trucchi furono i sacerdoti di antiche religioni, per esibire poteri semi-divini. Già nel I secolo dopo Cristo, per dire, c’erano statue che sanguivano, o porte di templi che si aprivano da sole.
Passata l’epoca del sovrannaturale, l’illusionismo diventò intrattenimento di salotti ottocenteschi e lì, tra le mani di abili illusionisti, come il francese Robert-Houdin, la commistione di trucchi ed esperimenti scientifici raggiunse il massimo livello. Il trucco più incredibile di Houdin (nel 1846) era quello in cui, davanti a una platea attonita di 200 persone, faceva levitare il figlioletto: lui la chiamava levitazione o sospensione «eterea» perché, diceva, avveniva grazie all’etere, la sostanza appena scoperta come anestetico per gli interventi chirurgici.
In realtà, nella levitazione del piccolo Emile l’etere non c’entrava nulla, il suo librarsi in aria era dovuto a un altro stratagemma (ma non illudetevi, nel libro nessun trucco viene svelato). Forse lo stesso utilizzato dai fachiri di strada che vediamo sospesi a due metri di altezza, ossia impalcature invisibili, occultate sotto maniche e vestiti. O forse chissà. Robert-Houdin comunque non imbrogliava: suggeriva una (finta) spiegazione chimica perché, nell’Ottocento, la scienza possedeva il carisma potente di qualcosa che sfida l’umana comprensione.
Oggi l’alleanza scienziati-illusionisti percorre altre strade, e molti prestigiatori offrono il loro aiuto per smascherare truffe e imbrogli. Fuso, il chimico coautore del saggio, a Panorama ricorda «il caso di quei famosi guaritori filippini, negli anni Settanta, che sostenevano di poter fare interventi chirurgici a mani nude, promettendo di guarire malattie gravi: sedicenti guaritori che affondavano le dita nell’addome di pazienti addormentati, estraendo, secondo loro, tessuti patologici. Moltissime persone ci credevano, tra le vittime ci fu anche il celebre attore Peter Sellers, affetto da un problema cardiaco che avrebbe risolto con un by-pass. Invece, andò nelle Filippine a sottoporsi all’”intervento”. Poco tempo dopo morì a causa di un infarto».
I finti guaritori furono smascherati dal mago Silvan (poi entrato nel Cicap), che ne svelò il trucco in televisione: i tessuti patologici «estratti» dall’addome erano fegatelli di pollo; e le «operazioni» non lasciavano cicatrici non grazie a magici poteri bensì perché non veniva aperto proprio nulla. «Intanto, si era creato un business e un turismo terapeutico» prosegue Fuso. «I “guaritori” erano in combutta con agenzie di viaggi che portavano i pazienti nelle Filippine».
Un altro prestigiatore al servizio della scienza fu il grande James Randi, oggi in pensione (ha 92 anni) che inchiodò il presunto sensitivo Uri Geller ai suoi finti trucchi: piegare chiavi e cucchiaini e portare avanti le lancette degli orologi con la forza del pensiero. Randi dimostrò, centinaia di volte, che riusciva a fare altrettanto con un repertorio da illusionista.
Dimostrare le interazioni fra scienza e magia da palcoscenico era anche l’idea di Breaking Magic, programma televisivo inglese del 2011 dove quattro giovani illusionisti svelavano il dietro le quinte di alcuni trucchi. E le spiegazioni (superdoti mnemoniche grazie agli ultrasuoni, finti vampiri dissolti nell’acqua santa, in realtà manichini di polistirolo espando immersi nell’acetone, divinazione del pensiero con l’aiuto di informazioni scritte su vetri polarizzati) risultavano più avvincenti degli stessi stratagemmi.
Ma cosa ci rende così permeabili al pensiero fallace? Tutti creduloni? «Il nostro cervello ci porta a prendere spesso solenni cantonate perché si è evoluto per farci sopravvivere, non per produrre scienza e conoscenza» spiega Fuso. «La risposta istintiva del cervello funziona benissimo alla vista di un predatore: i nostri antenati mettevano in atto la fuga e non morivano. Quando però si parla di conoscenza le cose si complicano. Le risposte spontanee suggerite dalla mente non sempre corrispondono alla realtà dei fatti. L’impressione immediata diventa quella sbagliata. E spesso siamo portati a stabilire rapporti di causa-effetto laddove non ce ne sono». Di fronte a un gioco di prestigio ha la meglio, insomma, la parte di noi che crede che sia il Sole a ruotare intorno alla Terra. E anche se sappiamo qual è la realtà, continuano a dire che la nostra stella sorge e tramonta.
L’illusionismo sfrutta le nostre defaillance mentali. Ed è proprio questa conoscenza empirica dei processi cognitivi ad averlo fatto entrare nei laboratori, dove solo di recente i neuroscienziati hanno scoperto le stesse cose. Grazie agli show dei «maghi», per esempio, gli scienziati sanno che prestiamo molta più attenzione ai movimenti curvilei (quelli che avvengono lungo una linea curva) che a quelli rettilinei, caratteristica assai sfruttata dagli illusionisti; che stentiamo a notare piccoli mutamenti in una scena (cecità al cambiamento); che in certe circostanze tralasciamo particolari che pure avvengono nel nostro campo visivo.
O, ancora, che la capacità «paranormale» di leggere il pensiero altrui è una tecnica di cold reading (lettura a freddo) ottenuta osservando comportamenti, atteggiamenti, vestiti, sguardi. Tutti linguaggi non verbali che trasmettono informazioni. «È una delle forme di illusionismo che ritengo più affascinanti» dice Fuso. «I mentalisti riescono a fare cose che lasciano a bocca aperta. Ci vuole un altissimo grado di professionalità. Chi inventa certi trucchi dimostra genialità».
Oggi, gran parte del «genio» e della meraviglia che accompagna le nostre giornate viene dagli oggetti che teniamo tra le mani: smartphone e tablet capaci di incantesimi tecnologici che, ogni anno, spostano più avanti il confine del possibile. Manca la magia? Ma no. La sfera di cristallo di una volta, capace di sapere e vedere tutto, è ancora lì, ha solo cambiato forma. L’illusionismo è entrato anche nei microchip. Più scienza di così.