Con ordinanza del 14 luglio 2020, la Cassazione ha stabilito spetti ai nonni provvedere a pagare il mantenimento dei nipoti se il loro figlio, su cui grava tale obbligo, non può o non vuole farlo.
In altri termini, quando c’è di mezzo un bambino il cui padre (o madre) naturale si dà ‘alla macchia’ e smette di pagare il mantenimento, l’obbligazione che competerebbe al genitore salta una generazione e ricade sui nonni.
Sia chiaro: si tratta di un principio per nulla innovativo e già previsto nel Codice civile sottoforma di obbligo cosiddetto ‘sussidiario’, rimasto però quasi sempre lettera morta all’atto pratico, dacché schiere di madri (quasi sempre loro) avevano tentato con scarso successo questa strada impervia per imporre ai suoceri di versare quanto omesso dal marito/compagno.
Ma allora dove sta la novità?
In un certo senso c’è perché i giudici di merito, e persino la Cassazione stessa (c’è un precedente nel 2018), avevano storicamente aderito ad un’interpretazione restrittiva e di salvaguardia degli ascendenti – i nonni – imponendo alla parte che chiedeva l’intervento di questi ultimi prove rigorosissime sul fatto di non essere in grado, da sola, di provvedere in luogo del genitore ‘uccel di bosco’ che si era sottratto all’obbligo.
Da ciò che emerge nei commenti a questa nuova ordinanza non sembrerebbe neppure che la Suprema Corte abbia cambiato indirizzo (i nonni paterni rispondono solo perché la ricorrente aveva dimostrato di non avere chance di offrire più di quanto stesse già facendo) ma voglio illudermi che qualcosa sia cambiato e che si sia inaugurato un atteggiamento diverso, più orientato al best interest del minore che, nella diatriba su chi debba versargli gli alimenti, per troppi anni ha finito per rimanere con il cerino in mano e la pancia conseguentemente vuota.
Mi rendo conto come il principio in questione sia divisivo e fautore di una diatriba generazionale che induce ad interrogarsi se sia giusto, o meno, che le colpe dei figli ricadano sui padri, una sorta di maledizione edipica invertita giustificata da un mero rapporto di sangue.
Ma a prescindere da questi dibattiti di mera teoria, sta di fatto che un bambino non chiede di essere messo al mondo e qualcuno lo dovrà pure mantenere: se già vive la somma sfortuna di non avere genitori che si sacrificano per lui, non è troppo chiedere che, nei limiti delle loro possibilità, lo facciano i nonni?
Nella sacra Bibbia – in particolare nel libro dell’Esodo – in occasione della consegna dei dieci comandamenti a Mosè, Dio sentenziò: “Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio geloso che punisce la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua bontà fino a mille generazioni, per quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti” (Es 20,5-6).
Le colpe dei padri, insomma, ricadono sui figli.
E se fosse l’opposto?