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Grignani: «Papà ascoltami a Sanremo»

Grignani: «Papà ascoltami a Sanremo»

Il cantautore più tormentato torna sul palco del Festival con un brano molto crudo dedicato a suo padre, con cui ha chiuso i rapporti da anni. A Panorama rivela come è nato il testo: «Un giorno mi ha telefonato e mi ha chiesto: “Verrai al mio funerale?”. Gli risponderò cantando all’Ariston».


A volte le canzoni servono a chi le scrive per fare i conti con sé stesso e la propria storia, le proprie origini. Tre, quattro minuti di musica e parole che lasciano segni indelebili. In chi canta, e poi in chi le ascolta. Succede di rado in questi tempi di musica fatta per raccattare clic sui social, ma ancora succede, per fortuna. Anche a Sanremo, dove Gianluca Grignani è in gara con Quando ti manca il fiato, ballata a tinte blues che arriva dritta allo stomaco senza giri di parole, figlia di una telefonata ricevuta dal padre dopo lunghi anni di silenzio e assenza di qualsiasi comunicazione. Con una domanda da papà a figlio, pesante come piombo: Gianluca tu verrai al mio funerale? «Non vedo mio padre da una decina d’anni, forse di più, in ogni caso da tempo immemorabile. Vive in Ungheria. Quella telefonata è arrivata all’improvviso mentre ero in montagna…» racconta.

«Mettere mano a questa canzone è stato come riaprire tagli e ferite antiche. Ho bisogno di questo pezzo, ma al tempo stesso faccio fatica anche solo a interpretarlo o a riascoltarlo. Persino in sala di registrazione l’ho cantato solo una volta. Buona la prima… Chi era in studio con me ha pianto. Ma ripeto, avevo bisogno di questa canzone» sottolinea prima di riallacciare il flusso dei ricordi. «Da bambino una volta chiesi a papà se era vero che tutti prima o poi dobbiamo morire. Me lo confermò e per me fu una doccia gelata. Poi accantonai quel pensiero e dissi a me stesso che ci avrei ripensato a cinquant’anni. L’età che ho adesso… Prima o poi arriva il momento di fare i conti».

Negli anni Novanta Grignani ha avuto un inizio di carriera fulminante, con due brani diventati classici della musica italiana: La mia storia tra le dita e Destinazione Paradiso (in gara a Sanremo nel 1995 nella sezione Nuove proposte), hit che hanno sbancato le classifiche, anche in Sudamerica. Era, o forse sembrava, tutto perfetto: un bel ragazzo che canta melodie memorabili, che conquista le ragazzine ma anche gli adulti perché i testi non sono leggeri e nemmeno vacui come quelli del pop adolescenziale. Pareva il film già scritto di una storia di successo in discesa e senza scossoni. Ma non è andata così. Tra alti, bassi, cadute, risalite e momenti autodistruttivi: «Quando mi capita di riguardare i video di quel Sanremo non mi riconosco, mi sembra di vedere un altro Gianluca, molto diverso da come sono oggi. La discografia mi ha deluso appena sono sceso dal palco dopo la mia prima esibizione all’Ariston. Avevo grandi aspettative rispetto al mondo della musica, ma ho capito subito che era quasi tutto finto».

La reazione immediata a quella frustrazione fu un disco scioccante, rock, ruvido, fatto di chitarre distorte e provocazioni. «Io vengo dalla fabbrica di plastica. Dove mi hanno ben confezionato, ma non sono esattamente uscito un prodotto ben plastificato» cantava Grignani nel brano che dava il titolo all’album, La fabbrica di plastica. Qualcosa di lontano anni luce dalla comfort zone dei primi successi, un azzardo, ma anche un atto di coraggio inconsueto in un contesto dove «l’artista che funziona» non si scosta di una virgola dalla formula che gli ha regalato fama e soldi.

«Il denaro non mai stato è il mio primo obiettivo. Diciamo che il music business ha provato a nascondermi, a mettermi in un angolo, ma non ci è riuscito. Sono ancora qui e persino oggi quel disco e quella scelta ricevono così tanti apprezzamenti da farmi pensare che alla fine ho avuto ragione io» spiega a poche ore dalle prove all’Ariston in vista del Festival della canzone italiana.

«Il pezzo che porto al Festival richiede di alzare l’asticella, ci vuole un’interpretazione all’altezza del brano. Se emozionerà chi l’ascolta, sarà una grandissima vittoria. Non mi interessa altro» sottolinea. «Al posto di Quando ti manca il fiato avrei potuto puntare su un titolo come Ciao papà, ma sarebbe stata una scelta troppo ingenua e rassicurante rispetto al significato del pezzo. Mio padre non meritava noiose divagazioni sentimentali, meritava il massimo impegno delle mie capacità umane e artistiche dopo che mi aveva fatto al telefono quella domanda: “Verrai al mio funerale?”» aggiunge tutto d’un fiato Grignani. «In queste strofe gli dico quello che penso: nessuno mi ha insegnato che cosa sia giusto o sbagliato, quindi come potrei io ora giudicarlo? Quindi, grazie papà, perché attraverso di te imparo e non condanno. E in fondo ti perdono, perché perdonando te perdono anche me che sono un figlio, ma anche un padre (lui di figli ne ha quattro, ndr)». n

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