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Quando la vacanza fa rima con cultura

Quando la vacanza fa rima con cultura

I tesori artistici e faunistici dell’Isola Bisentina, l’eccentrica libreria tra Appennini e Apuane e il museo a cielo aperto nei boschi di Bomarzo. Guida alle mete per staccare dallo stress della città, senza però staccare il cervello.


Epoche fa andavano di moda le vacanze intelligenti, definitivamente seppellite con una risata (amara) grazie al film in cui il fruttarolo romano Remo (Alberto Sordi) e la moglie Augusta (Anna Longhi) vagano spaesati in una mostra d’arte contemporanea. Lei, con i piedi in fiamme, si siede un attimo per riposarsi e viene scambiata per una scultura da nugoli di visitatori ammirati. Era il 1978, il film si chiamava Dove vai in vacanza?.

È cambiato tutto, da allora. Basti dire che governava Giulio Andreotti, per la quarta volta, e Silvio Berlusconi sarebbe sceso in politica soltanto 16 anni più tardi. Tuttavia, se non si può più parlare di vacanze intelligenti, con l’insopportabile snobismo di cui erano impastate, non significa che non si possano scegliere mete non banali, dove scoprire arte e cultura lontano dalle esuberanze di stagione.

Per esempio c’è Oca (Oasy contemporary art), sulle montagne pistoiesi. Luogo remoto, immerso nella natura e dedicato all’arte. Un sogno di Vincenzo Manes e famiglia, industriali del rame, ma non solo. Completa il progetto sociale Dynamo Camp, ispirato all’iniziativa filantropica lanciata da Paul Newman nel 1988 e avviata anche in Italia nel 2003 per ospitare gratuitamente bambini e ragazzi malati e farli partecipare a laboratori didattici e artistici; negli edifici, riportati a nuova vita, che in passato ospitavano l’indotto delle miniere: una realtà fondamentale per queste valli appenniniche, che arrivò a impiegare circa diecimila persone. Oca è l’ultima iniziativa dentro i mille ettari dell’Oasi Dynamo, che comprende un albergo diffuso nei boschi, a 1.200 metri di altitudine: lodge di lusso spartano (non sembri un ossimoro) che soprattutto gli stranieri stanno scoprendo come Toscana più autentica.

Gli spazi espositivi, parte in esterni, parte al chiuso, hanno inaugurato il 5 agosto con la regia di Emanuele Montibeller. Si raggiungono con una rigenerante camminata tra i castagni. Poi, ecco la sorpresa: bandiere multicolori e mai viste che sventolano sotto gli alberi. Sono di nazioni inesistenti, o meglio esistenti se all’utopia dell’artista che le ha inventate, miscelando simboli e gamma cromatica, seguisse un improbabile amalgama geopolitico. L’opera, assimilabile a un intervento di land art, è dello svedese David Svensson.

Poco più distante, in un’ex stalla riattata da sapienti mani d’architetto, si trovano le fotografie di Massimo Vitali, uno dei più importanti autori contemporanei. Sono messe a colloquio alcune delle sue famose fotografie di spiagge e bagnanti d’Europa, realizzate negli anni Novanta, con vedute odierne del territorio montano che ospita la mostra. A volere il comasco Vitali è stata la milanese Giovanna Calvenzi, nota photoeditor ed esperta internazionale di immagine, alla quale è stata affidata per tre anni la direzione artistica delle esposizioni dedicate alla fotografia. Oca ospiterà nomi come gli architetti Michele De Lucchi, Matteo Thun, Stefano Boeri, la poetessa Mariangela Gualtieri, i fotografi Joan Fontcuberta e Thomas Struth e altri artisti, in un programma che si annuncia fitto. Su www.oasycontemporaryart.com tutte le informazioni.

Meta magica, storica e sacra allo stesso tempo, è l’Isola Bisentina, sulle acque del profondo lago di Bolsena, che si estende (è il quinto più grande in Italia) sul fondo di un cratere, nel Viterbese. L’isola, che è stata abitata fin dalla preistoria (oggi ci vivono soltanto i custodi) ed è uno scrigno di biodiversità botaniche, è una destinazione per visite guidate. Appartiene alla famiglia Rovati, illuminati industriali farmaceutici monzesi che gestiscono a Milano la Fondazione in corso Venezia, prestigioso hub artistico-culturale. Sofia Elena Rovati è la direttrice del progetto di apertura dell’isola, partito nel 2022. Proseguono i lavori di restauro dei siti storici, chiese erette dai monaci in ritiro. Si possono già visitare tre delle sette cappelle edificate fra XV e XVI secolo lungo un percorso devozionale.

Non si manchi un momento di riflessione sotto il Grande Vecchio, un leccio di oltre 600 anni protetto dall’opera site specific Il Vello d’Oro, di Federico Gori. L’isola, in territorio etrusco, cela molti misteri. La cultura esoterica ne ha fatto una delle sue capitali. Si dice che sia una porta di Agarthi, il regno sotterraneo del Re del Mondo. A scendere fino alla Malta dei Papi, in fondo al pozzo che porta un lembo di cielo nel luogo di sofferenza che fu un carcere perpetuo citato da Dante nel Paradiso, verrebbe da crederlo. Le visite guidate sono organizzate fino al 5 novembre prossimo (www.isolabisentina.org).

Torniamo in Toscana per altre due destinazioni: la Libreria sopra La Penna a Lucignana (Lucca) e il Giardino dei Tarocchi, in una frazione di Capalbio (Grosseto). Nella libreria con vista sulle Apuane, incredibile azzardo della poetessa Alba Donati, è in corso (fino al 9 settembre) «Little Lucy. Un festival letterario piccolo così» a cura della stessa Donati con Pierpaolo Orlando. Si dice che piccolo è bello, ed è la verità. In questo ritaglio di giardino con cottage, dove i libri spuntano da tutte le parti come il Bianconiglio di Alice, si danno convegno nomi che piccoli non sono: Giovanni Lindo Ferretti, Vivian Lamarque, Giampaolo Simi, Valeria Tron. Il motto è quello di Virginia Woolf: «Penso che il paradiso sia leggere continuamente, senza fine» (libreriasopralapenna.it).

Non troppo distante dalle vette di Alba Donati, quasi a lambire la spiaggia (ex) radical chic di Capalbio, ecco il Giardino dei Tarocchi, museo a cielo aperto voluto dalla pittrice francese Niki de Saint Phalle (scomparsa nel 2002) con il marito scultore, lo svizzero Jean Tinguely (anch’egli scomparso, nel 1991). Il parco risente della fascinazione subìta dalla pittrice dopo la visita alle sculture del catalano Antoni Gaudí, i cui lavori marcano di sogno e d’arte Barcellona. È viaggio iniziatico tra figure archetipali che ci restituiscono il complesso mondo interiore di un’artista pioniera dell’affermazione femminile (ilgiardinodeitarocchi.it).

Ma chi desidera una vera immersione in un mondo di mostri, di maschere gigantesche in pietra e figure mitologiche tra alberi e fontane, non ha che da andare a Bomarzo, nella Tuscia Viterbese, terra che, dalla Città dei Papi (appunto, Viterbo) al circondario di tesori storici e paesaggistici, è tra le più belle d’Italia. Il Sacro Bosco di Bomarzo è una follia rinascimentale, sculture mitologiche e grottesche in tre ettari di verde, con finissimi e labirintici riferimenti a testi di divinazione e religiosi.

Fu il principe Vicino Orsini a immaginarlo, e ne chiese la realizzazione all’architetto Piero Ligorio. Abbandonato per secoli, il parco era frequentato dai pastori, che vi portavano le capre a brucare. Rinacque a metà Novecento, anche grazie a una visita di Salvador Dalí, il quale restò folgorato da tanto surrealismo ante litteram. Bruno Zevi parlava di un «ingranaggio di sensazioni», da vivere tra le sculture in basalto, enormi, dentro le quali ci si può nascondere come in misteriosi alberi cavi. Ci sono sfingi, indovinelli, serpenti, elefanti, iscrizioni, edifici impossibili dove si perde l’equilibrio scossi da una forza oscura.

Un luogo unico: chi lo conosce ci torna. Alla fortuna del parco dei mostri ha contribuito il romanzo dell’argentino Manuel Mujica Lainez: con Bomarzo, best seller mondiale del 1962, ha descritto l’eccentricità del principe Orsini (bomarzo.net). Non saranno vacanze intelligenti, Dio ce ne scampi, ma ci sembra intelligente segnarsi queste mete e, prima o poi, visitarle.

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