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Dicò: «La mia pop art nasce dal fuoco»

Dicò: «La mia pop art nasce dal fuoco»

Realizza i quadri assemblando stampe e materiali di recupero ricoperti da plexiglass che poi fonde con la fiamma. Ecco chi è l’artista romano per cui le star di Hollywood fanno la fila.


Ghandi, Marilyn Monroe, Braccio di Ferro. Volti realizzati accostando fra loro elementi all’apparenza stridenti. Enrico Dicò, le cui opere – dal primo dicembre – saranno esposte a Milano in una galleria temporanea allestita a due passi da Brera, parla di «miracolo della combustione», di una tecnica nata per caso, dal dolore e dallo straniamento di una sera ormai passata. «Ai tempi lavoravo alla realizzazione di insegne luminose, come grafico pubblicitario. Ero in laboratorio, assorto nei miei pensieri. Avevo un accendino in mano, accanto un’insegna luminosa rivestita da una lastra di plexiglas. Accendevo e spegnevo l’accendino, nervosamente. Quando ho rotto questa specie di trance, mi sono accorto di aver squagliato parte del plexiglas» racconta l’artista, che l’America ha ribattezzato The Fire Artist, l’artista del fuoco. «Un rigonfiamento era comparso sull’insegna, le dava un effetto unico. In quella distorsione della materia attraverso il fuoco, ho visto la via per raccontarmi». Così Dicò, artista romano classe 1964, ha cominciato a produrre i suoi volti: icone dell’immaginario neo-pop, ricreati con stampe e materiali di recupero, poi rivestiti da lastre di plexiglass e incendiati. Il successo è stato travolgente. Le opere di Dicò hanno conquistato l’America. Sylvester Stallone, Morgan Freeman, Dustin Hoffman, Lionel Richie, Penélope Cruz, Javier Bardem, Keanu Reeves le hanno volute alle pareti di casa.

Com’è arrivato ad Hollywood?

Grazie al fascino eterno di una città come Roma. Negli anni, ho avuto gallerie in via del Babuino e in via Margutta. Oggi, sono a piazza de’ Ricci. Molte delle star di Hollywood, nei loro soggiorni romani, alloggiavano all’Hotel De Russie in piazza del Popolo, a due passi dalle mie opere. Alcuni di loro, passando davanti alla mia galleria, si sono fermati.

Qual è stato l’acquisto che l’ha resa più orgoglioso?

Non è stato un acquisto, ma una richiesta precisa che mi è pervenuta dall’Hotel Cavalieri di Roma. Morgan Freeman vi avrebbe alloggiato per le riprese di Ben Hur. Per lui, ho realizzato un’opera che lo ritrae in uno degli attimi che più mi ha colpito della sua carriera cinematografica, nel film che gli è valso un Oscar, Million Dollar Baby. Quando gliel’ho consegnata, ero con mia figlia. Freeman mi ha abbracciato e mi ha chiesto da dove venisse quest’arte. Gli ho spiegato come derivasse dalla mia sofferenza. Mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: «Solo il perdono uccide la rabbia». Poi si è girato verso mia figlia e le ha detto: «Stagli vicino, tuo padre è un talento». Parole, queste, che mi sono rimaste scolpite nell’anima.

E poi, cos’è successo?

L’opera di Morgan Freeman ha segnato un prima e un dopo nella mia carriera. Su quest’opera sono usciti articoli in tutto il mondo: di fatto, mi ha aperto le porte di Hollywood. Le star che venivano a Roma smaniavano per conoscere Dicò. Sono venute a trovarmi nella mia galleria, con una curiosità fuori dal normale. Negli anni, alcune sono tornate. È cominciato un passaparola. Da poco, per esempio, è venuto a trovarmi un amico di Sylvester Stallone. Mi ha detto che lui gli parla spesso delle mie opere. Non poteva esimersi dal venirmi a trovare se fosse venuto a Roma.

Nel 2019, anche Papa Francesco ha ricevuto una sua opera.

Era il mio sogno, donare un’opera al Papa, come hanno fatto i più grandi al mondo. I miei amici mi prendevano in giro: «Ci manca solo Papa Francesco con il Dicò in mano». È arrivato invece il giorno in cui il sogno si è avverato. Poco prima, avevo realizzato un’opera che ritraeva Madre Teresa di Calcutta. Una delle persone di fiducia del Papa l’ha vista e si è appassionata alla mia arte. Le ho confidato, allora, la mia grande volontà di omaggiare il Papa. Così ho realizzato il Cristo oggi esposto ai Musei Vaticani.

L’arte, però, è anche moda. Come rimanere attuali, senza cadere nel già visto?

Non esiste una regola. Oggi, a causa dei social che ci fanno fare il giro del mondo senza muoverci, ci stupiamo sempre meno. Un tempo, solamente chi viaggiava conosceva visivamente più mondi. L’area del già visto si è allargata a dismisura e l’originalità artistica ha durata breve: è più facile copiare o ispirarsi. L’arte, però, rimane per me più istinto che ragionamento. Ed è grazie all’istinto che sento che il mio pubblico è in grado di distinguere un Dicò da altro.

L’arte oltre che moda è, spesso, politica. Ha mai ricevuto richieste che si è trovato a declinare?

La politica non è il mio mondo. La politica è fatta di scelte, di strategia. L’arte è sincera. È o non è, non vedo spazio per compromessi. Motivo per cui io declino ogni richiesta di realizzazione di opere d’arte ad hoc in base a un solo parametro: se mi arriva o meno al cuore. Se non riesco a trarre ispirazione dalla richiesta, non c’è politica che tenga. L’arte, purtroppo o per fortuna, non può diventare un processo meccanico.

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