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Gigolò 2.0: «Chiamatemi sex worker»

Gigolò 2.0: «Chiamatemi sex worker»

Una vedova che non ha mai avuto un orgasmo (Emma Thompson) ingaggia un toy boy. Questa la trama della commedia romantica Il piacere è tutto mio. Il protagonista, Daryl McCormack, si confessa con Panorama: «Intimità e sessualità fanno bene, Aiutano a liberarci dai nostri limiti».


Caro vecchio gigolò, addio. Arriva Daryl McCormack, 29 anni, a smontare l’immagine del maschio muscoloso che tramortisce con uno sguardo e dà prova della sua virilità solo fra le lenzuola. Oggi le donne cercano di più, molto di più, in un cosiddetto «sex worker», perché anche quando sono a caccia di buon sesso, in realtà hanno bisogno di qualcuno che le aiuti a liberarsi dalle loro limitazioni. Così fa il personaggio che McCormack incarna nell’arguto Il piacere è tutto mio, dal 10 novembre al cinema. È un nuovo modello di uomo capace di creare empatia, di arrivare a rilassare chiunque, con esperienza nell’arte del sesso ma anche con ampie vedute su molti argomenti. Il film, diretto da Sophie Hyde e presentato all’ultima Berlinale, vede Daryl, di madre irlandese e padre afroamericano, nei panni del coprotagonista Leo Grande. Conosciuto fin qui soprattutto per la serie tv Peaky Blinders della Bbc, nel film recita accanto a una grandiosa Emma Thompson che impersona Nancy Stokes, insegnante in pensione che non ha mai avuto un orgasmo in vita sua. Lui deve aiutarla a recuperare gli anni trascorsi in un’esistenza sicura ma molto noiosa con il marito, ora defunto. I due si incontrano sempre nella stessa stanza d’albergo. Lui è bello, molto più giovane e soprattutto sorprendente: sa conversare tanto quanto sa fornicare, e ha opinioni profonde e interessanti su molte cose.

Cosa le ha regalato interpretare un personaggio così insolito?

Lavorare con Emma Thompson è stato come partecipare tutti i giorni a una masterclass. Mi ha trattato come un suo pari, mi ha ascoltato, mi ha fatto crescere e insegnato a fidarmi di più delle mie capacità.

È stato difficile occuparsi di sesso per lavoro?

La cosa più sorprendente è stata vedere come due persone, chiuse in una stanza, possano davvero migliorarsi reciprocamente la vita attraverso l’intimità, qualcosa a cui abbiamo tutti accesso. Il messaggio, se così vogliamo dire, è che intimità e sessualità possono farci molto bene.

Cosa accade dentro il suo personaggio, a un certo punto?

Credo che abbia davvero sperimentato che il suo lavoro cambia le persone in meglio, e questo lo attira. Per lui è una vocazione ed è appassionatamente convinto di quello che fa.

Ha parlato con veri sex workers, per preparare la sua parte?

Mi hanno raccontato i rischi che corrono, ma la cosa che mi ha colpito di più è l’amore per il loro lavoro.

Come è stato avere accanto una donna matura che si spoglia?

Serve anche questo aspetto per far cadere certe idee di come dovrebbe essere, o sembrare, il sesso, per entrare finalmente in contatto con vere emozioni e vivere quel senso di liberazione. Nancy non aveva mai avuto occasione di esplorare sé stessa, tanto meno lo ha fatto a livello sessuale. Ingaggiare un sex worker è una decisione coraggiosissima. In termini di intimità, la regista ha creato uno spazio molto bello in cui io ed Emma potevamo discutere di quello che volevamo fare o meno.

Qual è la differenza fra Leo Grande e un gigolò?

Trovo che sex worker sia un’espressione sana, giusta. Parole come prostituta o gigolò sono limitanti, definiscono nel modo sbagliato il lavoro sessuale, che è qualcosa di più vasto. Sullo schermo non era mai stato mostrato in cosa consiste veramente, abbiamo cercato di distinguerci da immagini vecchie, e soprattutto dalla visione del maschio di ferro. Abbiamo mostrato anche i punti deboli, dal momento che abbiamo tutti una relazione con la sessualità e sappiamo che presenta le sue sfide e non è mai perfetta.

Le immagini sensuali offuscano intimità ed emozioni?

Noi cerchiamo sempre di restituire un’immagine di qualcosa che non siamo completamente, lo dimostrano i filtri che applichiamo alle nostre foto. Invece più tempo ci prendiamo per essere noi stessi, più resteremo sorpresi anche a livello di esperienze sessuali. Smettere di ascoltare qualcosa che non siamo toglie molta pressione e ci fa tornare a sentire, a provare emozioni.

Cosa porta di Leo Grande nella sua vita personale?

Grazie a lui ho capito più me stesso. Mi ha incoraggiato a farmi domande importanti come «in cosa mi limito?». È un film su quanto le limitazioni possono essere vinte e oltrepassate.

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