Dario Comini, guru internazionale della mixologia, racconta tecniche e trucchi del mestiere in un libro sull’arte di fare i drink.
Sul bancone: spezie organiche al 100 per cento, scorza di yuzu disidratata, una specie di frutto ibrido tra il mandarino, e il lime kaffir, una bottiglia in ceramica di vino Shaoxing a base di riso glutinoso fermentato, mirra polverizzata e piccoli semi di annatto, noti nella cucina caraibica per colorare le pietanze. E ancora: un vacuum coffee maker, ovvero una caffettiera a depressione con le sue due spettacolari bocce di vetro, un sonificatore a ultrasuoni, una Spinzall cioè una centrifuga speciale, una lampada Uv, oltre a shaker, backer, fiale di vitamina B2 e una serie di arnesi da lavoro. Non quello di un chimico alle prese con analisi di laboratorio ma quello del bartender. Sì, perché già da diversi anni la scienza si è trasferita dietro il bancone da bar come sa bene Dario Comini, patron del Nottingham Forest di Milano, che il Financial Times mette tra i cinque migliori autori di cocktail al mondo. È sua Mixology Reloaded. La guida definitiva al mondo dei cocktail (Gribaudo),
A cominciare dal titolo, sembra una guida per addetti ai lavori…
Sicuramente è un buon manuale di specializzazione per i barman, ma è anche utile per i neofiti perché si parte da come si tiene in mano uno shaker per passare alle varie tecniche di miscelazione spiegate nei minimi dettagli.
Per esempio, che cosa sono i «velluti»?
Intorno ai primi anni del 2000, dopo il boom della cucina molecolare di Ferran Adrià, alcune tecniche da lui sperimentate sono state utilizzate per creare drink più creativi sia dal punto di vista del gusto che visivamente. È nata così la Mixology molecolare, caratterizzata soprattutto dalla sferificazione, ovvero dal cocktail racchiuso in una pallina. Ora tutto ciò è superato e altre tecniche, sempre mutuate dall’alta cucina degli chef, si sono aggiunte nella nostra sperimentazione e i velluti ne fanno parte. In questo caso si tratta di trasformare un liquore in una spuma di bianco d’uovo montata con un frullatore. Per esempio: montate a neve una porzione di bitter rosso insieme al sucrestere, un agente emulsionante; il risultato sarà un velluto rosso cremoso, da versare sopra una vodka molto fredda, così si avrà un bicchiere che contiene due prodotti separati: sotto, la vodka trasparente e sopra il bitter rosso; dopo un minuto, gli olii essenziali e il colore rosso inizieranno a gocciolare nella vodka sottostante, colorandola a sua volta di rosso e lasciando una crema bianca in superficie, in modo che i colori si invertano.
Gli attrezzi fondamentali?
Uno shaker, un mixing glass, uno strainer per trattenere il ghiaccio, un cucchiaino lungo e un coltello per le cortecce degli agrumi. Spesa totale intorno ai 25 euro.
E i bicchieri?
Ne bastano di tre tipologie: quello da Martini, taglio a V, un tumbler basso e un bicchiere da vino molto grande.
Le cose più difficili da reperire?
Le spezie, ma se uno ama viaggiare, cercarle diventa un piacere.



«Il cocktail dell’estate 2021 ha frutta e semplicità»

«Preparare un cocktail di per sé è semplice. Tutti conosciamo gli ingredienti ed il modo per reperirli. La cosa complessa è trovare la giusta proporzione, affiancarli l’uno all’altro». Malgrado la Lombardia sia in zona arancione scuro, con bar e locali praticamente chiusi, la mente di chi si occupa di ristorazione non si è di certo fermata e guarda all’estate che sta per arrivare, quella della riapertura, della rinascita.
Come Gabriele Sirtori, Capo Barman al Terrazza Duomo 21 di Milano, direttore del Saint Georges Premier di Monza e docente, che sta lavorando alla nuova lista di cocktail.
«È evidente che il drink del momento sia lo Spritz e che nelle nostre case in questa pandemia tutti abbiamo imparato a prepararlo. Ma basta un tocco in più, ad esempio la spremuta di un maracuja, per dargli un tocco più fresco, estivo ed accattivante. In generale l’estate propone l’uso dei frutti esotici come mango, papaya ed ananas. In generale oggi si cerca di creare liste di cocktail portati verso il benessere. Sia chiaro, tutto ciò che contiene alcol non è di certo light ma si può usare frutta o prodotti bio, meglio addirittura se a km 0. Per questo gli analcolici sono davvero bevande di benessere con the macha o altri infusi uniti ad estratti di frutta e verdura, senza zuccheri aggiunti. In più è fondamentale la preparazione e l’uso degli shrab, derivati della frutta con cui addolciamo i nostri drink».
C’è limite alla sperimentazione?
«Il limite sta proprio nella nostra professione. La sperimentazione finisce nel momento in cui hai davanti un cliente. Non devi imporgli nulla, devi servirlo e regalargli una cosa che a lui piaccia. Spesso nelle liste invece leggiamo paroloni complessi che magari appagano la nostra professionalità ma che lo rendono incomprensibile e complicato per il cliente. Anche chi viene da noi però dovrebbe aprire la sua curiosità. magari mi preparo lo Spritz come cocktail da tutti i giorni a casa ma quando vado un un locale dove soprattutto so che esiste una lista di un certo livello magari farsi guidare verso qualcosa di nuovo ma sempre legato al proprio gusto».
Qual è il sapore del momento?
«Di sicuro il fiore di sambuco, molto dolce e con cui conquisti soprattutto il pubblico femminile. Con dello spumante abbiamo un Hugo, molto richiesto a cui possiamo aggiungere dei frutti di bosco per arrivare ad avere un cocktail che in qualche maniera ci permetta pure di mangiare».
Cosa ci sarà al centro delle liste dei drink del futuro?
«Credo sia la combinazione tra distillati ed infusi come il the.
