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«Alla conquista del (troppo) tempo perduto»

«Alla conquista del (troppo) tempo perduto»

Il suo Era ora è il film più visto al mondo su Netflix, tra i titoli non in inglese. Barbara Ronchi, la protagonista, racconta il segreto di questo successo: «Tutti ci si possono riconoscere».


«Per chi non fa l’attore è difficile capire che recitando si può essere a lungo assenti da casa, perché impegnati sul set, oppure emotivamente distanti, perché si è totalmente immersi nel ruolo che si sta preparando. Per questo quando è nato mio figlio mi sono dovuta forzare a restare con la testa nel luogo in cui si trovava il mio corpo: altrimenti avrei fatto l’errore di pensare al lavoro quando passavo del tempo con lui e di pensare a lui quando stavo girando un film.

E i sensi di colpa avrebbero preso il sopravvento». Barbara Ronchi, 40 anni, romana, racconta a Panorama, che l’ha incontrata al Festival di San Sebástian, in Spagna, la difficoltà di conciliare la vita intima e familiare con quella impegnatissima ed esposta al pubblico di chi, come lei, fa l’attrice. Una confessione perfetta per Era ora, da pochi giorni arrivato su Netflix con un successo inatteso (è diventato per una settimana il film non in lingua inglese più visto al mondo), giustificato dal fatto che la trama si basa sulla riflessione universale secondo cui, sempre più, sacrifichiamo il nostro tempo di qualità, con familiari e amici, per dedicarci al lavoro. Dante (Edoardo Leo, ormai reuccio della commedia capitolina) è felicemente sposato con Alice (Barbara Ronchi), ma spesso è talmente impegnato in ufficio che arriva tardi a casa. Quando l’evento si ripete il giorno del suo compleanno, Dante inizia a vivere in un paradosso temporale (molto simile nel mitico Ricomincio da capo) e si risveglia a distanza di un anno, sempre più vecchio, senza ricordare gli eventi della sua vita, che gli scorre a fianco e va sempre più a rotoli. «Dante e Alice sono proprio diversi: lui è sempre indaffarato, mentre lei che disegna libri per bambini si prende un tempo per ogni cosa, per la figlia ma anche per le proprie aspirazioni. Girando il film ho avuto la sensazione che chiunque si può immedesimare in questo tipo di meccanismi perversi» dice Ronchi, da qualche anno in fortissima ascesa. Dopo diverse serie tv, tra cui Borgia, e significativi ruoli in alcuni film, come Gli sdraiati e Fai bei sogni, di recente è apparsa in Padrenostro, Settembre, Mondocane, e ha vari progetti in arrivo: Il boemo, biografia di Josef Myslivecek, celebre compositore del Settecento; La conversione di Marco Bellocchio.

Il film Era ora parla di bilanciare lavoro e tempo libero. Lei cosa fa quando non è impegnata?

Mi occupo di mio figlio (avuto con l’attore Alessandro Tedeschi, ndr), ma quando è all’asilo mi piace passeggiare per Roma, soprattutto al Ghetto, dove si respira una storia a noi più vicina di quella antica. Che però dovrebbe piacermi, visti i miei studi.

Quali?

Mi sono laureata in archeologia classica. Non pensavo sarei riuscita a diventare attrice.

Invece?

Facevo teatro fin da bambina, da ragazza mettevo su spettacoli teatrali con gli amici. Un giorno è venuto a vedermi un professore dell’Accademia, Silvio d’Amico, che mi ha proposto di iscrivermi. Così è iniziato tutto.

Un viaggio nel tempo interessante è quello di Il boemo, che uscirà presto, su un compositore ceco molto famoso in Italia. Lei chi interpreta?

Il soprano Caterina Gabrielli. Non canto dal vivo ma ho dovuto imparare il labiale e la respirazione, e con i corsetti strettissimi dei costumi di scena non è stato facile. Condivido il suo desiderio di trovare il consenso: gli applausi mi commuovono sempre. E facendo teatro capisco che, a volte, non vorresti andare in scena perché hai altri pensieri e devi trovare la forza di farlo.

Lei come ci riesce?

Devi portare sul palcoscenico i fatti tuoi e magari recitando con un collega ci metti pezzi di vita vera e li risolvi così.

Che effetto fa dipendere sempre dallo sguardo di un regista?

Il rapporto cambia a seconda della persona che hai fronte, e il fatto di essere più pudica o più disponibile a farti guardare dipende dalla fiducia che instauri. Una fiducia di tipo amoroso, un po’ come capita con i colleghi.

Ci si può innamorare sul set, come dicono?

A volte fare certe scene è come vivere una storia d’amore e ti puoi innamorare davvero guardando negli occhi un attore. Recitare per me è come andare in trance e dare corpo, volto ed emozioni a un personaggio. Certo, sarebbe complicato innamorarsi di tutti i colleghi che baci sul set… Fondamentale diventa allora non perdersi.

Sarà in La conversione di Bellocchio. Di che tratta?

È la storia vera di Edgardo Mortara, bambino ebreo che a metà Ottocento viene battezzato da una ragazza che lavora nella casa della sua famiglia ed è rapito dalla Chiesa. Se ne parlerà molto.

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