Cinquant’anni prima dell’attuale missione Artemis, l’Apollo 17 chiudeva le prime esplorazioni del satellite. E il suo comandante lasciò sulla superficie una targa che parlava di pace…
E ano le 5 e 40, ora di Greenwich, del 14 dicembre 1972. Un ingegnere il cui nome è sconosciuto ai più sollevò un piede dal terreno, lo appoggiò sul piolo di una scaletta metallica e segnò con quel piccolo gesto una tappa storica per l’umanità: la fine dei viaggi sulla Luna. Quell’uomo si chiamava Eugene Andrew Cernan, detto Gene, e la superficie che stava abbandonando per imbarcarsi sul Lem, il lunar excursion module, era quella grigia e polverosa del nostro satellite. Cernan era il comandante dell’Apollo 17, la missione conclusiva del più entusiasmante programma spaziale concepito dalla Nasa, e fu l’ultimo uomo a camminare sulla Luna, dopo aver tracciato sul suolo le iniziali del nome della figlia. Ora, a cinquant’anni quasi esatti da quell’addio bello e melanconico, è partito un nuovo programma dell’ente spaziale americano per l’esplorazione della Luna: si chiama Artemis, in italiano Artemide, dea greca della caccia e della Luna e sorella gemella di Apollo.
La prima navicella senza astronauti a bordo è decollata il 16 novembre, verrà seguita nel 2024 da un’altra astronave, questa volta con equipaggio, che orbiterà intorno al corpo celeste e infine, forse già nel 2025, ci sarà l’allunaggio con Artemis 3. È dunque questo il momento giusto per ricordare l’ultima missione di mezzo secolo fa, l’Apollo 17. In origine le missioni Apollo avrebbero dovuto proseguire fino alla numero 20 ma l’epopea dei viaggi spaziali aveva già stancato l’opinione pubblica mondiale. A distanza di appena tre anni dal «piccolo passo» di Neil Armstrong con l’Apollo 11, gli astronauti che saltellavano tra i crateri non facevano più notizia.
L’allunaggio dell’Apollo 17 ottenne solo un piccolo riquadro sulla prima pagina del Corriere della Sera del 12 dicembre. E già nel 1971 la Nasa aveva deciso di far calare il sipario sulla grande avventura lunare con la missione di Cernan. Oltre al calo di interesse del pubblico contavano le enormi spese (il progetto Apollo ha pesato sulle casse dei contribuenti d’Oltreoceano per 20,2 miliardi di dollari) mentre la guerra in Vietnam era ancora in corso.
Eppure, assieme agli altri due astronauti Ronald Evans e Harrison Schmitt, Cernan raggiunse una serie di risultati straordinari. Partita il 7 dicembre 1972, l’Apollo 17 fu la prima missione ad avere a bordo un geologo, Schmitt, e la più lunga con allunaggio ed equipaggio (12 giorni e 14 ore), la permanenza maggiore sul suolo lunare (22 ore di attività), il più grande recupero di campioni (circa 115 chili), il più lungo periodo in orbita lunare (6 giorni e 4 ore) e il maggior numero di orbite lunari. I due astronauti atterrati sulla Luna (Evans rimase nel modulo di comando in orbita intorno al satellite) avevano a disposizione un mezzo a quattro ruote, il terzo lunar roving vehicle usato nelle missioni Apollo, con cui coprirono la più lunga distanza mai raggiunta con un veicolo al di fuori della Terra: 7,6 chilometri.
Naturalmente non tutto filò liscio: il martello fissato al fianco di Cernan colpì un parafango posteriore del rover e da quel momento la sottilissima polvere lunare iniziò a colpire i due astronauti, danneggiando alcuni strumenti, rendendo inutilizzabili i dispositivi di fissaggio in velcro, sporcando gli obiettivi delle telecamere e le visiere. Dopo una permanenza di tre giorni sulla Luna, fra escursioni e una serie di esperimenti, Cernan e Schmitt si prepararono a tornare a casa. Prima di salire l’ultima volta sul Lem, Cernan svelò una targa sulla