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Sorpresa, gli alberi parlano

Sorpresa, gli alberi parlano

Alberi e piante sono dotati, secondo le ultime scoperte scientifiche, di una forma di «consapevolezza»: non solo comunicano tra loro, ma imparano e prendono decisioni. La conferma di quanto poco sappiamo (e di quanto sottovalutiamo) il mondo vegetale intorno a noi.


È un’idea che ha richiesto decine di anni di ricerca per maturare. In sintesi: le piante percepiscono, comunicano, ricordano, imparano, conoscono e prendono decisioni. Il fatto che a tutti questi verbi occorrerebbe mettere le virgolette, per sottolineare che fanno tutte queste cose a loro modo, non toglie nulla all’importanza di questa scoperta: ancora una volta, dobbiamo prendere atto che l’essere umano non è poi un essere così speciale. A questa conclusione è giunta una meta-analisi delle ultime ricerche su questo tema, riportata dal New Scientist. Una nuova visione del regno vegetale che ha spinto alcuni scienziati (citati nell’articolo) a sostenere l’idea qualche forma di coscienza nelle piante.

Anche volendo restare cauti, recenti esperimenti suggeriscono l’esistenza di processi cognitivi nei vegetali. Si sapeva già che alcune specie sono capaci di risposte innate a stimoli precisi. Un caso è quello della cosiddetta Mimosa pudica che, se toccata, richiude tutte le foglie su se stesse. Ma gli studi attuali dicono molto più di questo, ossia che piante e alberi sono flessibili alle modificazioni ambientali, possono predire i cambiamenti intorno a loro, prepararsi di conseguenza ed effettuare scelte. Alla base di tutto c’è una capacità di percezione che avevamo sempre sottovalutato. «È ormai chiaro che le piante sono sensibili a molti più cambiamenti dell’ambiente di noi» dice Erik H. Poelman, ricercatore olandese della Wageningen University, autore di una importante ricerca sull’interazione insetti-piante su Nature Plants. «Per esempio, capiscono quale tipo di insetto le sta attaccando dal modo in cui le loro cellule vengono danneggiate, da quali composti rilasciano o dalle caratteristiche della loro saliva». Sono a tutti gli effetti forme di percezione molto sofisticate.

«Nel caso da noi studiato, quello della senape nera» continua Poelman «siccome le specie di insetti che la attaccano cambiano nel corso dell’anno, abbiamo osservato che la pianta si prepara in anticipo alla difesa. Potremmo dire che “impara” qual è la sequenza temporale con cui diversi insetti saranno attivi nell’ambiente e si fa trovare pronta a reagire ». Altri esperimenti con la tecnica fotografica del time-lapse effettuate su piante di fagioli da Paco Calvo dell’Università di Murcia, in Spagna, mostrano la capacità di prendere decisioni. Mentre crescono, le loro propaggini esplorano il terreno percorrendolo in senso circolare alla ricerca di un sostegno dove arrampicarsi. Appena lo individuano accelerano la crescita e a un certo punto effettuano uno slancio improvviso.

«Questo comportamento non è il frutto di una capacità innata, come se la pianta fosse programmata per la ricerca di un appoggio qualunque» ha detto Calvo al New Scientist. «Al contrario, è come se la pianta di fagiolo prima acquisisse la conoscenza che c’è una certa struttura in un certo punto preciso, poi valutasse la scelta di usarla e agisse conseguentemente». Non solo: elettrodi applicati alle piante di fagiolo mostrano un drastico aumento dell’ampiezza delle onde di potenziale elettrico tra un tessuto e l’altro proprio nelle fasi in cui avviene la scelta del sostegno. Mentre anestetici come l’etere dietilico o la lidocaina, somministrati alle radici, reprimono le onde elettriche e quindi la capacità di reazione di una pianta.

Insomma, in una prospettiva «umana» potremmo dire che anche nel mondo vegetale le percezioni si basano sulla propagazione di onde di potenziale elettrico come avviene nel nostro sistema nervoso, e possono essere represse con un anestetico. Un altro esperimento epocale effettuato al Southern Cross University of Australia ha rivelato che nelle piante si può indurre un riflesso condizionato, qualcosa di simile a ciò che il celebre neurologo russo Ivan Pavlov fece con i suoi cani: questi salivavano al suono di una campanella (anche in assenza di cibo) dopo che per ripetute volte a quel suono veniva contemporaneamente offerto loro un pasto. Allo stesso modo piante di pisello sono state addestrate a crescere controvento, modalità che non adottano mai in natura, associando ripetutamente una fonte di luce a una brezza artificiale.

Tra le altre loro capacità ci sono anche quella di «sentire» a decine di metri la presenza di acqua; di penetrare in suoli durissimi; di scambiare sostanze nutritive con altre piante; di interagire con i funghi di un bosco; di variare la rigidità del proprio corpo; di comunicare tra loro attraverso sostanze chimiche per difendersi da un erbivoro. Capacità rese possibili da processi complessi che, anche se non li conosciamo ancora bene, ci inducono a parlare di un’intelligenza vegetale. Non è concentrata in una zona particolare, quello che chiameremmo un cervello, è piuttosto un’intelligenza «emergente», che nasce dalle interazioni fra tutte le parti che compongono la pianta. Una mente che conosce, ricorda e comunica con i suoi modi.

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