Rosalba Pippa a 16 anni sceglie il suo nome d’arte e a 26, dopo i successi come pop singer, deve fare i conti con i commenti del pubblico, non sempre lusinghieri. Memorie e riflessioni in prima persona, aspettando Sanremo dove sarà di nuovo sul palco cantando il brano Potevi fare di più.
Far saltare Sanremo? Non sono per niente d’accordo. Al Festival, in fondo, si fa intrattenimento esattamente come quello che va in onda quotidianamente in radio e in televisione. Abbiamo tutti voglia di cantare da paura, di ricominciare… E, poi, Sanremo è un evento che unisce l’Italia, come i Mondiali di calcio. A questo aggiungo che negli ultimi anni il Festival ha fatto un grande salto di qualità ed è diventato veramente la fotografia della scena musicale italiana di oggi» scandisce convinta Arisa, che sarà in gara con Potevi fare di più, un brano scritto per lei da Gigi D’Alessio.
Lo conosce bene quel palco Rosalba Pippa: due vittorie, nel 2009 tra le Nuove proposte con Sincerità, e poi nel 2014 nella categoria Big con Controvento, e un’esperienza da co-conduttrice con Carlo Conti ed Emma. «Quando sono andata all’Ariston come “valletta” mi sono sentita una privilegiata che poteva vedere i cantanti da vicino. Ecco, io sono fatta così… Non le dico che emozione quando mi sono trovata sul palco vicino a Will Smith. Non ho mai perso un episodio di Willy il principe di Bel-Air…».
Usa da sempre la voce per emozionare Arisa, una delle rare vocalist di talento che rifugge dalla tentazione dell’urlo e del virtuosismo fine a se stesso: «Bisogna rispettare il brano e non avere l’ansia di dimostrare quel che sai fare con le corde vocali. Le belle canzoni non hanno bisogno di questo… Penso a un pezzo straordinario come La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori, uno di quei capolavori che spiegano la vita, che fanno breccia nella testa e nel cuore» dice. «Io ho sempre avuto la grande fortuna di interpretare canzoni che emozionavano di per sé, in cui la mia voce è diventata solo un mezzo per amplificare quelle emozioni. Dopo il successo di Sincerità, mi è capitato di incontrare persone per strada che raccontavano di aver “usato” quel brano come colonna sonora per fare pace con la moglie, con il compagno…» sottolinea.
«Io non sono nata Arisa, lo sono diventata. A 16 anni ho deciso che mi sarei chiamata così, ma quando a 26 sono diventata Arisa per il pubblico, ho dovuto fare i conti con un po’ di cose. Per me non è stato facile accettare che da un momento all’altro centinaia di persone avessero opinioni su di me da postare sui social. Parole belle ma anche bruttissime, scritte magari da gente che conoscevo. Ho trascorso anni segnati da grandi soddisfazioni, ma anche da cali d’umore…» racconta prima di entrare nelle pieghe della sua vita pre-Arisa e di un’adolescenza dove ha imparato presto a cavarsela con le sue forze.
«Ai tempi della scuola sono stata sempre da sola, avevo pochi amici e il complesso di non appartenere alla categoria dei fighi. Era frequente che i ragazzi più buoni e tranquilli venissero trattati male… Una volta, qualcuno ha imbrattato i bagni scrivendo insulti alla maestra e firmando con il mio nome. Mi hanno addossato la colpa, ma non c’entravo niente. Detto questo, non mi sono mai lamentata, non ho fatto la vittima e ho trovato il coraggio di farmi valere da sola» racconta.
Ecco come: «C’era un piccolo boss, un ripetente molto arrogante che mi aveva preso di mira. Voleva che gli portassi i compiti fatti e ogni anno cercava di sottrarmi quell’unico cd che potevo permettermi a Natale. Fino a quando non gli ho dato una lezione. E lui, per la vergogna, è rimasto a casa da scuola per una settimana. L’ho letteralmente appeso ai cappotti. Sa, nelle scuole di un tempo c’erano le cappottiere in classe… Il cd che ho difeso era Hot Hits – I più grandi successi del Festivalbar».
Una foto in costume al naturale e senza make up postata su Instagram.Così, la scorsa estate, ha voluto lanciare un segnale potente: agli altri e a se stessa: «Accettarsi è difficilissimo perché siamo circondati da modelli irraggiungibili. Io mi sono sempre fatta tanti problemi per l’aspetto fisico. Continuavo a rasarmi i capelli, a non identificarmi con la mia femminilità. Credevo che così il mondo mi amasse e mi accettasse di più, ma quando mi guardavo allo specchio non mi piacevo.La chirurgia estetica è anche utile, ci sono persone che ne hanno davvero bisogno. Io l’ho fatta quell’esperienza, ma non è per me. Concentrarsi troppo su come si appare toglie linfa a molte altre cose più importanti. Per me la bellezza è negli occhi e credo che la bellezza dei miei occhi valga molto di più di una ruga spianata» sottolinea.
«Sono stata anche con uomini molto belli che mi riempivano lo sguardo e niente più. Invece, le persone vere, imperfette, di cui scopri ogni giorno un difetto, una sfumatura nuova, sono quelle che durano nel tempo e amo davvero. A una ragazza che si sentisse vittima di bodyshaming direi non dare ascolto a chi si prende la briga di parlare dei presunti difetti altrui. Perché, spesso, le cose brutte che attribuiamo agli altri in realtà abitano dentro di noi» afferma, prima di aggiungere: «Da quando mi sono trasferita da Milano a Roma e ho iniziato a lavorare ad Amici, per me è iniziata una nuova vita. Gli scontri in trasmissione con Rudy Zerbi? Ci “becchiamo” per gioco stimandoci tantissimo. Lui ha un metodo di insegnamento diverso dal mio, ha un approccio discografico, mentre io sono più “de core”. Ad Amici si respira un clima sereno, è una factory di persone che amano ciò che fanno. E poi c’è Maria, che per me è una delle ultime superstar rimaste. Una vera rockstar».