Rispettoso di regole e cautele, ora il «popolo» dei vaccinati si fa sentire nelle piazze e sui social. Dove attacca chi si oppone a immunizzazione e Green pass. E un dialogo appare impossibile.
«A Natale non entriamo nelle case dei non vaccinati». È la scritta, a caratteri cubitali, di alcuni manifesti nelle strade di Messina. Di sottofondo l’immagine di una famiglia sorridente con in mano grandi doni. La firma non di un provocatore, ma del commissario per l’emergenza Covid della città, Alberto Firenze. Subito dopo l’affissione, tanti hanno parlato di «azione discriminatoria» nei confronti dei no-vax, chiedendo le dimissioni del commissario, altri l’hanno difeso: «Ci mancherebbe che faccio entrare un non vaccinato a casa mia o gli faccio gli auguri di Natale…», la sintesi di un messinese.
Di certo l’iniziativa ha prodotto una netta divisione fra i rappresentanti politici e i cittadini, dando emblematica voce a quella sotterranea polarizzazione in corso in tutt’Italia fra favorevoli e contrari alla vaccinazione. Nelle ultime settimane, dinanzi al rischio di nuove restrizioni contro l’ondata di contagi, ad alzare testa e voce sono stati quelli che finora hanno rispettato silenziosamente le regole: i sì-vax.
Sempre più gruppi sui social, chat su WhatsApp e Telegram, fotografano un sentimento diffuso di rivalsa – e in alcuni casi vera rabbia – contro chi continua a opporsi al vaccino e al Green pass. «Se fino a oggi erano loro a intimorire, a scendere in piazza, ad alzare i toni, non è detto che le cose cambino» spiega Davide, uno dei frequentatori della pagina Facebook «Io Vaccino». «Ci siamo stufati di essere ostaggio di una minoranza. Vogliamo farci sentire. Magari con modalità diverse, più civili, ma adatte a far capire che la musica è cambiata».
Un sussulto che, soprattutto negli ultimi mesi, è stato declinato dal personale sanitario con appelli e accorate lettere; ultima, quella firmata da un’infermiera di Trieste, che invitava ad aprire gli occhi visitando i reparti di terapia intensiva. Ora il ragionamento sostenuto è condiviso all’interno della comunità: «Nessuno è contento» dice Chiara, 32enne ragioniera, altra frequentatrice dei gruppi pro-vax «di farsi inoculare un vaccino, ma è necessario per il bene personale e della collettività. Quale sarebbe lo scenario se nessuno si fosse vaccinato? Staremmo ancora tutti barricati in casa… Dovremmo far capire che solo grazie a noi, a chi ha scelto di sostenere l’immunizzazione collettiva, la pandemia ha avuto un corso diverso. Adesso però basta subire restrizioni e rischiare di ammalarsi per chi egoisticamente mette a rischio tutto il Paese. Ormai è una guerra: da una parte noi, dall’altra i no-vax. In mezzo resta il Covid».
Una polarizzazione che mette in allarme anche gli esperti come Andrea Fagiolini, direttore del Dipartimento di Salute mentale all’Università di Siena: «La spaccatura deriva dal fatto che i rappresentanti delle due posizioni si sentono danneggiati dall’altra frangia. I no-vax gridano alla lesione della propria libertà, i sì-vax si sentono danneggiati perché gli altri aumentano la diffusione del virus e, quando si ammalano, consumano risorse sanitarie, inevitabilmente sottratte ad altri ammalati, che costano a tutti fino a 10 mila euro al giorno».
Il termometro dello scontro è dato dai social. Ad accompagnare post di articoli in cui protagonisti sono noti personaggi no-vax che si sono pentiti o che hanno contratto il virus, non mancano offese e ingiurie, fino ad auguri di morte. Tristemente emblematico è il caso di Mauro da Mantova, il 61enne ospite fisso della trasmissione radio La Zanzara, oggi in gravi condizioni; di recente si era vantato di aver compiuto un blitz al supermercato con la febbre, adesso c’è chi dice che «se l’è cercata» e non dovrebbe essergli fornita alcuna assistenza.
Parole che mettono in evidenza un imbarbarimento collettivo, e lasciano presagire azioni più concrete come quelle ironicamente presentate in un monologo da Luciana Littizzetto: «Se facciamo i conti siamo molti, ma molti di più: circa 47 milioni […] Se scendiamo in piazza noi, la Lamorgese sclera. Deve mandare altro che la polizia, pure i lagunari, la folgore e gli alpini in congedo». Per quanto sia uno scherzo, il video, diventato virale, esprime un malumore reale. «Nessuno vuole creare assembramenti» precisa ancora Davide «ma stiamo cercando un modo per far capire che ci siamo stancati di restare in silenzio». Come accaduto a Trieste: dinanzi alle manifestazioni dei portuali, a rivoltarsi furono proprio i sì-vax con una mobilitazione online. In altri casi, la maggioranza silenziosa si è appropriata delle strade.
Per esempio a Londra, dove centinaia di manifestanti si sono riuniti fuori dal Parlamento e hanno portato finte bare a Downing Street per simboleggiare le vite che si stanno perdendo a causa della disuguaglianza nella distribuzione dei vaccini. Vestiti di nero a simboleggiare il lutto, i partecipanti al corteo sfilavano con striscioni che esortavano a «far cadere i brevetti, vaccinare il mondo», in nome di una campagna planetaria. Ed è curioso che gli argomenti – e i nemici – finiscano con l’essere a tratti gli stessi per entrambe le fazioni. Secondo Tim Bierley, attivista farmaceutico di Global Justice Now e tra gli organizzatori della manifestazione londinese, sono proprio gli «interessi commerciali» il maggiore ostacolo «all’aumento della produzione globale di vaccini».
Per i no-vax, invece, gli stessi interessi economici avrebbero creato la pantomima del virus per battere cassa. Gli organizzatori londinesi, contattati da Panorama, però sono chiari su un punto: «I no-vax sono un grosso problema. Ma spesso è colpa anche dei media che danno loro spazio». Prendiamo proprio l’esempio di casa nostra. Massimo Giletti a Non è l’Arena ha deciso di aprire al dibattito ospitando in studio persone contrarie al vaccino, come il medico che aveva porto un braccio di silicone per la somministrazione della dose. Il pubblico si è spaccato a metà: da una parte chi lo ritiene unico vero giornalista dall’altra, invece, gli dà del «vergognoso» e del direttore di un «circo». Di contro, però, c’è chi ha deciso di non dare spazio ai no-vax come Enrico Mentana, che dice che «mettere a confronto uno scienziato e uno stregone non è informazione» – o la neodirettrice del Tg1 Monica Maggioni.
Ancora una volta, la stessa polarizzazione, ma a parti invertite, tra critiche e plausi. «A mio parere» riflette Andrea Fagiolini «dovrebbero parlare solo gli scienziati, evitando di creare fazioni. Però nei mesi scorsi è stato dato molto rilievo a chi, per un motivo o l’altro, non voleva vaccinarsi. Un ribilanciamento che faccia intendere che la maggioranza delle persone è in realtà favorevole al vaccino potrebbe aiutare gli indecisi. Oggi l’orizzonte dei no-vax è variegato. Alcuni sono terrorizzati dal rischio effetti collaterali, e magari con la dovuta informazione possono essere convinti. Diverso il discorso per chi identifica la lotta al vaccino come una battaglia». Su quest’ultima strada serve il dialogo e la correttezza, cercando di non trasformare una questione scientifica solo in un argomento da talk show.
Nel frattempo la campagna per sconfiggere il Covid prosegue con Paesi diventati off-limits per i no-vax. Uno dei casi più emblematici è Brinzio, 789 anime in provincia di Varese, 97% di cittadini vaccinati. «Chi manca all’appello» ribadisce il sindaco Roberto Piccinelli «spesso lo fa per problemi di salute». Ma i primati pro-vaccinati non riguardano solo la Lombardia. In Sicilia, nei comuni di Palazzo Adriano nel Palermitano e di Roccafiorita nel Messinese, le somministrazioni hanno superato la soglia massima del 100%, grazie anche a turisti di passaggio. In queste località non c’è scontro, come accade nel resto d’Italia. Il motivo? Semplicemente qui non esistono no-vax.