Home » Attualità » Opinioni » Mondo a misura d’algoritmo? No, grazie

Mondo a misura d’algoritmo? No, grazie

Mondo a misura  d’algoritmo? No, grazie

L’intelligenza artificiale è già capace di generare situazioni quasi sovrapponibili alla vita. Quasi.


Il Papa con il piumino bianco da trapper? Un falso. E Trump in manette? Pure. Così come Putin carcerato. Le foto farlocche hanno fatto il giro dei social, hanno conquistato milioni di clic e hanno aperto la discussione: fino a che punto si può sostituire una figura reale con una virtuale? Cioè: fino a che punto l’intelligenza artificiale può sostituirsi in tutto e per tutto all’uomo, facendo dire e fare ai sosia (artificiali) cioè che i veri protagonisti (umani) non direbbero e non farebbero mai?

Non è la prima volta che succede. Le creazioni di figure virtuali (deepfalke) furono introdotte in Italia da Striscia la Notizia addirittura nel settembre 2019, con uno strepitoso finto-Renzi. Seguirono le creazioni virtuali di Mattarella, Mara Venier, Amadeus, Ilary Blasi, oltre che del gettonatissimo Papa Francesco (sempre lui). Nel mondo, poi, sono diventati celebri i deepfake di Putin che fa la pace con l’Ucraina e di Obama che insulta Trump, mentre un video di un finto Tom Cruise ha fatto molto innervosire il vero Cruise. Si capisce per altro. A nessuno farebbe piacere vedere un altro sé stesso che fa cose che lui non farebbe mai. E non è solo un problema etico o di immagine. In Gran Bretagna è stato creato il clone artificiale di un imprenditore che ha dato ordine alla banca di spostare soldi dal suo conto corrente. Il direttore ci ha creduto e potete immaginare dove sono finiti quei quattrini. Realtà virtuale, truffa reale.

Per carità: le immagini false, i tarocchi e le truffe sono sempre esistite. Ma ora c’è una novità essenziale, anzi un cambio epocale come dice il nume tutelare del Grillo, che è assai preoccupato per tutto ciò. L’intelligenza artificiale, infatti, rende queste imitazioni perfettamente coincidenti con le persone reali, e del tutto indistinguibili da esse. Il progresso tecnologico, tanto utile per altri versi, mette un’arma micidiale a disposizione dei malintenzionati, che possono creare una realtà parallela, alternativa, profondamente manipolata, eppure del tutto simile a quella vera. Perciò oggi sorge una domanda che una volta sembrava destinata solo ai più inquietanti film di fantascienza. E cioè: può il computer sostituirsi all’uomo? Può l’intelligenza artificiale soppiantare in tutto e per tutto quella umana?

È una questione che ci riguarda da vicino più di quello che pensate. In Gran Bretagna infatti l’intelligenza artificiale ha già sostituito il medico: i pazienti possono collegarsi con una app e avere la prima diagnosi della loro malattia da un cervello elettronico. Negli Stati Uniti l’intelligenza artificiale ha già sostituito gli avvocati per le cause più semplici. Molte scuole hanno lanciato l’allarme per i temi scritti dall’intelligenza artificiale. Quest’ultima è in grado di comporre testi, articoli, canzoni, poesie in modo originale. Non si tratta della riproduzione di testi altrui. No: è proprio una composizione autonoma. Come se fosse l’uomo. Allo Iulm di Milano hanno fatto dipingere all’intelligenza artificiale un quadro di Rembrandt. Un vero Rembrandt. Senza Rembrandt, però.

Ma questo è il punto: può un quadro riprodurre davvero Rembrandt? Può farlo senza avere la sua sensibilità, il suo cuore, senza aver vissuto il suo dolore? E può un computer scrivere una poesia come la scriverebbe Leopardi senza aver mai visto il colle di Recanati? Può scrivere una musica come se fosse Beethoven, Mozart, Verdi o Puccini, sostituendo le loro note con i suoi bytes? Il tentativo di cancellare l’uomo e di sostituirlo con le macchine non è nuovo. I robot al posto degli operai, i bancomat al posto degli impiegati, i call center automatici al posto dei centralinisti. Ora però non è più in gioco soltanto lo svolgimento di una funzione meccanica: ora si vuole sostituire il nostro pensiero. Il nostro cervello. La nostra inventiva. La nostra sensibilità. Il nostro animo. Le nostre sensazioni. La nostra creatività. Il vissuto che si fa idea.

Non so se ciò sarà davvero possibile fino in fondo, ma so che il solo tentativo è orrendo. E va combattuto. Perché noi non siamo algoritmi, non siamo stringhe di numeri, non siamo big data da incrociare. Prendete Alexa: è efficiente, si capisce. Ci puoi parlare. Ma non sarai mai come parlare con un’amica. Magari crea la migliore playlist delle tue canzoni preferite, ma non sa capire che in quel momento tu preferiresti il silenzio. E poi: siamo sicuri che l’intelligenza artificiale sia così intelligente? L’altra sera ho fatto una prova in diretta Tv. Ho chiesto a Chatgpt, la più nuova e diffusa forma di intelligenza artificiale, disponibile a tutti, su tutti i computer e telefonini, chi fosse il presidente del Consiglio. Risposta: «Non sono aggiornato, quando sono stato creato era Mario Draghi». Ma se non si sa nemmeno aggiornare che intelligenza è?

Ps. Questo articolo non è stato scritto da un’intelligenza artificiali. Le stupidaggini sono tutte mie.

© Riproduzione Riservata