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Senza dolore con la realtà virtuale

Senza dolore con la realtà virtuale

Sperimentazioni d’avanguardia, nel mondo e in Italia, dimostrano che «vivere» esperienze immaginarie aiuta ad attenuare la sofferenza fisica (e psicologica) e migliora il recupero dopo varie malattie. Tanto che le società informatiche stanno già investendo miliardi in questo settore.


Creare mondi virtuali per ridurre il dolore cronico. È lo scenario, nuovo e suggestivo, che si delinea nella ricerca di cure aggiuntive e più efficaci di quelle tradizionali. Tant’è che la Food and drug administration, l’agenzia statunitense che regolamenta i farmaci, per la prima volta ne ha autorizzato il trattamento contro il mal di schiena: da quest’anno gli occhialini 3D vengono prescritti dai medici e spediti direttamente a casa dei pazienti, nel 2023 è previsto siano a disposizione di tutti. E, a giudicare dalle stime, il business vale già miliardi di dollari: le società informatiche stanno investendo nel settore. Si capisce perché: le tecnologie innovative possono essere usate per tanti problemi di salute, come dimostrano le sperimentazioni in corso anche in Italia.

Selezionando con lo sguardo una spiaggia tropicale, per esempio, ci si ritrova in situazioni rilassanti, con l’illusione di non essere in un letto d’ospedale; questo regolarizza la respirazione e favorisce sensazioni di benessere utili a tenere a bada ansia, paura e depressione, a facilitare la riabilitazione dopo un ictus o altre patologie, a gestire le contrazioni del parto o lo stress causato da chemio e terapie dolorose. Il primo studio di questo tipo, chiamato SnowWorld, risale a fine anni Novanta e si deve a Hunter Hoffman, psicologo cognitivo dell’Università di Washington: il metodo riuscì a dare sollievo ai pazienti ustionati dell’Harborview Burn Center durante la sostituzione dei bendaggi, proiettandoli in un ambiente invernale in cui si ritrovavano a lanciare palle di neve ai pinguini. I benefici furono immediatamente paragonati a quelli indotti dagli oppioidi per via endovenosa: già allora, la prova che la realtà virtuale può determinare una notevole diminuzione dell’attività neuronale nelle zone collegate al dolore, senza gli effetti collaterali dei farmaci.

Oggi, Helen Ouyang, medico e docente associato alla Columbia University, descrive sul New York Times Magazine gli ultimi programmi avviati, tra cui c’è RelieVRx, il dispositivo contro la lombalgia cronica inviato a domicilio: testato su 188 pazienti, in quasi 2 su 3 (il 65 per cento) c’è stata una riduzione «clinicamente significativa dell’intensità del dolore». «In Italia è difficile che tutto questo avvenga in tempi stretti, perché manca l’impulso delle assicurazioni sanitarie private» ragiona l’oncologo Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro a Filadelfia e professore all’Università di Siena, che ha sostenuto l’introduzione dei visori durante le infusioni anti-cancro, sviluppando un’intuizione della scienziata Susan M. Schneider. Nel 2015, una ricerca all’ospedale Giovanni Pascale di Napoli ha dimostrato che, durante la chemio, la realtà virtuale abbassa il rischio di nausea, reazioni avverse e quindi di discontinuità nelle sedute. I vantaggi sono risultati persino superiori a quelli ottenuti con la musicoterapia. Restano però da attrezzare le poltrone con gli occhiali 3D.

Altre iniziative sono state realizzate in Lombardia, Puglia e Lazio, dove ha destato grande interesse, nel 2019, il progetto «The patient dream» con 44 donne colpite da tumore a seno o ovaio, all’ospedale Regina Elena. Lo psicologo Andrea Chirico, co-autore di lavori scientifici sull’argomento, ricercatore alla Sapienza e titolare del corso «Virtual reality for medicine» alla Temple University (insegna a un master specialistico con Giordano), è impegnato al Policlinico dell’Università Federico II di Napoli in un altro programma d’avanguardia («Il terzo al mondo» dice con orgoglio), in cui speciali dispositivi vengono usati durante il travaglio, con la collaborazione del direttore della Ginecologia, Maurizio Guida. «È una tecnologia unica, che consente di acquisire bio-feedback tramite sensori posizionati sul corpo della partoriente, in modo da adattare lo scenario virtuale al ritmo delle contrazioni, aumentando gli elementi di interazione quando il dolore si acuisce. E l’ostetrica ha la possibilità di interagire: la sua voce viene trasmessa nella piattaforma» spiega Chirico, mostrando l’ambientazione prescelta dalle donne incinte: una spiaggia caraibica abitata da cicogne, che è stata disegnata da ricercatori dell’Icar Cnr di Napoli.

Anche il dispositivo in uso nell’Istituto auxologico milanese è originale: «È stato acquistato grazie a un finanziamento di un milione di euro del ministero della Salute, vincendo un bando di ricerca. “Cave” simula situazioni e contesti di vita quotidiana» dice il direttore della Medicina riabilitativa Marco Giovanni Stramba-Badiale. La piattaforma viene utilizzata tanto per frenare il declino cognitivo quanto per accelerare la riabilitazione dopo un ictus, ma anche per superare fobie come la paura dei ragni o dei cani. «Il paradosso è che tutti questi servizi ad alta tecnologia non hanno un codice specifico nel tariffario del Servizio sanitario nazionale. Significa che non c’è differenza nel rimborso tra assistenza sofisticata o di base. E i centri non hanno convenienza o interesse a investire e nell’acquisire strumenti innovativi. Ovviamente, non mancano le eccezioni» chiarisce. Nel giugno 2022, una nuova stanza multisensoriale dedicata ai più piccoli è stata inaugurata all’Istituto Don Gnocchi di Firenze: serve a stimolare le ripresa delle percezioni dopo il coma, nei casi di autismo, paralisi cerebrale, ipovisione e ipoacusia, quando si soffre di disturbi della coscienza, percettivi o del comportamento. Mentre «CareLab» è il laboratorio della stessa Fondazione che usa un software chiamato Vitamin per la riabilitazione dei pazienti in età evolutiva; 200 seguiti finora nella struttura milanese Santa Maria Nascente e ad Ancona-Torrette.

Non solo. I visori si sono rivelati importanti nelle cure odontoiatriche e per la diagnosi e il trattamento dei disturbi psichiatrici, soprattutto di tipo ansioso e nel comportamento alimentare. Bulimia e anoressia sono stati così affrontati fino all’emergenza pandemica nella clinica veronese Villa Santa Chiara. «La realtà immersiva ha enormi potenzialità. E influisce anche sugli ormoni dello stress come il cortisolo, misurabili tramite la saliva» conclude Chirico, anticipando i dati di un’altra ricerca in corso alla Sapienza. La conferma che la cura sarà anche virtuale, ma i suoi effetti sono molto concreti.

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