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Link University, lo scandalo del campus del sapere creativo

Corsi dai nomi evocativi, ma vuoti di contenuti. Esami che si tengono fuori sede o, peggio, concordati con i candidati. Docenti privi di titoli per insegnare. Alla Link University di Roma fondata da Enzo Scotti tutto è stato possibile.


Quando il corso di «Storia delle relazioni internazionali» di Massimo D’Alema, con i suoi studi in filosofia alla Normale di Pisa non completati, è l’insegnamento che si presenta di gran lunga come il più serio dell’università, forse c’è un problema. Perché alla Link Campus University di Roma si possono trovare esami e master che al tempo stesso trasudano ideologia, ma hanno confini sfuggenti. Almeno a giudicare dall’enorme quantità di materiale informativo confluita agli atti dell’inchiesta fiorentina appena conclusa sull’ateneo nato a Malta, dove sono indagate 71 persone che potrebbero rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere e falsità materiale e ideologica per numerosi episodi di verbali di esame alterati. Tra loro, spiccano il fondatore Enzo Scotti e i vertici amministrativi dell’ateneo, docenti, ricercatori, dipendenti e studenti-poliziotti in convenzione.

C’è, per esempio, un master il cui titolo pare tratto dalle idee dell’ex reuccio di Riace Mimmo Lucano: «Migrazioni, accoglienza e rigenerazione urbana». Il direttore scientifico è Giuseppe Terranova, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’Università telematica Niccolò Cusano, che alla Link si occupa di «Sistemi urbani e multietnici» e anche di «Governo dei flussi migratori e african studies». E tra i corsi offerti ecco i «Paesi di origine e di destinazione, le dinamiche transnazionali e il meticciato complesso»; «Vie legali di ingresso e soggiorno e il caso dell’immigrazione circolare»; «Regolarizzazione, il caso italiano»; «Le politiche di inclusione e le azioni di sistema per la governance delle reti territoriali». Fuffa.

Nel comitato scientifico siede anche Nadan Petrovic, che alla Festa dell’Unità 2019 si è lasciato andare a questa riflessione: «In Italia il ministero dell’Interno ha fatto anche troppo, per esempio, superando le proprie competenze, per questo sono un grande fan delle competenze istituzionalizzate». E a proposito di competenze, nel corso di laurea in «Scienza della politica e dei rapporti internazionali», la Link prevede un laboratorio dal titolo suggestivo come «Nuovi autoritarismi, sovranismo e nazionalismo, i confini. Lo scenario internazionale e le scelte necessarie». E come se avessero avuto una premonizione, o informazioni privilegiate, nel laboratorio vengono analizzate anche «le crescenti possibilità di fenomeni quali pandemie e crisi impreviste». Il medesimo corso di laurea «guarda anche alle dinamiche del mondo che sarà nei prossimi dieci anni».

Nel futuro della nazione, Enzo Scotti, che con le sue 85 primavere ne rappresenta più che altro il passato, immagina l’affermarsi delle «Società di lobbying», visto che la Link Campus prevede che i propri studenti, insieme alle organizzazioni politiche e sindacali e al terzo settore, si avviino verso quelle carriere. L’altra fissa di questo ex maggiorente napoletano della Prima Repubblica è per la «Political intelligence». D’altra parte il suo master di secondo livello in «Intelligence and security» è arrivato alla quattordicesima edizione. Più che un master, sembra un «must» per entrare nel Palazzo.

Il corso per aspiranti «barbe finte» è coordinato da Marco Mayer, che da professore, nel maggio 2017 è diventato consigliere per la cybersecurity del ministro dell’Interno Marco Minniti (Pd, tendenza law and order). Nel curriculum, prima di diventare assessore della Regione Toscana, si legge: «Iscritto alla Federazione giovanile comunista italiana nel 1969 (…) dal 1975 fa parte del direttivo della federazione fiorentina del Pci».

Nel comitato scientifico, oltre a Vanna Fadini, braccio destro di Scotti e compagna di Alessandro Zampini, l’uomo che ha ospitato il fuggiasco Joseph Mifsud nel suo appartamento di Esanatoglia (Marche) a fine 2017, spunta Liliana Ferraro, la vice di Giovanni Falcone agli Affari penali del ministero della Giustizia, che dopo la strage di Capaci prese il suo posto.

Tra i docenti, invece, compare Sergio Biraghi, virgulto di 78 anni, ammiraglio della marina militare in pensione e consigliere militare di Carlo Azeglio Ciampi quando era presidente della Repubblica, e si trova anche Bruno Valensise, attuale numero due del Dis, il Dipartimento che coordina le Agenzie italiane d’intelligence Aise e Aisi. Con questa falange macedone il master attira giovani «interessati a specializzarsi nell’area intelligence e sicurezza», ma anche operatori «che avvertono la necessità di un aggiornamento professionale in linea con i più avanzati processi di innovazione tecnologica e organizzativa che caratterizzano il comparto intelligence e sicurezza nel mondo contemporaneo». E proprio i poliziotti da specializzare erano i clienti da attirare. Le convenzioni con i sindacati, poi, garantivano le iscrizioni «executive» (65 per cento del totale). E il caso del Siulp è finito nei faldoni dell’inchiesta, con il suo segretario generale, Felice Romano, che si è trovato nel primo capo d’imputazione quale concorrente, sostiene la procura, nella presunta associazione a delinquere capeggiata da Scotti.

Il sindacato di polizia più rappresentativo si era accordato con l’ateneo: gli studenti-poliziotto pagavano 4.100 euro complessivi (600 dei quali andavano alla Fondazione sicurezza e libertà), sostenevano gli esami senza aver frequentato una sola lezione e, ovviamente, li superavano a pieni voti. In un caso, addirittura, all’esame non c’erano i professori. In un altro, quello di inglese, la titolare va in maternità e i compiti vengono corretti da due segretarie che, intercettate, ammettono di «aver paura di finire nei guai» e aggiungono che la professoressa di francese, Martina Troiani, «insegna, ma non è docente». Mentre per spagnolo, scrive la Guardia di finanza, agli inquirenti viene indicato come professore titolare Stefano Mustica, che però a un controllo dei militari risulta essere in realtà docente di psicologia. Insomma, alla Link di Scotti, evidentemente anche il sapere è trasversale. E ora a togliere il sonno ai professori improvvisati della Link c’è un verbale.

È la confessione di un poliziotto iscritto al Siulp che ammette come a ogni esame sostenuto le domande fossero state anticipate. «Ogni tanto», ha spiegato, «davano anche le risposte». E da altri verbali di poliziotti risulta che agli esami del fantomatico corso «Human security» si poteva portare il proprio pc, tenerlo connesso a internet e verificare senza problemi l’esattezza delle proprie risposte.

In sostanza, le accuse che i capoccioni della Link rischiano di fronteggiare in un processo penale sono quelle di aver svolto esami fuori dalle sedi autorizzate, in violazione di precise norme del Miur, e di aver concesso crediti a fronte di insegnamenti non riconosciuti, ma che evidentemente sono nati per soddisfare altre logiche. Logiche di relazione, vista la passione del fondatore Scotti per i servizi segreti, le divise, il lobbismo, le reti di influenza e protezione reciproca. Ma anche qui, le intercettazioni disposte dal pm Christine von Borries (madre italiana e padre tedesco), raccolgono la mirabile sintesi del rettore Carlo Medaglia che parla con Scotti: «Che poi il casino non è che l’ha fatto (Pasquale Russo, direttore della Link, ndr) facendo gli esami, o no, (solo, ndr) a Napoli,… ma facendoli a cazzo in tutta Italia. In posti incredibili, mandandoci personaggi fantascientifici, non avendo nessun programma di riferimento». Scotti, che sa come comportarsi al telefono, se la cava con un laconico «Vabbè» (18 dicembre 2019).

Ma don Vincenzo, a parte dire «vabbè» al momento giusto, sa anche come mettere le cose a posto con il ministero «vigilante». Dalle carte dell’inchiesta, risultano i suoi tentativi di convincere il Miur a trattare la Link come fosse un’università telematica, in modo da sanare lo scandalo degli esami fuori sede. In autunno, quando il ministro dell’Università è ancora il grillino Lorenzo Fioramonti, Scotti si muove attraverso un consulente, Simone Tani, e arriva al capo di gabinetto, Luigi Fiorentino.

Poi, quando a Fioramonti succede Gaetano Manfredi da Ottaviano (Napoli), che da capo della Conferenza dei rettori (Crui) aveva già emesso un orientamento favorevole alla Link, al Casale San Pio V è festa grande. Il 30 dicembre, Scotti spiega a Russo, anch’egli indagato, che «il nuovo ministro è un grande amico mio… Ci ho parlato… In giornata dovrebbe essere firmato il decreto». La Finanza annota che si tratta di un provvedimento che dovrebbe risolvere il problema degli esami fuori sede. Come sanno bene i cervelli in fuga, nelle università italiane le amicizie sono importanti.

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