Anche a causa dei nuovi aiuti di Stato, nell’edilizia i prezzi sono fuori controllo e la manodopera latita. Una situazione da «tempesta perfetta» che spesso costringe a fermare i lavori.
Le coccolano quando devono fare le statistiche per dimostrare che c’è l’impetuosa ripresa, perché lo sa qualsiasi studente di ragioneria che «il fattore di moltiplicazione dell’edilizia» è il più alto di tutti. Ma passata l’idea che stiamo correndo al +6,2 per cento di Pil le uniche parole che il governo sa dire verso le imprese di costruzioni sono quelle di Andrea Orlando, ministro del Lavoro: «Più controlli sui cantieri, ci sono troppi contratti che ancorché regolari dribblano le norme di sicurezza». Ma non si dia pena, ministro, i cantieri stanno per chiudere.
A Mario Draghi il superbonus non piace e il Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, per ora è solo un libro di buone intenzioni. Come se non bastasse sulla casa si addensano continue nubi fiscali: dalla patrimoniale all’idea dell’Europa (poi ritirata, vediamo fino a quando) che se non vivi in una stanza «verde» non puoi venderla. Confedilizia con il presidente Giorgio Spaziani Testa sta sempre col «fucile puntato» sul governo.
Se da una parte si è detto «confortato per il segnale arrivato col parziale ristoro dei danni che si subiscono dalle occupazioni abusive», dall’altra continua a tuonare sul blocco degli sfratti causa Covid e soprattutto sul refrain continuo della già citata patrimoniale.
Il rischio, non detto ma concreto, è che il combinato disposto di superbonus (ovvero lo sconto fiscale superiore alla spesa sostenuta per rifacimento delle facciate, efficientamento energetico e adeguamenti sismici degli edifici, che ha diviso e non poco la maggioranza di governo visto che il Partito democratico voleva limitarlo ai soli condomini e a chi ha un Isee entro 25 mila euro, mentre Lega e Forza Italia lo volevano senza limiti) e revisione del catasto, porti a un incremento di valore degli immobili su cui far scattare nuove imposte, che si scaricheranno fatalmente sui proprietari. Così che lo Stato possa recuperare ciò che ha concesso con le ristrutturazioni.
Il comparto edilizia-lavori in ogni caso si è infilato in un tunnel che appare senza uscita: quello della rincorsa dei prezzi. Rischiano di saltare il superbonus al 110 per cento usato dal governo giallorosso per dimostrare che l’economia tiene (ma probabilmente il Pd e Giuseppe Conte hanno sbagliato le loro previsioni), e soprattutto il mitizzato Pnrr. A queste condizioni alle imprese non conviene accettare i lavori pubblici.
Largamente inascoltato è stato l’avviso dato da Gabriele Buia, presidente dell’Ance, associazione delle imprese di costruzione, che fin dal 22 luglio scorso ha mobilitato i suoi con una serrata simbolica dei cantieri. Il governo ci ha messo una toppa che appare peggiore del buco. Con il «decreto Sostegni» ha consentito di adeguare i prezzi per i cantieri aperti al 30 giugno scorso per mitigare aumenti superiori all’8 per cento dei materiali, e ha istituito un fondo di appena cento milioni di euro. Ovviamente questo riguarda solo le opere pubbliche perché i privati – che sono quelli che con le imposte alimentano la spesa pubblica – devono arrangiarsi. Le critiche sono durissime e le opere pubbliche sono in sofferenza. Così Gabriele Buia ai primi di dicembre ha ripreso carta e penna e ha scritto al governo, ai sindaci, alle Ferrovie, per sollecitare nuove misure possibilmente strutturali. Ma per ora nessuno ha accusato ricevuta.
Oltre all’Ance che denuncia apertamente il rischio di un blocco dei cantieri del Pnrr, ci sono altre associazioni di settore che protestano. Finco (Federazione industrie opere specialistiche per le costruzioni) e Assistal (Associazione nazionale costruttori di impianti e dei servizi di efficienza energetica) ce l’hanno con il ministro per le Infrastrutture Enrico Giovannini perché il decreto che cerca di affrontare il caro-prezzi è mal scritto e insufficiente. Sostiene la Finco: «Diventi stabile il meccanismo di adeguamento dei prezzi e sia previsto nel nuovo Codice appalti, inoltre si accorgano che in edilizia per il risparmio energetico e l’efficienza dei manufatti si usano nuovi materiali che nel decreto non ci sono». Ancora più dura è la critica di Assistal: «Ci domandiamo in quale mondo vivano» scrive in una nota il presidente Angelo Carlini. «A loro parere, l’universo dei materiali interessati dagli aumenti è rappresentato solo da 56 voci. Come se non bastasse, gli aumenti registrati non rispecchiano quelli reali del 40, 50 e 60 per cento che le nostre imprese stanno subendo da moltissimi mesi».
In effetti l’universo dei rincari è fosco e il ministro Enrico Giovannini avrebbe fatto il furbo nascondendo quelli reali. Secondo Federlegno per esempio «è inconcepibile che il legno sia stato escluso dall’elenco dei rincari. Si parla tanto di “green” e l’unico materiale veramente naturale non viene preso in considerazione». Il legno da carpenteria è passato da 125 a 280 euro al metro cubo, il legno da costruzione è aumentato del 250 per cento. Se il Governo lo certifica saltano tutti i capitolati di appalto. La situazione è critica su ogni fronte. Assistal giudica «irricevibili le affermazioni del Ministro Giovannini laddove dichiara di aver riconosciuto variazioni fino al 76 per cento. Per loro le tubazioni sono rincarate del 23 ma noi le paghiamo il 73 per cento in più. Stesso discorso per la tubazione in polietilene, 20 contro 47, fili di rame conduttori, 32 contro 55, e tubi di rame per impianti idrosanitari, 16 contro 55. Per non parlare dei fondamentali tondini per il cemento armato aumentati del 43 per cento. A oggi le imprese non riescono a sostenere i contratti già conclusi e non partecipano alle nuove gare, di conseguenza non potrà esserci nessuna ripresa e nessuna attuazione del Pnrr».
Che la situazione sia assai critica se n’è accorta pure l’Europa, che già l’anno scorso mise in guardia – senza poi fare nulla – sull’aumento di prezzi dei materiali edili. A ciò si somma la mancanza di manodopera. L’Ance stima servano almeno 200 mila addetti nei cantieri, sempre che i lavori non chiudano. Uno spaccato di questa realtà è la ricostruzione nelle zone terremotate del 2016 in Centro Italia. Vi è stata un’ordinanza che adegua del 6 e dell’11 per cento i contributi per la ricostruzione, ma i preziari regionali troppo bassi dissuadeno le imprese. Un esempio su tutti: una piccola azienda come quella di Roldano Tatarelli, che da anni lavora nel cosiddetto «cratere». Lamenta il titolare: «Paghiamo i materiali più di ciò che ci viene accreditato, manca la manodopera e c’è un ingolfamento insostenibile con il superbonus».
La Confartigianato nazionale in un suo studio ha magnificato l’effetto di trascinamento dell’edilizia: in 8 mesi quest’anno l’Italia è prima in Europa per dinamica d’investimenti con un più 24,1 per cento. Fino a novembre gli investimenti generati dal superbonus sono stati pari a 11,9 miliardi (un costo enorme per lo Stato) con una forte incidenza nell’economia del Mezzogiorno; l’efficientamento energetico degli edifici con 13,8 miliardi è il terzo ambito d’intervento del Pnrr. La tanto decantata ripresa italiana poggia tutta sul mattone che con un +10,7 per cento del valore aggiunto è la sola voce in vera crescita. Ma questo treno rischia di bloccarsi.
A Mario Draghi peraltro, come accennato il superbonus non sta troppo simpatico. Il presidente del Consiglio ha commentato: «C’erano buoni motivi, a parte l’aspetto di finanza pubblica, per la riluttanza del governo ad estendere ulteriormente il superbonus. Indubbiamente ha dato molto beneficio, ma ha anche creato distorsioni, come un aumento straordinario dei prezzi dei componenti necessari alle ristrutturazioni e all’efficientamento energetico. Oggi un’unità di efficientamento costa molto più di prima, le emissioni vanno giù ma non così tanto per assorbire aumento di prezzo. È la logica del 110 per cento che non rende più rilevante la contrattazione di un prezzo importante». Secondo il premier il superbonus «ha incentivato moltissime frodi, l’Agenzia delle entrate ha bloccato 4 miliardi di crediti che erano stati dati come cedibili».
Il governo ha deciso di estendere il superbonus per le unità unifamiliari solo a chi ha completato almeno il 30 per cento dei lavori entro il 30 giugno. È difficilissimo che le imprese accettino di aprire i cantieri con simili costi. Un tema che l’Ance ha affrontato trasversalmente commentando le direttive europee sugli edifici a emissioni zero. Avvertono i costruttori: «Resta da valutare la fattibilità di un numero molto elevato di interventi da realizzare in un periodo limitato di tempo, il 2030. Su 12,2 milioni di edifici, oltre 9 milioni non garantiscono i limiti energetici». C’è un mercato potenzialmente immenso, Pnrr, superbonus, ricostruzione, ma è ingolfato dai prezzi fuori controllo. Così più che una ripresa è un caos.