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I colossi tech all’assalto della salute

I colossi tech
all’assalto della salute

Microsoft, Google, Apple, Amazon oggi investono miliardi, grazie a intelligenza artificiale e algoritmi, nelle biotecnologie. Per scoprire nuovi farmaci, sconfiggere malattie e promettere l’eterna giovinezza a una popolazione sempre più anziana.


Il business del futuro? Sanità e benessere. Per tanti motivi: pandemie assortite, popolazione mondiale sempre più anziana con un aumento di malattie croniche da seguire e curare nel tempo, e il sogno mai spento, anzi più acceso che mai, dell’eterna giovinezza.

La «pentola dell’oro» è dunque l’offerta di salute, almeno nei Paesi occidentali, dove la richiesta di prestazioni mediche è alta. Negli Stati Uniti, per esempio, secondo il Center for Medicare and Medicaid Services, la spesa sanitaria ha raggiunto i 3,3 trilioni di dollari e si prevede aumenterà del 5,5 per cento annuo fino al 2026. Mentre in Europa raggiunge (in media) l’8,3 per cento del Pil. Un mercato irresistibile per colossi come Google, Amazon, Apple e Microsoft, che ora guidano l’innovazione sanitaria. Ognuna delle quattro big-tech sta cercando di emergere come leader nel settore medico avanzato, sfruttando i propri punti di forza. Come scrive la rivista americana HealthcareWeekly.com: «Google nei dati, Apple nei dispositivi consumer, Amazon come gigante della vendita al dettaglio online e Microsoft come leader affidabile nell’IT sanitario». Con il 7 per cento delle ricerche su internet (ovvero 70 mila al minuto) relative alla salute, era solo questione di tempo prima che Google si muovesse in grande stile. A gennaio 2021, per 2,1 miliardi di dollari ha acquistato Fitbit, società leader nei dispositivi elettronici indossabili per il benessere e lo sport. E poche settimane fa, grazie alla consociata Deep mind – società inglese specializzata nell’intelligenza artificiale – ha costituito in Gran Bretagna la Isomorphic lab, che usa calcoli computazionali per la scoperta di nuovi farmaci.

In un post sul blog aziendale, il ceo di Deep Mind Demis Hassabis ha descritto Isomorphic Labs come un’impresa per «reimmaginare da zero l’intero processo di scoperta di molecole. Riteniamo che l’uso di metodi computazionali e di intelligenza artificiale porti il lavoro degli scienziati a un livello superiore». «L’A.I. in medicina costruisce modelli che possono aiutare a trovare soluzioni per diagnostica, prognostica e nuovi farmaci» conferma Federico Cabitza, ricercatore del Dipartimento di Informatica, Sistemistica e Comunicazione all’Università Bicocca di Milano. «Google, Amazon e Microsoft hanno portato avanti la ricerca grazie alle loro enormi disponibilità sia di dati che finanziarie. Negli ultimi 10 anni il numero di dispositivi basati su intelligenza artificiale con certificazione Fda o Ce è cresciuto di più di 5 volte, solo nel 2018 erano oltre 100. Ma va precisato che le nuove tecnologie sono strumenti sofisticati nelle mani degli esperti, che devono poi mettere in pratica le analisi effettuate dalle macchine».

La difficoltà maggiore è che la relazione tra biologia e sintomi reali nei pazienti è complicata. Se un farmaco prende di mira meccanismi legati, per esempio, alle articolazioni infiammate, non è automatico che il trattamento scelto riduca davvero i sintomi dell’artrite. «Si è tentati di semplificare e dire: se l’A.I. è in grado di guidare un’auto, potrà anche risolvere problemi in aree come la medicina» afferma Austin Huang, direttore associato e responsabile della Scienza dei dati biomedici nel gruppo Pfizer’s Genome Sciences and Technologies. «Per riuscirci, però, dobbiamo capire le condizioni che hanno permesso di arrivare a una scoperta scientifica: la giusta combinazione di dati e metodologia».

Una sfida non semplice, nella quale si è buttata anche Alphabet (la holding che controlla Google), che sta investendo soldi e risorse nell’intelligenza artificiale in medicina, così come Microsoft, che ad aprile ha annunciato l’acquisizione della società di tecnologia vocale Nuance per 16 miliardi di dollari; il software di Nuance ascolta e trascrive conversazioni medico-paziente in note organizzate. Ciò che distingue la sua soluzione dagli altri assistenti vocali è la capacità di decifrare la complessità dei dialoghi clinici. «Il settore sanitario è maturo per la trasformazione digitale. E l’acquisizione di Nuance fa avanzare Microsoft in questo sforzo» ha dichiarato Greg Pessin, analista senior di Gartner, società di consulenza e ricerca nel campo delle tecnologie dell’informazione. Non a caso Microsoft ha depositato, dal 2013 a oggi, oltre 80 brevetti sanitari per A.I. e telemedicina.

Nell’ambito, complesso, della scoperta di molecole innovative, la startup canadese Insilico, insieme all’Università di Toronto, grazie a un programma basato su algoritmi è riuscita a progettare un nuovo farmaco in 46 giorni per la fibrosi cistica, invece degli otto anni necessari in media a ricercatori umani. Grandi speranze vengono anche dall’A.I. applicata alle misure di contenimento e di diagnosi del Covid- 19. Il National health service del Regno Unito si basa su algoritmi per diagnosticare rapidamente se un soggetto è infetto o meno dal Sars-CoV-2. La Nhsx, l’unità del servizio sanitario nazionale britannico che si occupa dell’innovazione e trasformazione digitale nelle terapie, ha messo a punto il National Covid-19 chest imaging database, un archivio digitale costituito dai dati raccolti da circa 40 mila Tac, risonanze magnetiche e raggi X effettuati su oltre 10 mila pazienti. A Cambridge, l’ospedale di Addenbrooke lo ha utilizzato per identificare precocemente i segni della malattia.

«È anche grazie all’intelligenza artificiale che la scienza ha potuto velocizzare la messa a punto dei nuovi vaccini contro il Covid-19» dice Matteo Matteucci del Politecnico di Milano, uno dei massimi esperti italiani di intelligenza artificiale. L’Italia in questa gara tecno-scientifica non resta indietro, o almeno non molto: Deep trace, spin off dell’Università di Pavia, ha creato una «learning machine» per la diagnosi precoce della demenza senile. «Viene già utilizzata per il morbo di Alzheimer al Centro diagnostico di Milano, ma stiamo anche lavorando a progetti sulla diagnosi del cancro al seno e alla prostata: neoplasie che potrebbero essere diagnosticati anche a pazienti sottoposti ad altri esami non specifici per il tumore, grazie a pattern costruiti analizzando migliaia di casi clinici passati» spiega il ceo dell’azienda Cristian Salvatore.

La vera grande sfida nel prossimo decennio sarà ritardare la morte umana, un mercato che dovrebbe valere almeno 600 miliardi di dollari entro il 2025, secondo una delle principali banche d’investimento di Wall Street. Gli analisti della Bank of America e Merrill Lynch, Felix Tran e Haim Israel, ritengono che i sequenziatori del genoma come Illumina, e le aziende biotech Alphabet e Novartis siano sul punto di «portare aumenti senza precedenti alla qualità e alla durata della vita umana».

Jeff Bezos, l’uomo più ricco del mondo, qualche mese fa ha investito 80 milioni di dollari negli Altos Labs, che studiano come rallentare i processi d’invecchiamento cellulare o persino invertirne il corso. Secondo la Mit Tech Review, la start-up avrebbe già raccolto 227 milioni di dollari. Zuckerberg e la moglie Priscilla Chan, insieme a Brin e alla sua ex moglie Anne Wojcicki, sono invece i fondatori del Breakthrough Prize, che assegna 3 milioni di dollari agli scienziati che scoprono nuovi modi per prolungare la vita.

Il direttore del reparto ricerca e sviluppo di Google, Ray Kurzweil, ritiene che siamo a poco più di un decennio dal compiere passi importanti che ci renderanno davvero longevi: «Credo che arriveremo un punto, intorno al 2029, in cui le tecnologie mediche aggiungeranno un anno in più, ogni anno, alla nostra aspettativa di vita residua».

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