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(Ansa)
Tecnologia

Smartphone a scuola; i nostri giovani vittime del device

Fa discutere la circolare del Ministro Valditara che ribadisce il no all'uso dei cellulari in classe

Danni fisici come miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici e addirittura diabete. Ma soprattutto danni psicologi e “sociali”: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione e, cosa ancor più inquietante, riduzione delle facoltà intellettive e “intelligenti” come concentrazione, memoria, dialettica.

Sembrerebbero le conseguenze dell’uso di droghe “pesanti” come la cocaina ma in realtà sono gli effetti dell’impatto dell’abuso degli strumenti digitali sugli studenti, con particolare riferimenti, appunto, ai processi di apprendimento. Dettagli inquietanti già emersi da un’indagine conoscitiva condotta dal Senato della Repubblica nel 2021 e che dunque giustificano la decisione odierna del Ministro dell’Istruzione del Merito Giuseppe Valditara nel confermare lo stop all’uso dei cellulari in classe.

L’abuso di dispositivi digitali - quindi non solo smartphone ma anche pc, tablet, videogame, ecc. - ha secondo la maggior parte di neurologi, psichiatri, psicologi, pedagogisti e perfino grafologi e Forze dell’Ordine, delle conseguenze devastanti sul benessere e l’apprendimento dei nostri figli. Un quadro oggettivamente allarmante, destinato a peggiorare, come confermano dati e statistiche.

I nostri giovani, infatti, passano dalle 4 alle 6 ore al giorno letteralmente “incollati” al cellulare, che si trasforma così da strumento - positivo e dalle grandi potenzialità - a vera e propria appendice del corpo, con conseguenze negative ed estremamente impattanti. Una sorta di protesi da cui però dipendono l'autostima e l'identità dei giovani e che, quando se ne abusa, porta ad un’accelerazione dei disagi. Pensiamo infatti a ragazzi e ragazze che non si vedono “belli” e con corpi perfetti, tentando di raggiungere modelli ideali. Oppure, al contrario, si pensi a come l’iperdigitalizzazione porti ad una ipersessualizzazione dei propri corpi, dunque anche con pornografia, adescamenti, revenge porn e così via.

Scoraggiare l’abuso di smartphone e strumenti digitali in classe, quindi, non ha solo motivazioni didattica e di rispetto verso gli insegnanti, ma anche e soprattutto serve per instradare i nostri figli, i nostri nipoti, su una cultura delle relazioni interpersonali vere ed autentiche e del porsi dei limiti in ciò che si e ciò che si usa.

Anche da questi punti di vista ci vengono in “aiuto” - per quanto altrettanto drammatici e tragici - gli esempi e le storie di altri Paesi che hanno già sperimentato (o lo stanno facendo) la piaga di una digitalizzazione incontrollata dei corpi e delle menti dei giovani. In Corea del Sud, per esempio, il 30% dei giovani tra 10 e 19 anni è classificato come «troppo dipendenti» dal proprio telefonino e per questo sono addirittura nati ben sedici centri medici specializzati per curare le cosiddette patologie da web. In Cina, invece, i giovani «malati» sono 24 milioni e il primo centro di riabilitazione risale addirittura a ben 15 anni fa. Rimanendo sempre in oriente, che è stato per primo “all’avanguardia” nelle nuove tecnologie, in Giappone sono aumentati a dismisura - fino a 1 milione - i cosiddetti “hikikomori”, termine autoctono per definire i giovani tra i 12 e i 25 anni che si isolano completamente dalla società, tanto da stare chiusi nelle loro camere anche per anni senza mai uscire neanche per un istante. In questo caso, contrariamente a quanto si pensi, la dipendenza di internet non è tanto una causa ma soprattutto una possibile e ancor più drammatica conseguenza.

Forse - e grazie a Dio - per ora l’Italia è abbastanza distante da questi fenomeni così critici, ma di sicuro non possiamo dirci poi così lontani. La pandemia in particolare, infatti, ha accelerato determinati processi, anche in materia di contatti - tramite la tecnologia - con contenuti per adulti o aberranti per i minori. Dati anche questi drammatici se si pensa che, soltanto nel primo anno del Covid-19, più di un bambino su quattro tra gli 11 e i 16 anni, con un profilo sui social, ha sperimentato qualcosa di sconvolgente. Di questi, inoltre, solo uno su cinque ne ha parlato con qualcuno.

Cellulari e smartphone, dunque, rappresentano palesemente una grande opportunità per la crescita e il futuro dei nostri bambini e ragazzi, ma allo stesso tempo e in modo altrettanto chiaro e palese, sono delle armi devastanti. Sensibilizzare al loro uso e vietarlo in classe se non per usi didattici e quando previsto da insegnanti e professori è una strada di civiltà e, soprattutto, di salvezza per i giovani.

Jacopo Coghe

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