F35 aereo
(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Caccia F-35 agli arabi, c'è il via libera di Washington tra le proteste di Israele


Il Dipartimento di Stato degli Usa ha approvato la vendita di un pacchetto di velivoli e armi per un valore complessivo di 23,37 miliardi di dollari agli Emirati Arabi Uniti (Uae). La commessa prevederebbe la fornitura di cinquanta esemplari del caccia di quinta generazione Lockheed Martin F-35A Lightning II e di una ventina di droni MQ-9B. L'amministrazione Trump, seppure uscente, ha formalmente informato il Congresso degli Stati Uniti della sua intenzione di procedere alla vendita, almeno secondo quanto riportato il 9 novembre dal Washington Post. L'accordo con gli Emirati, che segue il processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e Abu Dhabi, ha tuttavia sollevato le critiche del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, preoccupato per la perdita del vantaggio militare del suo Paese in una regione ancora fortemente instabile, nella quale l'inserimento di cinquanta aeromobili dell'ultima generazione, di una ventina di droni Reaper e di migliaia di ordigni tra bombe e missili costituisce un ulteriore pericolo. La politica statunitense può però opporsi all'accordo di vendita, ma lo dovrà fare entro l'otto dicembre prossimo, termine ultimo per bloccare l'operazione secondo le regole americane. La preoccupazione di Israele è più che fondata: per quanto la versione degli F-35 che verrebbe venduta dovesse tenere conto di limitazioni alle dotazioni elettroniche in standard Nato, vero cuore di questo sistema d'arma, il vantaggio militare di Israele si ridurrebbe almeno del 20%, ma soprattutto esporrebbe l'F-35 agli stessi pericoli di essere conosciuto e studiato dai russi come era avvenuto in Turchia prima che Trump espellesse Erdogan dal programma.Il governo di Israele aveva messo il divieto di vendita di armi agli Emirati come precondizione per accettare il negoziato di normalizzazione, così l'opposizione al governo Netanyahu ha immediatamente accusato la maggioranza e gli Usa di aver portato avanti accordi segreti, fatto ovviamente prontamente negato dal ministro della Difesa di Gerusalemme Benny Gantz.Netanyahu aveva inizialmente espresso la sua opposizione alla vendita, ma il mese scorso ha ribaltato la sua posizione, rilasciando una dichiarazione in cui si affermava che Israele non si sarebbe opposto ai piani statunitensi di fornire "determinati sistemi d'arma" agli Emirati Arabi Uniti, ma senza specificare quali potessero essere. Alcuni giorni dopo questa dichiarazione la Casa Bianca informò informalmente il Congresso della proposta di vendita. Lunedì scorso (9 novembre), in una riunione della Commissione per gli affari esteri e la Difesa in seno al Knesset (il parlamento israeliano), convocata per discutere l'accordo sulle armi, il membro della commissione Nitzan Horowitz, leader del partito Meretz, ha accusato Netanyahu di sapere fin dall'inizio che l'F-35 sarebbe stato fornito agli Emirati Arabi Uniti. In effetti alcuni rapporti sull'intenzione degli Usa di vendere gli F-35 ad Abu Dhabi erano emersi nell'agosto scorso, dopo che gli Emirati Arabi Uniti avevano accettato di normalizzare i legami diplomatici e i collegamenti con Israele a seguito dei negoziati mediati da Washington. Inoltre, seppure funzionari statunitensi e israeliani abbiano affermato che la vendita di F-35 non era direttamente legata al processo di normalizzazione dei rapporti tra Israele e Abu Dhabi, i funzionari di Trump hanno riconosciuto che l'accordo con Israele ha posto gli Emirati Arabi Uniti in una posizione migliore e più affidabile per acquistare l'aereo, velivolo che solo Israele possiede tra le nazioni del Medio Oriente. Alla luce delle proposte di vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti, nell'arco di un mese Gantz si è recato a Washington due volte e il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Mark Esper, era stato in Israele per delineare il quadro generale nel quale gli Stati Uniti garantirebbero comunque il vantaggio militare di Israele sugli arabi. Un vero pasticcio diplomatico che rischia di finire nelle mani della nuova amministrazione, i cui uomini chiave ovviamente non saranno operativi prima della scadenza ultima per fermare la commessa. Anche se la costruzione dei cinquanta esemplari ha tempi lunghi e un ripensamento americano sarebbe auspicabile per i rapporti tra Usa e Israele.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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