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(Ansa)
Difesa e Aerospazio

Lo stato (molto buono) della nostra Aeronautica Militare

L'Aeronautica è pronta a ogni scenario. Il generale Goretti alla politica: siamo efficaci ma servono investimenti e ricerca, la minaccia è mutata ed è più vasta

Mercoledì 16 marzo il Capo di Stato maggiore dell'Aeronautica Militare, generale Luca Goretti, ha parlato alle commissioni Difesa congiunte descrivendo quale sia lo stato di prontezza dell'Arma Azzurra. Vero è che tra tutti i Corpi con le stellette, la sua è quella che per caratteristiche ha più interazioni con le forze straniere e quindi deve mantenere un grado di efficacia molto elevato anche in periodi di relativa “tranquillità” internazionale, non fosse altro che la sorveglianza del nostro spazio aereo deve essere garantita tutti i giorni dell'anno, come anche i trasporti sanitari d'emergenza e molte altre attività che, proprio a causa della pandemia, hanno visto la flotta militare sempre impegnata. Lo scorso anno durante le operazioni di polizia aerea nel nord Europa gli incontri ravvicinati tra i nostri piloti e quelli russi non sono mancati, e con lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina è quindi diventata attività di “prima linea” quella compiuta da qualche settimana in Romania, con la task force Air Black Storm rischierata presso l'aeroporto Mihail Kogălniceanu di Costanza (a regime saranno 340 militari) per contribuire a garantire l'integrità dello spazio aereo romeno rafforzando le attività della sua limitata aviazione. Una procedura consolidata ed effettuata da tutte le forze aeree Nato a rotazione, 365 giorni all’anno, allo scopo di assicurare l’integrità e la sicurezza dello spazio aereo di tutti i Paesi dell’Alleanza. Le missioni sono condotte sotto il comando e il controllo di uno dei due Combined Air Operations Centre (Caoc), ubicati a Uedem (Germania) per l’area nord e a Torrejon (Spagna) per l’area sud, sotto la supervisione del comando alleato (Aircom) di Ramstein, in Germania. Il lavoro dei piloti prevede che in caso di violazione dello spazio aereo decollino rapidamente su allarme (Scramble) velivoli intercettori per identificare la minaccia e agire secondo protocollo. Finora si è trattato di aeromobili i cui equipaggi avevano perso le comunicazioni con gli enti di controllo, oppure piloti che non si erano resi conto di aver sconfinato, ma senza intenzioni ostili. Ma se a penetrare fosse un aeroplano che volesse attaccare ci sarebbe poco da discutere e l'attacco per neutralizzare la minaccia sarebbe necessario. Fin qui routine operativa, anche se stante quanto accade nel cielo ucraino, l'attività di polizia aerea è stata rafforzata per decisione Nato a favore dei Paesi membri del confine orientale. Tali missioni rappresentano quindi la capacità degli alleati di condividere e ottimizzare l’impiego di mezzi, di personale e di professionalità riducendo i costi e massimizzando l’efficienza.

Goretti non ha mancato di ringraziare il Parlamento “per averci permesso di crescere tecnologicamente per poter affrontare operazioni complesse anche in contesto geostrategico estremamente variabile, incerto, instabile, talvolta critico come quello che stiamo vivendo in questi giorni per la guerra russo-ucraina.” Non a caso pochi giorni fa aveva sostenuto e autorizzato il raddoppio degli Eurofighter impegnati nelle operazioni Nato. Il numero uno dell'Aeronautica Militare ha quindi rassicurato sul livello di prontezza e capacità operativa che consente la massima efficacia. “Posso dire con orgoglio” ha spiegato Goretti “che oggi l'Aeronautica Militare italiana è riconosciuta da tutti i nostri amici e alleati come leader in Europa sia su temi legati al potere aerospaziale, sia sui nuovi domini nei quali operiamo.” Secondo lui abbiamo capacità esemplari come la componente della flotta formata da velivoli di quinta generazione (F-35), la capacità di proiezione rapida dall'aerospazio (Cnpra) e quella di Intelligence, sorveglianza e ricognizione. Ma ha anche fatto presente alla politica la necessità che a queste attività si affianchi una lungimirante pianificazione finanziaria di lungo termine, proprio perché i settori spazio e cyber sono estremamente tecnologici e richiedono profondità e certezza degli investimenti per la ricerca e lo sviluppo, strategie di acquisizione chiare, continuo e avanzato addestramento degli operatori.

Detto fatto, lo stesso giorno, all'esame del cosiddetto “decreto Ucraina”, le forze politiche hanno chiesto e ottenuto di portare la spesa per la Difesa al 2% del Pil, mantenendo una promessa facemmo agli americani nel 2014 (governo Renzi), quando al summit Nato in Galles questi fecero pesare al mondo che a pagare le spese dell'Alleanza erano in maggioranza loro. Il testo del provvedimento, votato positivamente da tutte le forze politiche tranne da “Alternativa c'è”, non prevede soltanto più armi, ma anche più ricerca e investimenti per l'intero settore Difesa.

A rendere oggi pronta l'Aeronautica Militare ha senza dubbio contribuito quanto fatto in Afghanistan (evacuazione di circa 5000 persone) e durante la prima fase della pandemia, ed ora le circa 700 persone impegnate nelle operazioni di razione rapida a supporto, soprattutto, di un'azione diplomatica che vorremmo efficace e credibile. Nel discorso tenuto dal generale Goretti questa frase è particolarmente significativa: “Con il rapido progresso tecnologico, anche la minaccia è evoluta, lambendo oggi gli strati più alti dell'atmosfera e le orbite basse attorno alla Terra. Tali fenomeni, non riscontrabili in altri domini (come il mare, ndr), rendono il nostro ambiente operativo, ovvero l'aerospazio, notevolmente più vasto e più complesso da gestire e da difendere, imponendo alla Forza Armata di intraprendere un fondamentale processo evolutivo: dobbiamo guardare anche oltre l'atmosfera per assicurare la difesa e la sicurezza del nostro Paese e non soltanto.” L'allusione è ovviamente alle armi ipersoniche e spaziali di Russia e Cina. Senza fare sconti alla memoria, Goretti ha anche ricordato alla politica che negli anni “l'Aeronautica è stata vittima della contrazione di risorse economiche, e forse pensando di vivere in un mondo di pace e serenità globali, ha visto ridurre drasticamente il numero dei velivoli in dotazione, complice anche l'erronea convinzione derivante dai successi militari della guerra del Golfo, che un maggiore livello tecnologico dei velivoli e degli armamenti possa da solo compensare sempre una minore quantità degli stessi.” Ha ragione: in vent'anni siamo passati da 842 a circa 500 velivoli dei quali meno di 300 con funzioni di combattimento avanzate, che considerando lo stato di approntamento e la manutenzione porta a quelli utilizzabili continuativamente agli attuali circa 100. In pratica un circolo vizioso che ha visto diverse forze aeree, tra le quali l'Usaf americana, ad avvicinarsi pericolosamente alle soglie di attenzione riguardo agli assetti disponibili.

Pericoloso, secondo Goretti, è il “dimensionamento della forza tarato su una postura statica difensiva tipicamente attendista” sulla quale dimensionare le dotazioni dell'Aeronautica di oggi, che non permette di generare effetti sostenuti nel tempo contro aversari ostili e diversificati. Non possiamo più permetterci questo svantaggio numerico, la storia di questi giorni ce lo ricorda ancora una volta con cruda evidenza.” E considerando gli impegni continuativi che oggi bisogna affrontare, dal fianco nord (Islanda) a quello est (Mar Baltico e Mar Nero), dal sud (dal Sahel al Golfo Persico), l'avvertimento dell'Aeronautica al Parlamento è chiaro: senza mezzi e senza ricerca e tecnologia si perde. Anche perché gli avversari stanno investendo risorse molto più ampie.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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